Secondo la tradizione agiografica, anteriormente al 19 giugno XIa Indizione 1553, l’aromatario (spiziali) Cosmo d’Agra fece dipingere sulla parete esterna della sua casa-bottega,
sita nel quartiere delle Botteghelle, l’immagine di Nostra Signora della Consolazione da Costantino Boccaccio, pittore attivo a Termini Imerese in quel torno di tempo, sinora totalmente ignoto alla critica.
Il dipinto in oggetto, allo stato attuale delle ricerche costituisce un unicum, non essendo nota altra opera dell’artista. Le generalità di costui (un pittore detto Constantino Boccaccio) si ricavano dalla relazione (redatta nel 1608 dal termitano, di origine spagnola, sac. Francesco Nugnes e Zabatteri, scoperta e resa nota da Salvatore Mantia), dove leggesi che «è questa imagine depinta al muro, et il muro è di fango» [cfr. S. Mantia, Il reverendo don Francesco Nugnes e Zabatteri da Termini Imerese invia a Palermo il giorno 1/1/1608 al padre Ottavio Caietano (Gaetani) S. J. una dettagliata relazione intorno l’origine e il culto della Madonna della Consolazione alias de li miraculi di Termini Imerese, in G. Catanzaro, Storia di un Santuario 1553-2003. La chiesa della Madonna della Consolazione di Termini Imerese a 450 anni dalla fondazione, GASM, Termini Imerese 2003, pp. 109-111].
La relatione manoscritta del Nugnes (1608), divisa in 8 punti ed indirizzata all’agiografo gesuita padre Ottavio Gaetani (Siracusa, 22 aprile 1566 – Palermo, 8 marzo 1620, cfr. M. Scaduto, Gaetani Ottavio, in “Dictionnaire d’Histoire et Géographie Ecclesiastique”, vol. 19, Paris 1981, coll. 632-635), fa parte di un’ampia e corposa silloge che costituisce il manoscritto cartaceo della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana “Alberto Bombace” di Palermo (d’ora in poi BCRS), ai segni XI. G. 3, ff. 38-39r.
Il primo evento straordinario, per intercessione della Vergine, fu la guarigione del fanciullo di «dodici anni incirca», figlio di «una donna devota di questa imagine» certa «Domenica la rossa», che sin dalla nascita «havea le coscie [sic] / et le gambe quasi senza ossa» e non poteva, quindi, assolutamente reggersi in piedi, né tampoco deambulare. La madre, sorretta da una profonda fede nell’intercessione della Madonna, giornalmente era solita ungere gli arti inferiori del figlio con l’olio della lampada che lo speziale, Cosmo d’Agra, teneva accesa al cospetto della sacra immagine dipinta da Costantino Boccaccio. Una mattina, la donna, con immenso stupore assistette alla completa guarigione del figlio, che iniziò a camminare tranquillamente, tanto che la notizia del miracolo ebbe una enorme risonanza. Il culto di Nostra Signora della Consolazione, da quel momento, ebbe a Termini Imerese e nel circondario un grande sviluppo che portò poi alla nascita della primigenia struttura del santuario mariano omonimo, noto anche come Nostra Signora di li miraculi. Si trattava di una opera dal carattere provvisorio, costruita a forma di piccola capanna di tavole lignee (come una Capanella di tavole), probabilmente con tetto a spiovente, direttamente addossata alla parete esterna dell’ex spezieria del De Agra, a proteggere l’immagine. Nel 1591, si approntarono i lavori per costruire un’apposita cappella nell’erigenda chiesa e, pertanto, fu giocoforza «voltare questa sua / imagine, tiratasi co[n] laccio da marinari, alla presenza di tutto il populo [sic], si ruppe il laccio, essendosi alzata l’imagine / quasi una ca[n]na [c. 2,065 m], e casco [sic] con tutto l’artificio al proprio luogho, onde fù [sic] co[m]mune parere che si fosse tutta guastata p[er], esser / il muro di fango, pero [sic, però] resto [sic, restò] miracolosame[n]te come che era prima, senza macchiarsi punto alcuno».
Il sac. don Francesco Nugnes e Zabatteri appartenne ad una famiglia termitana di origine spagnola (Nuñes o Nuñez), per parte di padre, e ligure per parte di madre (Zavatteri). I Zavatteri ebbero notevoli interessi relativamente alla gestione del Caricatore (cfr. P. Bova, A. Contino, Vestigia di Francia a Termini Imerese nei secoli XV-XVIII, Domenica, 30 Dicembre 2018, su questa testata giornalistica on-line). Nugnes fu dottore in entrambi i diritti (utriusque juris doctor) ed in Sacra Teologia e, poco dopo aver redatto la relatione suddetta, il 4 febbraio VI Indizione 1608, fu eletto Maestro d’Umanità cioè insegnante di umane lettere (cfr. Atti dei Magnifici Giurati della Splendidissima e Fedele Città di Termini, d’ora in poi AMG, 1607-8 ms. Biblioteca Comunale Liciniana di Termini Imerese, d’ora in poi BLT, ai segni III 10 a 21, f. 64v). Nel 1613, essendo Vicario della città, fu nominato arciprete sostituto dal nuovo titolare dell’arcipresbiterato di Termini, il calabrese don Giulio Regna Inserra che solo formalmente aveva preso possesso della carica (cfr. Archivio di Stato di Palermo, sezione di Termini Imerese, d’ora in poi ASPT, notai defunti, notar Matteo de Michele, vol. 1501, bastardello, 1613-16, numerazione illeggibile, rogito del primo settembre 1613).
