Una bara bianca, bianca come la purezza di Roberta che a soli 17 anni si è vista portare via la sua giovane vita, ricca di speranze e di sogni come tutti i suoi coetanei.
Oggi il funerale di Roberta Siragusa, la giovane caccamese barbaramente uccisa e gettata in un dirupo nei pressi del Monte San Calogero a Caccamo. Il feretro di Roberta è stato accolto fuori dalla parrocchia SS Annunziata con un numero indescrivibile di applausi e dalle campane che però hanno suonato in modo diverso, campane di vita e non di morte. La celebrazione è officiata dall’Arcivescovo di Palermo Mons. Corrado Lorefice e da Don Domenico Bartolone parroco e anche insegnante di Roberta e Pietro, quest’ultimo come sappiamo è attualmente l’unico indiziato per la morte della giovane e su di lui pendono due capi di imputazione gravi, omicidio e occultamento di cadavere anche se gli inquirenti non escludono la presenza di complici. “Siamo qui, sconvolti. Senza parole. Dinnanzi al corpo di Roberta. Corpo martoriato. Sacrificato. Vita che ci è stata rubata – così l’Arcivescovo durante l’omelia – Perché? Ancora una volta, risuona un grido: perché? Perché questo strazio indicibile inflitto ai cari genitori Iana e Filippo, al fratello Dario, ai familiari, agli amici, alla città intera? Una vita distrutta e rubata troppo presto, in modo oltremodo crudele. L’uomo – dice la Parola di Dio – ha due strade: quella della relazione e quella della violenza. E oggi vediamo come la violenza abbia distrutto la bellezza di Roberta, la bellezza delle sue relazioni, la bellezza che lei aveva il compito di far crescere nel mondo. Senza parole. In certi momenti – continua – si vorrebbe solo stare in silenzio e piangere sommessamente un dolore indicibile, inaudito. Un corpo che aveva il fuoco della vita e si apriva al fuoco dell’amore è davanti noi, sfigurato dalle fiamme della violenza. Se il cuore non arde di amore divampa il fuoco devastante della violenza”. Poi Lorifice ha voluto ricordare tutte quelle vittime dell’odio, della violenza, vittime che purtroppo quotidianamente sentiamo nelle cronache e poi il dolore per la perdita di Roberta perché: “Nel corpo di Roberta – continua l’Arcivescovo- piangiamo il destino dell’umanità quando essa sceglie la violenza, la morte. Non ci sono parole per consolare il vostro strazio, cari genitori. Siamo in silenzio con voi. E vi doniamo le nostre lacrime. L’intera famiglia umana oggi piange Roberta”. E da qui allora la richiesta alla conversione di chi ha ucciso la diciassettenne invocando la conversione di tutti quei portatori di violenza: “A Lui vengano oggi anche tutti quelli che fanno e hanno fatto violenza, perché alla sua luce comprenderanno l’enormità di quel che hanno fatto. Piangeranno lacrime amare e potranno essere purificati dal Sangue di Cristo”. E così al termine dell’omelia, l’Arcivescovo ha concluso con un messaggio di speranza: “Scegliamo il sogno di Cristo. Il sogno dell’amore. Lo dobbiamo a Roberta e a tutte le vittime dell’odio e della violenza, alle nuove generazioni. Contribuiamo insieme a costruire una città umana che, come ci ricorda papa Francesco, «rispetta la vita e offre speranze di vita […], che si prende cura del bambino, che soccorre come un fratello il povero e chi arriva in cerca di accoglienza perché non ha più nulla e chiede riparo. […] che ascolta e valorizza le persone malate e anziane, perché non siano ridotte a improduttivi oggetti di scarto. […] dove i giovani respirano l’aria pulita dell’onestà, amano la bellezza della cultura e di una vita semplice, non inquinata dagli infiniti bisogni del consumismo; dove sposarsi e avere figli sono una responsabilità e una gioia grande, non un problema dato dalla mancanza di un lavoro sufficientemente stabile. […] che promuove e tutela i diritti di ciascuno, senza dimenticare i doveri verso tutti»”. Presenti le autorità civili e militari, l’amministrazione comunale guidata dal sindaco il dott. Nicasio Di Cola e soprattutto tante persone che dopo l’uscita di Roberta dalla chiesa, faranno volare in aria tanti palloncini il tutto nel silenzio assordante che ormai da più di una settimana avvolge tristemente la città di Caccamo.
Giovanni Azzara