I conti sono presto fatti. Referendum del 2 giugno 1946: la Sicilia dette il suo contributo al sorpasso repubblicano sulla monarchia.
É noto che nella provincia di Trapani, gli elettori e le elettrici che scelsero la Repubblica furono 102.072 e che per la monarchia votarono in 90.974. Meno noto è che la Repubblica ottenne più voti anche in alcune zone particolarmente segnate dal conflitto sociale esploso all’indomani dello sbarco in Sicilia tra braccianti e Sindacato da un lato contro latifondisti, mafia e banditismo dall’altro. Basta soffermarsi rapidamente sull’andamento elettorale della provincia di Palermo, in quei comuni che furono epicentro della mattanza dei sindacalisti, per prenderne atto. A Montelepre, per esempio, patria della banda Giuliano, furono 1.661 i voti per la Repubblica; 948 per la Monarchia. A Corleone 4.600 schede furono contate per la Repubblica, 3.353 per la Monarchia. A Piana degli Albanesi il sorpasso repubblicano fu più consistente: 3.022 voti contro i 746 racimulati dai monarchici.
Il 2 giugno 1946 si votò anche per l’Assemblea Costituente. Gli italiani confermarono la fiducia alle forze politiche che avevano dato vita alla Resistenza e che insieme governavano il Paese. Ad esse dettero il mandato di scrivere la Costituzione. Anche in questo caso la Sicilia dette il suo contributo, con i lavoratori socialisti, comunisti e cattolici che confermando l’unità sindacale stipulata con il Patto di Roma del 1944, rafforzarono le forze politiche protagoniste della lotta di Liberazione. Se nella Montelepre di Giuliano la prima lista fu quella del Movimento Indipendentista Siciliano, con 1.694 voti, a Corleone furono i socialisti a piazzarsi per primi con 3.497 voti, seguiti dalla DC con 1.155 voti e dal PCI con 182 voti. Anche a Piana degli Albanesi i socialisti furono primi con 1.621 voti, seguiti dal Partito Comunista Italiano con 948 voti e dalla DC con 287 voti. Nella provincia di Trapani i socialisti contarono 35.382, i comunisti 17.550, la DC 41.260.
La tendenza a Sinistra lasciò il segno in tutta l’Isola e si espanse fino alla vittoria nelle prime elezioni regionali siciliane dell’aprile 1947. L’onda lunga del voto a Sinistra s’infranse l’anno dopo, nelle fatidiche elezioni del 18 aprile 1948. Nel frattempo l’offensiva armata contro i sindacalisti e l’assalto alle Camere del Lavoro era culminata nella strage di Portella della Ginestra dell’1 maggio 1947, che ratificò con il sangue dei lavoratori e delle lavoratrici la fine dell’esperienza dei Comitati di Liberazione Nazionale già indebolita dalla caduta del Governo Parri. Da qui le contraddizioni della Costituzione più bella ma più inapplicata della Storia e di una Repubblica che dopo la ricostruzione, il boom economico e l’attuazione della più moderna legislazione sociale, negli anni Settanta, alla fine di quello che lo storico Eric Hobsbawm aveva definito “trentennio glorioso”, deciderà di schierarsi sul fronte liberista nella guerra fredda economica fino allora combattuta tra i seguaci di Hayek e i discepoli di Keynes, contribuendo alla vittoria dei primi sugli altri. Si realizzava così quanto aveva dichiarato Alcide De Gasperi a un Consiglio dei Ministri dell’aprile 1947: “Vi è in Italia un quarto Partito, che può non avere molti elettori, ma che è capace di paralizzare e di rendere vano ogni nostro sforzo, organizzando il sabotaggio del prestito e la fuga di capitali, l’aumento dei prezzi o le campagne scandalistiche. L’esperienza mi ha convinto che non si governa oggi l’Italia senza attrarre nella nuova formazione di Governo, in una forma o nell’altra, i rappresentanti di questo quarto Partito, del partito di coloro che dispongono del denaro e della forza economica”. Il quarto Partito, oggi, proietta incontrastato la sua ombra e il suo dominio nella Repubblica nata settantacinque anni fa.
Michelangelo Ingrassia