La relatione (1608) del sac. Francesco Nugnes, è la fonte agiografica più significativa, relativamente al nostro santuario mariano, e fu ampiamente utilizzata dal Gaetani nella stesura della scheda sul santuario termitano di Nostra Signora della Consolatione, corredata dalla relativa iconografia, inserita nel suo opuscolo dedicato ai santuari mariani dell’Isola, edito postumo e che verrà poi ripresa da altri importanti studiosi di mariologia [cfr. O. Gaetani (Cajetani) S. J., Opusculum, ubi Origines Illustrium Ædium SS. Deiparæ Mariæ in Sicilia, ad promovendum illius cultum, & pietatem explicantur, in Idem (P. Salerno, a cura di), Vitae Sanctorum Siculorum ex antiquis Graecis Latinisque Monumentis, & ut plurimum ex M.S.S. Codicibus nondum editis collectæ, aut scriptæ, digeste iuxta seriem annorum Christianæ Epochæ, & Animadversionibus illustratæ, 2 voll., II, Thermis Himeraeorum D. Virgo in pariete picta plurimis miraculis inclaruit. 1553, Apud Cirillos, MDCLVII, 300 pp., nello specifico, p. 295, in realtà 297; Idem (G. A. Confalonieri S. J., a cura di), Icones aliquot, et origines illusrium [sic] ædium Sanctissimæ Deiparae Mariae, quæ in Siciliæ insula coluntur. Opusculum posthumum R. P. Octavij Caietani Societatis Iesu. Accesserunt Meditationes de Vita eiusdem Deiparæ, 2 voll., I, de Isola, Panormi 1663, 98 pp., con 37 immagini mariane; relativamente a quella termitana, si veda la scheda a p. 69: Diva Virgo Thermarum, Himeræorum, preceduta dall’immagine n. 25 (ex 28) raffigurante Nostra Donna della Consolat[io]ne di Termini (reperibile on-line all’indirizzo della Bibliothèque Numérique de Lyon: https://numelyo.bm-lyon.fr/f_view/BML:BML_00GOO0100137001102185860/IMG00000123#), II, G. A. Confalonieri S. J., Vita Beatissimæ Virginis Mariae distincta capitibus ad meditandum, de Isola, Mediolani et Panormi MDCLXIV, 52 pp., con un indice delle immagini mariane (al n. 25: Nostra Donna della Consolatione di Termini, Diva Virgo Thermarum Himereorum fol. 69); T. Tamburino S. J., a cura di, Raguagli delli ritratti della Santissima Vergine Nostra Signora piu celebri, che si riveriscono in varie Chiese nell’Isola di Sicilia. Aggiuntavi una Breve Relatione dell’Origine, e Miracoli di quelli. Opera posthuma del R. P. Ottavio Caietano della Compagnia di Giesu [sic]. Trasportato nella lingua Volgare da un Devoto Servo della medesima Santissima Vergine. E cresciuta con pie meditationi sopra ciascun passo della Vita della medesima. In Palermo, per Andrea Colicchia, 1664, 160 pp.; G. Gumppenberg S. J., Atlas Marianus, quo sanctae Dei genitricis Mariae imaginum miraculosarum origines duodecim historiarum centuriis explicantur, Jæcklini, secunda editio, Monachii MDCLXXII, DCXIII. Imago Miraculosa. De Consolatione. Himæræ in Sicilia, pp. 698-699; D. S. Alberti S. J., Maraviglie di Dio in onore della sua SS. Madre riverita nelle sue celebri immagini in Sicilia, e nelle isole circonvicine, 2 voll., II, Amato, Palermo 1718, Nostra Signora della Consolazione. In Tèrmini, Capo XXXIX, pp. 367-374; M. C. Di Natale, “Cammini” mariani per i tesori di Sicilia. Parte II, in “OADI. Rivista dell’Osservatorio delle Arti Decorative in Italia”, n. 2, Dicembre 2010, Palermo University Press, Palermo 2010, pp. 13-39, in particolare p. 26 e figg. 24-25].
Sinora, sia dell’aromatario Cosimo o Cosma d’Agra, sia del pittore Costantino Boccaccio, a parte la relatione di Nugnes (1608), non è stato rintracciato alcun documento coevo che abbia il crisma dell’ufficialità, essendo tutti e due praticamente misconosciuti. Questa lacuna viene oggi colmata, grazie alle nostre capillari ricerche d’archivio, che hanno permesso di rintracciare e riportare alla luce, tra tante polverose carte manoscritte, una prima serie di documenti sincroni che, finalmente, permettono di avallare storicamente l’esistenza delle persone menzionate dalle fonti agiografiche, in primis la detta relatione.
In particolare, possiamo oggi inquadrare cronologicamente entrambe le figure del committente e dell’artista.
Nel primo volume dei registri di battesimo della Maggior Chiesa di Termini Imerese (1542-48), abbiamo rintracciato due testimonianze documentarie sincrone, relative a Cosmo d’Agra, alla sua discendenza ed alla sua attività di speziale, tra gli anni indizionali 1543-44 e 1544-45, quasi un decennio prima della data del primo miracolo.
