Di fronte ad una crisi imprevedibile come la pandemia da coronavirus che il mondo attraversa, sembrerà un paradosso sostenere che il futuro delle città è ancorato e strettamente correlato al recupero della cultura dei popoli, e la cultura, insieme alla bellezza, salverà il mondo.
Dunque bisognerà riannodare il rapporto tra le comunità degli abitanti ed il contesto ambientale dentro cui vive l’uomo, al quale gli rimane ancora un minimo di consapevolezza per comprendere la propria storia e la propria identità per un’inversione di tendenza al disordine sociale e confusionale in cui versano da una parte gli Stati preposti al governo dei vari paesi e dall’altro alle conseguenze che subiscono le città per effetto di un crescente degrado delle medesime.
La cultura, infatti, rivela l’uomo all’uomo ed è generatrice di bene comune e di benessere. La cultura cagiona competitività al Paese e attrae investimenti, determina efficienza, sicurezza e vivibilità. Allo stesso tempo dobbiamo prendere atto della necessità di abbattere tutte le condizioni di conflittualità ideologiche che incrementano condizioni di invivibilità soprattutto nelle grandi metropoli e delle città.
Dobbiamo acquisire una maggiore consapevolezza per esigere dagli amministratori interventi mirati alla valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici, al sostentamento delle attività produttive dei singoli per la sopravvivenza, nella considerazioni che i beni culturali e la stragrande maggioranza delle attività produttive correlate all’artigianato e al ristoro, costituiscono la memoria, il valore identitario, per l’elevato potenziale sulla qualità della vita e del benessere delle persone.
La dignità del lavoro, la cultura, la bellezza, l’armonia e il decoro incidono tutte sensibilmente sul benessere della persona umana. La città dunque deve essere generatrice di bellezza, di armonia e decoro.
Per alcuni mesi, le città si presentarono deserte e senza vita, la pandemia ha generato una condizione prolungata di isolamento sociale, per evitare i contagi dal virus e allo stesso tempo ha registrato in modo preoccupante una condizione di povertà degli abitanti a causa della di chiusura di molte attività economiche con conseguenziale perdita di posti di lavoro diretto ed indotto.
Il coronavirus dunque ha svelato tutte le fragilità del mondo globalizzato, ha smascherato le false promesse della grande corsa dei cittadini al capitalismo. Le città esistono e continueranno a sussistere in quanto comunità di una umanità, che vive in armonia col tempo e nel tempo. Le sorti delle città del presente e del futuro dipendono dunque in modo sostanziale dall’umanità.
L’umanità salverà le città, la grande metropoli di Manhattan, precipiterebbe in pochi mesi se non ci fosse la presenza della comunità umana, considerato che la colossale città è stata costruita su una fitta reti di vie d’acqua naturali imprigionate sottoterra e convogliate attraverso un reticolo di tubature che necessitano di costante sorveglianza e di una continua manutenzione. I famosi ponti di acciaio di Brooklyn e di Bayonne, nonostante siano stati costruiti con materiali resistenti e gli ingegneri per prudenza abbiano maggiorato il dimensionamento delle sezioni delle corde di acciaio, dei bulloni, dei tiranti, in mancanza di una costante manutenzione essi crollerebbero nel giro di pochi anni. Le città sono luoghi di desideri e di ricordi. Ogni città si fa scrigno in cui si custodisce l’identità di una umanità sempre più bisognosa di salvare il proprio spazio civico, storico e culturale mediante processi di ricostruzione e di rigenerazione urbana, che ne consentono la sua stessa rinascita. Francois Burkhardt, architetto, storico e critico di rilevanza internazionale, pone in rilievo quanto la disciplina architettonica abbia smarrito la sua primaria funzione sociale per dare spazio prevalentemente ad una libertà compositiva per assolvere funzioni a sé stanti, autoreferenziali. E in questo periodo più che mai la mia speranza è che la città si materializzi concretamente a favore dell’umanità per convertire le sofferenze delle città, in città vivibili e a misura d’uomo.
Cesare Capitti