Sciara, cerimonia per il 66° anniversario dell’uccisione del sindacalista Salvatore Carnevale

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Si terrà oggi a Sciara la cerimonia organizzata dall’amministrazione comunale per ricordare il sindacalista Salvatore Carnevale, ucciso dalla mafia il 16 maggio 1955.

Il programma prevede alle ore 16,30 la deposizione di una corona di fiori presso la piazza intitolata al sindacalista. E gli interventi del sindaco di Sciara Roberto Baragona, del segretario della Cgil Palermo Mario Ridulfo, di Laura Di Martino, responsabile della Camera del Lavoro Zonale Termini Imerese e del responsabile dipartimento Legalità e memoria storica della Cgil Palermo Dino Paternostro.
L’assassinio di Turiddu Carnevale, che si batté per ilo rispetto dei diritti dei lavoratori,   avvenne  tre anni dopo quello di Filippo Intili, a Caccamo, sempre nel termitano.  Era il 16 maggio di 66 ani fa. Carnevale quella mattina si era alzato molto presto. Doveva raggiungere la cava di pietra dove lavorava e non avendo un mulo né una bicicletta  la strada la percorreva a piedi. Salutò la madre e si incamminò. Erano le cinque e mezza del mattino. Sulla trazzera che portava alla cava, in contrada Cozze Secche,  qualcuno lo chiamò per nome. Carnevale  si girò e dalle spighe alte, dove erano nascosti, uscirono fuori degli uomini armati di fucili. I primi due colpi lo ferirono al fianco destro. Altri quattro colpi lo raggiunsero uno alla testa e l’altro alla bocca.
“Bisogna mantenere viva la memoria e trasmettere soprattutto alle giovani generazioni le idee e i messaggi di Salvatore Carnevale, ancora attuali – dichiarano il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo e la segretaria della Camera del lavoro zonale di Termini Imerese Laura Di Martino – Le rivendicazioni e le mobilitazioni di allora contro la mafia, per l’applicazione della riforma agraria, delle 8 ore di lavoro, per  la sicurezza,  per la giustizia sociale,  si intrecciano con  le lotte necessarie ancora oggi contro la precarietà, il capolarato e le infiltrazioni mafiose. Il coraggio di Carnevale e della mamma Francesca Serio devono essere da stimolo per ribellarsi alle ingiustizie e  combattere uniti in un mondo del lavoro frammentato per affermare diritti, giustizia sociale e legalità, senza mai arrendersi alla rassegnazione. Perché come testimoniano coloro che hanno combattuto e creduto in queste lotte, le cose possono cambiare”.
“Carnevale – aggiunge Dino Paternostro, responsabile dipartimento Legalità e memoria della Cgil Palermo – è uno degli eroi di Sicilia, che si è battuto per dare dignità e diritti ai braccianti e agli operai, sfruttati selvaggiamente da un padronato che andava a braccetto con la mafia. La sua vita e la sua morte, raccontate da poeti, scrittori e registi cinematografici, hanno commosso tante generazioni di donne ed uomini in ogni parte d’Italia. Ancora oggi, nel suo nome e nel nome degli altri nostri caduti, ci battiamo per costruire lavoro buono e sviluppo nella legalità”.
Carnevale era nato a Galati Mamertino, in provincia di Messina, il 25 settembre 1925, da Giacomo Carnevale e Francesca Serio. A Sciara si era trasferito da bambino con la madre.  Carnevale aveva dato fastidio ai proprietari terrieri per il suo impegno sindacale e politico. Nel 1951, con un gruppo di contadini,  aveva fondato la sezione del Partito socialista italiano di Sciara e aveva organizzato la Camera del lavoro, battendosi  per l’applicazione della riforma agraria e la divisione dei prodotti della terra. Sull’onda dei primi risultati positivi, Carnevale a ottobre organizzò l’occupazione simbolica del feudo della principessa Notarbartolo, ma fu arrestato insieme a tre suoi compagni. Scarcerato dopo dieci giorni, rinviato a giudizio, dovette aspettare l’estate del 1954 per essere assolto. Da agosto del 1952, intanto, era stato costretto ad andar via da Sciara e si era  rifugiato  a Montevarchi, in provincia di Arezzo, per sfuggire alla feroce mafia di Caccamo che il 7 agosto di quell’anno aveva assassinato il sindacalista Filippo Intili.    
Tornò a Sciara due anni dopo e subito diede impulso a nuove lotte per chiedere l’assegnazione della terra ai contadini, occupando nuovamente il feudo Notarbartolo. Ancora una volta fu minacciato dai mafiosi, denunciato dalle autorità e condannato a due mesi di carcere con la sospensione condizionale della pena. Rimasto disoccupato, gli fu offerto un posto di lavoro nella cava Lambertini. Carnevale accettò e il 29 aprile 1955 iniziò il suo nuovo lavoro.  Ma anche qui continuò la sua attività sindacale, organizzando gli operai per rivendicare il diritto alle otto ore lavorative.  La sera del 10 maggio, un emissario della mafia gli disse: “Lascia stare tutto e avrai di che vivere senza lavorare. Non ti illudere, perché se insisti, finisci per riempire una fossa”. “Se ammazzano me, ammazzano Cristo”, rispose Carnevale. E il 12 maggio proclamò lo sciopero dei cavatori per il rispetto dell’orario di lavoro e il pagamento del salario. All’iniziativa aderirono trenta dei sessantadue operai: un successo. Pochi giorni dopo fu assassinato.