Il primo documento lo abbiamo reperito controllando l’indice alfabetico (per nome e cognome) dei battezzati, dove alla lettera A, anno 1544, si legge: Ant[oni]no d’Agri [d’Agra]. Il 18 settembre IIa Indizione 1544, infatti, il sacerdote Caspano Crixiuni battezzò nella Maggior Chiesa di Termini, Antonino figlio di Mastro Cosimo di Agra (cosimo diagrj) alla presenza dei padrini: un personaggio titolato (Magnifico) di nome Francesco, del quale è omesso il cognome, ed il sacerdote (presti) Jacobu Lupu, nonché della madrina Domenica La Grigola (di Gregorio), una delle perpetue (cfr. Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, d’ora in poi, AME, Battesimi, vol. 1, 1542-48, f. 38v, documento n. 1).
Il titolo di Mastro dato a Cosimo d’Agra va inteso nel senso di magister speciarius, che spettava agli speziali, i quali generalmente avevano case solerate (raddoppiate da solaio) comprensive di speziaria ed abitazione. Gli speziali erano soliti acquistare anche dei giardini, non necessariamente attigui, indispensabili per avere a disposizione piante, erbe, fiori e frutti, materie prime per la bottega di aromatario con le sue le essenze salutari (cfr. D. Santoro, Profili di speziali siciliani tra XIV e XVI secolo, in “Mediterranea Ricerche storiche”, anno IV, Aprile 2007, pp. 63-76). Pertanto non stupisce la collocazione della speziaria di Cosimo d’Agra proprio nel quartiere delle Botteghelle, area che a quel tempo vedeva la presenza di diverse zone a verde. Queste ultime, erano denominate xilba o scirba o chirba (dall’arabo ḫirbah ‘rovina’, ‘edificio diruto’, che si riconnette ad ḥair ‘giardino recintato’) ed erano di proprietà di alcune casate nobiliari locali (La Gula, poi Cioffo; La Gunnella etc.), che li suddivisero in lotti edificabili (cfr. A. Contino, Aqua Himerae. Idrografia antica ed attuale dell’area urbana e del territorio di Termini Imerese (Sicilia centro-settentrionale), Giambra, Terme Vigliatore 2019, pp. 44-46 e pp. 190-191). Queste aree urbane e suburbane a verde, spazi specializzati adibiti ad orti (horti), ma anche frutteti (pomaria), giardini (viridaria), erbai (herbaria), in gran parte non erano altro che il risultato della coalescenza sia di antichi spazi abitativi, sia di preesistenti zone verdi, appartenenti al borgo grande arabo-normanno, sito extra moenia. Questo borgo fu ripetutamente saccheggiato e distrutto durante le vicissitudini belliche tra Angioini ed Aragonesi, dopo la rivolta dei Vespri (1282), che videro Termini Imerese coinvolta in primo piano a causa della sua elevatissima valenza strategica, in quanto “granaio di Palermo”. Una volta distrutte le coperture ed i medianti (generalmente lignei o di canne), queste abitazioni si erano facilmente trasformate in spazi verdi, chiusi da murature perimetrali più o meno integre che, per tali caratteristiche si convertivano in horti conclusi, che usufruivano di un particolare microclima, capace di renderli dei veri e propri “giardini d’inverno”.
Reperire la seconda attestazione documentaria è stato un lavoro molto più lungo e faticoso, perché abbiamo dovuto controllare l’intero registro battesimale, con ben 124 fogli manoscritti (scritti su entrambe le facciate, recto e verso), ma che è stato ricompensato dalla scoperta della curiosa menzione di Cosimo d’Agra, solamente con il nome e la qualifica professionale: Mastro Cosimo lu spizialj, che evidentemente corrispondeva all’uso comune di indicarlo familiarmente, vox populi, proprio in questo modo. Lo speziale, infatti, appare citato nell’atto di battesimo, addì 4 gennaio IIIa Indizione 1545, di Paolo, schiavo del Magnifico Gaspare Lo Apostolo (quest’ultimo appartenente ad una nobile casata pisana, trapiantatasi da Palermo nella cittadina imerese). L’altro padrino del bambino (quest’ultimo evidentemente figlio di una schiava di Gaspare Lo Apostolo), era un certo Filippo di Marino, verosimilmente appartenente all’omonima famiglia genovese diramata a Termini Imerese. La madrina dell’infante era ancora la detta Domenica La Grigola (cfr. AME, Battesimi, vol. 1, 1542-48, f. 52r n. 4, documento n. 2).
La presenza del nostro speziale, proprio in un battesimo dove erano coinvolti esponenti di casate nobiliari di origine pisana e genovese, non è casuale perché medesima ascendenza non siciliana doveva avere anche Mastro Cosimo. I De Agra, infatti, risultano menzionati tra le famiglie nobili liguri nel pregevole stemmario manoscritto di Giovanni Andrea Musso (che annovera ben 2569 insegne araldiche, cfr. G. A. Musso, La università delle insegne ligustiche delineate da Gio. Andrea Musso, Genova, ms. cartaceo del 1680, Biblioteca Civica Berio di Genova, d’ora in poi BCB, ai segni m.r.C.f.2.22; A. Lercari, Le università delle insegne ligustiche di Giovanni Andrea Musso e l’araldica nell’antica Repubblica di Genova, Appendice, in: “La Berio” anno XLV luglio-dicembre 2005, Comune di Genova, p. 86).
