Caltavuturo, i caltavuturesi e San Giuseppe al tempo del Covid

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Ore 8.00. I “tammurinara” percuotono la pelle dei loro tamburi così forte da far sentire l’eco da Terravecchia a ogni singola strada del paese;

Ore 9.00. Terminata la prima messa, la banda comincia il solito giro mattutino che fa risvegliare i caltavuturesi e fa già assaporare l’aria di festa;
ore 12.00. Finisce la seconda messa al cui termine il parroco annuncia l’orario dell’ultima messa prima della processione. All’uscita dalla chiesa i “fratelli” di San Giuseppe consegnano ai fedeli i “panuzzi” benedetti di forme diverse. Questo è il momento in cui ogni caltavuturese sa che tornando a casa dovrà indossare qualcosa di casalingo per evitare di “profumare” di frittura gli abiti festivi perché sono in preparazione i famosi “virginiaddi” di San Giuseppe: pasta con finocchietto selvatico e mollica; riso con letticchie e fagioli; carciofi fritti, cardi fritti, broccoli fritti, arance e infine sua maesta: LA SFINCIA. Durante le tavolate dei virginiaddi è solito gridare “VIVA GESÙ, MARIA E GIUSEPPI” per tre volte, che rende la situazione magica.
Oggi sembrano tradizioni andate in disuso: strade deserte, un silenzio assordante, nessun rullo di tamburi, nessuna marcetta della banda, nessuna “tavulata di San Giseppi”, nessuna funzione religiosa, nessuna processione. È il secondo anno che Caltavuturo non può festeggiare il suo “secondo patrono” (insieme a San Calogero) a causa del COVID che adesso fa veramente paura: 73 persone positive al tampone molecolare, 11 al tampone rapido, 129 in isolamento domiciliare, 2 persone ricoverate per un totale di 215 persone colpite direttamente dal virus. Troppe persone per un comune di circa 4000 abitanti. Numeri che hanno costretto il presidente della Regione Nello Musumeci a dichiarare Caltavuturo zona rossa.
“Ce la faremo! Noi siamo Teste di Rocca!” così alcuni scrivono nelle proprie pagine Facebook, oppure “noi caltavuturesi siamo sempre stati solidali, ci aiuteremo a vicenda”. Ed è vero. Solidarietà e convivialità confermate anche oggi in un semplice gesto da parte di alcuni cittadini che hanno consegnato alle famiglie colpite dal virus il prodotto tipico della festa, la sfincia, per non perdere il senso della festa che per il secondo anno consecutivo è vissuta da un’altra prospettiva. Ciò, dunque, dimostra che i caltavuturesi erano, sono e saranno sempre Teste di Rocca e solidali, proprio come lo erano, lo sono e lo saranno durante i pranzi luculliani di San Giuseppe, pronti il prima possibile a unirsi al grido:
VIVA GESÙ, MARIA E GIUSEPPI!
VIVA GESÙ, MARIA E GIUSEPPI!
VIVA GESÙ, MARIA E GIUSEPPI!
Riccardo Rizzitello