Nella stessa biblioteca genovese si conserva il ms. del medico di Rapallo, Stefano Agostino Della Cella, nel quale parimenti è menzionata la detta casata ligure (cfr. S. A. Della Cella, Famiglie di Genova, antiche e moderne, esistenti e viventi, nobili e popolari delle quali si trova memoria negli Annalisti e Storici o notori scrittori genovesi, con le rispettive loro armi in parte, origine e denominazione e qualche uomini insigni e qualificati di quelle; aggiunte alcune altre famiglie dell’una e dell’altra Riviera che abbiano avuto con la città maggior relazione, ms. cartaceo, 1782, copia del XIX secolo, I-III, segnatura m.r. X. 2. 167-169, BCB, vol. I, p. 88).
Da notare che Agra è un comune della Lombardia in provincia di Varese a 37 km dal capoluogo, in pittoresca posizione tra le valli Dumentina e Veddasca, molto rinomato per la produzione del legname. Inoltre, nel Canton Ticino (Svizzera), una frazione del comune di Collina d’Oro (distretto di Lugano) si chiama Agra, ed era municipalità autonoma sino al 4 aprile 2004 (cfr. A. Gili, Agra, in: “Dizionario storico della Svizzera DSS”, versione dell’11.01.2017, online all’indirizzo: https://hls-dhs-dss.ch/it/articles/048673/2017-01-11/, consultato il 28.01.2021).
E’ noto che diverse famiglie originarie dalla Lombardia e dal Piemonte si trapiantarono a Genova e furono ascritte al patriziato anche per via di parentele acquisite in loco (cfr. A. Lercari, La nobiltà civica a Genova e in Liguria dal Comune consolare alla Repubblica aristocratica, in M. Zorzi, M. Fracanzani, I. Quadrio, Le aristocrazie cittadine. Evoluzione dei ceti dirigenti urbani nei secoli XV-XVIII, Atti del Convegno, Venezia, 20 ottobre 2007, La Musa Talìa, Venezia 2009, pp. 227-362, in particolare, p. 247).
A Genova, il culto di Nostra Signora della Consolazione ha una matrice francamente agostiniana. La chiesa di Nostra Signora della Consolazione e San Vincenzo martire, parrocchia agostiniana è sita in via XX Settembre (cfr. https://www.chiesaconsolazione.it). Nel 1473, una congregazione riformata all’interno dell’ordine agostiniano, sotto il titolo della Consolazione, detta poi di Genova, si insediò nella Superba sul Colle d’Artoria (a settentrione dell’odierno corso Monte Grappa), fondando una chiesa dedicata alla Vergine che, per la sua contiguità con le mura urbiche, fu poi abbattuta nel dicembre del 1681, nelle more dell’ampliamento delle fortificazioni. Tre anni dopo fu posta la prima pietra dell’attuale edificio di culto, con annesso convento, ubicato lungo la strada per Albaro.
La Madonna della Consolazione del termitano Costantino Boccaccio, esibisce il tema devozionale della Vergine col Bambino interpretato come Vergine della tenerezza, che accosta dolcemente il suo viso a quello del Pargolo Divino, riprendendo il tema, di origine orientale, della Eleúsa (dal greco bizantino Ἐλεούσα, “colei che mostra tenerezza”), che tende ad esaltare l’intimo e mutuo legame d’amore fra la Madre e il Figlio, nonché i misteri dell’Incarnazione (cfr. A. Grabar, Les images de la Vierge de Tendresse. Type iconographique et thème (à propos de deux icônes de Decani), “Zograf,” 6, Galerija fresaka, Beugradu 1975, pp. 25-30, reprint in Idem, L’art paléochrétien et l’art byzantin. Recueil d’études 1967-1977, IX, London 1979, pp. 1-19; M. Vassilaki, N. Tsironis, Representations of the Virgin and their Association with the Passion of Christ, in M. Vassilaki, ed., Mother of God. Representations of the Virgin in Byzantine Art, exhibition catalogue, The Benaki Museum, Skira, Athens and Milan, 2000, pp. 452-463, in particolare, 454-455). La Vergine indossa una tunica, e, al di sopra di essa, l’ampio mantello stellato, il maphórion, a simboleggiare la sua intatta purezza (cfr. S. Ambrogio, Exhortatio virginitatis, 4, 27), che oltre le spalle, copre anche il capo.
Queste rappresentazioni così interiorizzate, che effigiano la Vergine con un’espressione seria e pensosa, dai grandi occhi aperti, a sottolineare maggiormente il ruolo di interceditrice, appartengono ad un gruppo di immagini della Madonna con il Bambino che si connotano per un forte simbolismo relativo alla prefigurazione della passione di Cristo (cfr. C. Baltoyanni, Icons. The Mother of God in the Incarnation and the Passion, Adam Edition, Athens 1994, 382 pp., in particolare, pp. 17-21). La “poetica degli affetti” è, quindi, il tema principale nell’esegesi visiva che qui predilige Costantino Boccaccio e che fa da filo conduttore per dare senso alle scelte iconografiche e compositive operate dall’artista termitano, costituendo un valido punto di riflessione sui cardini basilari della fede.
Verso la fine degli anni 20’ del Seicento, al mutare dei tempi, il dipinto era già stato adornato da una corona argentea con pietre preziose, che, purtroppo, fu trafugata da ignoti ladri e, successivamente, non ci è noto di sapere come, fortunosamente recuperata. Tutto ciò risulta da un inedito atto del 5 dicembre XIIa Indizione 1628, da noi scoperto e reso noto qui per la prima volta, nel quale il sac. Francesco Marino, cappellano ecclesie sancte marie consola[tio]nis e il sac. Giambattista Vassallo cappellano ecclesie sancti laurentij, della città di Termini, nominarono loro procuratore Bartolomeo de dominico, assente, comparendum in M[agna] C[uria] Archiepiscopale Felicis Urbis Panormi per aver consegnata coronam illam argenteam cum lapillis […] in ea ingastatis q[uod] erat in capite gloriose imaginis dicte sancte marie consola[tio]nis, che era stata latronem subreptam (cfr. ASPT, fondo notai defunti, notar Matteo Comella di Termini Imerese, minute, vol. 13116, 1625-30, s. n.).
La relatione di Nugnes (1608) così descrive il dipinto di Costantino Boccaccio: «6° E’ vestita la Mado[n]na d’una veste rossa inforata [o inforrata, cioè foderata, siciliano infurràtu, a sua volta dal francese fourrer “foderare”, antico enfourrer, cfr. A. Hatzfeld, A. Darmesteter, M.A. Thomas, Dictionnaire général de la langue française du commencement du XVIIe siècle a nos jours, Delagrave, 2 tomes, Paris 1964, 2272 pp., I, 1140 pp., ad vocem] di sotto, e scollata da capo, la manta che dal capo gli scende per coprire tutta la persona è di color celeste nel di fuori stellata, nel di dentro è foderata di color di taffitano [forma antica di taffetà, dal fr. taffetas, a sua volta dal persiano tāftè, ‘tessuto’] verde. Il Christo trattenuto da lei nel braccio destro, acco[m]pagnandovi la man sinistra alle coscie [sic] è vestito d’una veste scollata, il cui colore è di rosso incarnatino [carnacino, roseo] con una rosa in mano destra avanti il petto».
La detta descrizione del dipinto riportata nella relatione del Nugnes (1608) non accenna affatto alla corona retta dagli angioletti che sovrastano le figure centrali della Vergine con il Bambino; parimenti l’incisione n. 25 della bottega romana dei Greuter, raffigurante Nostra Donna della Consolat[io]ne di Termini, voluta dal Gaetani, che aveva lo scopo di codificare l’iconografia ufficiale (senza peraltro ricercare una stretta aderenza alla tenera posa della Vergine e del Bambino, presente nel prototipo costituito dal dipinto di Costantino Boccaccio), esibisce soltanto la Vergine adornata da una corona, essendo assenti del tutti gli angioletti (contrariamente ad altre immagini mariane allegate in Icones aliquot, et origines…cit.). Quindi, è estremamente probabile che il dipinto originario di Costantino Boccaccio fosse privo di tali figure angeliche che quasi certamente furono aggiunte posteriormente al 1608 ed anteriormente al 1628, quando fu recuperata la corona rubata.
Confrontando la descrizione presente nella relatione e la detta incisione di Nostra Donna della Consolat[io]ne di Termini, dei Greuter, si riscontrano notevoli corrispondenze. L’incisione, infatti, esibisce sia la presenza della «rosa» nella mano destra del Bambino, in perfetto accordo con la relatione di Nugnes, evidente simbolo teologico della prefigurazione della Passione e Resurrezione di Cristo (cfr. L. Charbonneau-Lassay, Il Giardino del Cristo ferito. Il Vulnerario e il Florario del Cristo, edizione italiana a cura di P. L. Zoccatelli, con una introduzione di S. Salzani e P. L. Zoccatelli, Arkeios, Roma 1995, 280 pp., in particolare, pp. 240 e segg.; M. Levi D’Ancona, The Garden of the Renaissance. Botanical Symbolism in Italian Painting, Olschki, Firenze 1977, 608 pp.), sia la posa piena di tenerezza della Vergine che, con la sinistra, sostiene il piede destro del Figlio. Questi dettagli mancano del tutto nelle figure della Vergine e del Bambino attualmente visibili nel dipinto.
Il sospetto, giustamente espresso da Andrea Gaeta (cfr. A. Gaeta, Antologia termitana. La città sbancata (nzusu) e “bancata” (gnusu), “Gli Atomi”, 42, Pioda Imaging, Roma 2015, 132 pp., AT 73 DA 35, Il segno della rosa, 14 giugno 2013, p. 66), di una manomissione dell’iconografia del dipinto originale di Costantino Boccaccio, alla luce degli apporti documentari da noi rintracciati, a nostro avviso, acquista maggiore fondatezza. Tutto ciò, però, induce ad ipotizzare che l’intervento seicentesco non si limitò alla semplice aggiunta degli angioletti reggicorona, ma si dovette estendere anche alle due icone centrali, probabilmente lasciando intatti i volti, ma apportando pesanti modifiche ai due soggetti principali. Tale intervento potrebbe essere individuato, ad es., attraverso la tecnica della fluorescenza all’ultravioletto, capace di verificare la presenza e l’estensione delle parti non originali del tessuto pittorico e quindi accertare se qualcuno abbia modificato anche le figure della Vergine e del Bambino, abolendo la «rosa» nella «mano destra» ed altri dettagli presenti nel dipinto originario. Comunque sia, solo una approfondita indagine conoscitiva di ampio respiro, attraverso il sapiente utilizzo di tecniche non invasive sul dipinto (cfr. M. Faldi, C. Paolini, Tecniche fotografiche per la documentazione delle opere d’arte, Quaderni dell’Istituto per l’Arte e il Restauro, Firenze 1987; C. Paolini, M. Faldi, C. Paolini, M. Ciccolini, Eds., ARTIS Art and Restoration Techniques Interactive Studio, Ediz. Multilingue, Consorzio europeo Artis, Edizioni Palazzo Spinelli, 1999, Cd Rom), potrebbe svelarci la storia effettiva dell’opera d’arte. Le indagini dovrebbero altresì contribuire, anche con l’ausilio di tecniche micro-invasive, a chiarire definitivamente anche la tecnica utilizzata e le caratteristiche del substrato, viste le stridenti discrepanze tra le diverse fonti bibliografiche sia antiche che recenti [cfr. V. Solìto, Termini Himerese Città della Sicilia posta in teatro etc., Bisagni, Messina 1671, vol. II, p. 104: «dipinta a fresco l’Imagine miracolosa»; G. Liotta, Termini Imerese Città Mariana, Graphicadue, Palermo 1988, p. 35: «affresco su lavagna» (sic!); G. Catanzaro, Storia di un Santuario…cit. p. 38: «ad olio, su un supporto di calce mista a polvere di marmo»].
Occorre sottolineare che sino ad oggi non si dispone di nessun dato biografico, rintracciato e pubblicato, relativamente alla figura dell’ignoto artista termitano Costantino Boccaccio.
Le nostre recenti ricerche d’archivio hanno permesso finalmente colmare questa lacuna e di scoprire dei documenti, sinora inediti, su questo pittore, che permettono un primo inquadramento cronologico della vita dell’artista termitano del Cinquecento, anche se occorreranno ulteriori future ricerche per trarre dall’oblio la sua attività artistica.
Mastro Costantino Boccaccio (ms. boccazo), il 19 giugno VIIIa indizione 1565, esattamente dodici anni dopo il miracolo di Nostra Signora della Consolazione, a nostro avviso non casualmente, contrasse matrimonio, impartito dal sac. Pietro Maglietta, in casa Mazaro (cfr. AME, Sponsali in vol. 4 f. 3). Il rito nuziale, come era consuetudine per le persone di un certo riguardo, venne celebrato nell’abitazione della futura sposa, il cui cognome era Mazaro.
Il casato Mazaro o di Mazara/Mazzara è attestato a Termini Imerese negli anni 40’ del Cinquecento. Il 10 Ottobre Xa Indizione 1547, il sac. Basilio di Arena battezzò Caterina figlia di Bernardo di Mazara avendo come padrini Francesco Scotto e Giovanni Strata, entrambi di origine ligure, madrina Filippa L’Angelica (cfr. AME, Battesimi, vol. 1, 1542-48, f. 106v n. 3).
Il 24 febbraio IXa Indizione 1566 (AME, Battesimi in vol. 4, f. 10r. n. 7). il sacerdote don Pietro Maglietta battezzò il figlio di Costantino Buccacio e gli impose lo stesso nome del padre, Costantino, alla presenza del padrino Mariano Quaranta, guarda caso nonno dell’omonimo pittore seicentesco termitano.
Ritroviamo il pittore Costantino Boccaccio, citato con la qualifica di Mastro (Maestro), agli inizi degli anni 80’ del Cinquecento, quando stipula una transazione commerciale per un terreno in contrada Brucato.
Nel Libro I di Mazzi dell’eredità di Giuseppe Salamone del Monte di Pietà di Termini Imerese (cfr. AME, fondo Monte di Pietà di Termini Imerese, ms. sec. XVI, ff. 15r-18r), si legge che il 21 ottobre Xa Indizione 1581, Astolfo ed Eufemia Carni della città di Palermo, concedettero ad enfiteusi un terreno posto nel territorio di Termini in contrada Brucato, con il canone annuale di onze 10 e tarì 18, in perpetuo per sé e per i propri eredi, a Mastro Constantino Buccacio della città di Termini, da identificare certamente con il nostro pittore. Si trattava di un giardino alberato, con annesso rustico (casalino), canneto e terre incolte, confinante da un lato con il giardino di tal Lorenzo La Molina, già di Leonardo Lo Guzzardo, e dall’altro con quello di tal Vincenzo Spataro e con le terre di un certo Leonardo Pennica. Da notare che lungo il confine tra questi due terreni decorreva la condotta dell’acquedotto che da Brucato adduceva le acque sorgive sino a Termini. Il detto giardino, un tempo era stato dato in gabella dai detti coniugi Carni a tal Felice Gangemi che lo aveva ceduto in sottogabella a Giacomo Tiresi alias Justo, come da contratto stipulato agli atti di notar Bartolomeo De Michele di Termini Imerese.
Negli atti dei giurati dell’anno indizionale 1588-89, abbiamo rintracciato lo Scrutinio del giorno VIIJ xbris IIe Ind[itione]. 1588 che fu redatto «per lo m[agnifi].co const[anti].no boccatio m[ast].ro notaro di d[ett].a corte civile» (cfr. Atti dei Magnifici Giurati della Splendidissima e Fedele Città di Termini, d’ora in poi AMG, 1585-89, ms. Biblioteca Liciniana di Termini Imerese, d’ora in poi BLT, ai segni III 10 a 14), probabilmente il medesimo che si ritrova citato nel ruolo del Mastro Notaro del Civile nel 1606-7 e nel 1610-11 (AMG, 1606-7 e 1610-11). Allo stato attuale delle ricerche, in mancanza di ulteriori riscontri archivistici, non è possibile stabilire con certezza se si tratti del padre o del figlio omonimo.
Il sacerdote, poliedrico scrittore e scacchista Pietro Carrera (Militello in Val di Noto, 12 Luglio 1573 – Messina, 18 Settembre 1647), nel suo trattato sul gioco degli scacchi (nella dedica, datata 20 Gennaio 1617, si legge che fu iniziato due anni prima), preziosissima fonte di informazioni sui giocatori a lui contemporanei, rammenta Costantino Boccaccio in qualità di noto maestro di scacchi, ancora vivente, ma ormai vecchio (il Carrera di anni ne aveva 44): «Costantin Boccaccio Siciliano della Città di Termine, giocava del pari col Baron di Siculiana, & hoggidi è di molto nome, quantunque la vecchiezza l’habbia indebolito alquanto». Nell’indice dell’opera, il termitano è menzionato alla lettera C: «Costantino Boccaccio giocatore di Scacchi» (cfr. P. Carrera, Il gioco de gli Scacchi di D[on]. Pietro Carrera diviso in otto libri, ne’ quali s’insegnano i precetti, le uscite, e i patti posticci del gioco, e si discorre della vera origine di esso. Con due discorsi, l’uno del Padre D[on]. Gio. Battista Cherubino, l’altro del Dottor Mario Tortelli, Opera non meno utile a’ professori del gioco, che dilettevole à studiosi per la varietà della eruditione cavata dalle tenebre dell’antichità. All’Illustriss[imo]: & Eccel[lentissimo]: Sig[nore]: D[on]. Francesco Branciforte Principe di Pietrapertia, e Marchese di Militello. In Militello. Per Giouanni de’ Rossi da Trento. M.DC.XVI, 556+LXXXVI pp., in particolare, p. 100).
Nell’opera del Carrera risulta che, attorno al 1616-17, Costantino Boccaccio, abilissimo giocatore di scacchi, era «di molto nome», ma «alquanto indebolito» dalla vecchiaia. Ciò induce ad identificarlo con il pittore, già attivo ante 1553, e non con l’omonimo figlio di questi che, invece, a quel tempo, aveva 50-51 anni. Egli, per abilità di gioco era considerato alla stregua del noto scacchista e cavaliere palermitano don Blasco Desfar (o Isfar) e Corilles (1550-1615), barone di Siculiana e fondatore di Cattolica, oggi comune di Cattolica Eraclea, entrambi in provincia di Agrigento. Da notare che, secondo Carrera, il barone di Siculiana ebbe la ventura di giocare con i maggiori scacchisti europei (cfr. P. Carrera, Il gioco de gli Scacchi…cit., p. 99).
La riscoperta dello scacchista cinquecentesco siciliano, di grande talento, Costantino Boccaccio da Termine si deve ad Adriano Chicco (Genova, 16 febbraio 1907 – 30 agosto 1990), storico degli scacchi, autore di fondamentali opere sulla storia di questo gioco: Il libro completo degli scacchi (Mursia, 1959) e il Dizionario enciclopedico degli scacchi (Mursia, 1971), entrambi in collaborazione con Giorgio Porreca, e la Storia degli scacchi in Italia. Dalle origini ai giorni nostri (Marsilio, 1990) scritto con Antonio Rosino. Allievo del Chicco fu Alessandro Sanvito (Milano, 14 dicembre 1938 – Bresso, 19 ottobre 2020), anch’egli scacchista e scrittore italiano, che continuò l’opera di ricerca del suo maestro. In tempi più recenti, la storia degli scacchi e dei giocatori italiani e, nello specifico, siciliani, è stata oggetto di studio da parte degli scacchisti Carmelo Coco (Catania 19 Luglio 1953 – San Gregorio, Catania, 24 Marzo 2021) e Santo Daniele Spina, docente di materie letterarie.
La bibliografia su Costantino Boccaccio scacchista è corposa, ma sostanzialmente dipendente in tutto e per tutto dal Carrera, essendo stata puntualizzata dagli studiosi soltanto la corrispondenza di Termine con l’attuale comune di Termini Imerese (cfr. A. Chicco, Gli scacchi in Sicilia, in “Contromossa”, 1986, pp. 136, 157, in particolare, p. 136 nota n. 9; M. Faber, Das Schachspiel in Der Europaischen Malerei Und Graphik (1550-1700), Harrassowitz, Wiesbaden 1988, 268 pp., nello specifico p. 20; A. Sanvito, Gli astri minori del XVI e XVII secolo nel Meridione d’Italia, in “Scacco!”, n. 1, Gennaio 1989, pp. 31-35, in particolare, p. 32; S. D. Spina, Avvertenza. In me vis sortis nulla sed ingenium, in P. Carrera, Risposta di Valentino Vespaio contro l’Apologia di Alessandro Salvio, Boemi editore, Catania 1996 (impressio anastatica dell’edizione 1635), 16 pp., estratto, p. 7; Idem, Gli scacchi in Sicilia nel Seicento, in “Gazzettino di Giarre”, n. 26, 10 Luglio 1999, p. 8; Idem, Indice bio-bibliografico degli scacchisti attivi in Sicilia (1500-1959), in “Scacchi e Scienze Applicate”, fasc. 24, 2004, Venezia, maggio 2005, pp. 24-69, in particolare, p. 30 (Termine da identificare con Termini Imerese); Idem, Indice bio-bibliografico degli scacchisti attivi in Sicilia, Catania 2007, 136 pp., in particolare, p. 23; Idem, Scacchisti siciliani del Seicento, in “Mongibello”, n. 2, Dicembre 2009, p. 27; Idem, Gli scacchi in Sicilia dal Seicento all’Ottocento, in “Scacchitalia”, n. 16, giugno 2012, pp. 40-67, in particolare, p. 42; Idem, I giocatori di scacchi in Sicilia 1500-1978, Lulu Press Center, Railegh, North Carolina 2013, pp. 89-90; Idem, I giochi di vantaggio del libro quinto del trattato di Don Pietro Carrera, Lulu Press Center, Morrisville, 2018, 232 pp., in particolare, p. 25).
Concludendo, i risultati delle nostre indagini d’archivio, hanno finalmente permesso di ricostruire un primo corpus documentario che getta nuova luce sulla misconosciuta figura artistica di Costantino Boccaccio senior da Termini Imerese. Sinora, egli era noto esclusivamente per aver dipinto l’immagine della Madonna della Consolazione, evento che fu all’origine dell’omonimo santuario termitano. L’analisi dei dati archivistici da noi scoperti, in uno con quelli bibliografici disponibili, permette di stabilire che il nostro seppe assommare in sé il duplice ruolo sia di pittore, sia di abile e geniale scacchista, attività quest’ultima, che gli dovette dare molta notorietà, nonostante fosse già avanti con l’età, fama che era ancora intatta agli inizi del Seicento, come attesta il Carrera.
Infine, non dimentichiamo che gli scacchi in Sicilia hanno una lunghissima tradizione che risale almeno al tempo dei Normanni, come attestano le minuziose raffigurazioni nel soffitto ligneo, a muqarnas (nicchie sfaccettate e decorate), della Cappella Palatina di Palermo (consacrata nel 1140) che esibiscono anche due giocatori di corte con turbanti, intenti a disputare una partita con questo gioco (cfr., ad es., D. Gramit, I dipinti musicali della Cappella Palatina di Palermo, “Scrinium quaderni ed estratti di Schede Medievali”, 7, estratto da Schede Medievali n. 10, Gennaio-Giugno 1986, Officina di Studi Medievali, Palermo 1986, 56 pp., Appendice, nello specifico si veda a p. 53).
Patrizia Bova e Antonio Contino
Ringraziamenti: vogliamo esternare la nostra più sincera gratitudine, per l’essenziale supporto logistico nelle nostre ricerche e per la consueta disponibilità, rispettivamente, ai direttori ed al personale della sezione di Termini Imerese dell’Archivio di Stato di Palermo, della Biblioteca comunale Liciniana di Termini Imerese e della Biblioteca Centrale della Regione Siciliana. Un ringraziamento particolare va a don Francesco Anfuso e a don Antonio Todaro per averci permesso di effettuare basilari ricerche presso l’Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese. Ringraziamo di cuore, per la loro grande disponibilità, gli amici Salvatore Mantia, per gli utili suggerimenti relativi alle indagini archivistiche presso la Biblioteca Centrale della Regione Siciliana, e Giovanni Ferrero (Genova) per avere verificato per noi lo stemma della casata ligure dei De Agra, nel ms. cartaceo del 1680 “La università delle insegne ligustiche” di Giovanni Andrea Musso, della Biblioteca civica Berio di Genova.
Appendice documentaria
Documento n. 1
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, 1542-48, f. 38v n. 1.
Die 18 [Septembris IIe Inditionis 1544] / p[resti] caspano crixunj b[attiau] lu f[igliu] / di m[astr]o cosimo diagrj no[mine] / ant[oni]no li com[pari]: m[agni]f[ico] fr[an]c[esc]o [spazio bianco] et / p[re]stj jacobu lupu la com[mari]: [domenica] lagrigola [sic, La Grigola]
Documento n. 2
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, 1542-48, f. 52r n. 4.
Eode[m] [4 Januarij IIIe Inditionis 1545] / p[resti] caspano crixunj b[attiau] lu / scavu di m[agni]f[ico] caspano lu apostolu / no[mine] paulu li com[pari]: / ph[ilipp]u di marino et m[astr]o cosimo / lu spizialj la com[mari]: ut sup[ra] [Domenica La Grigola]
Documento n. 3
Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Sponsali in vol. 4 (Battesimi Maggior Chiesa), 1563-66, f. 3, numerazione nostra.
Die 19 [Junii VIIIe Indictionis 1565] p[re]sti p[etr]o malgletta [Maglietta] in casa mazaro ing[uaggiau] e spu[sau] a mastro costa[n]tino boccazo