Nella cittadina di Termini Imerese sussistono tracce della presenza della cospicua famiglia nobile dei de Vega, di origine iberica, tra Quattrocento e Settecento.
Questa antica casata era annoverata tra los ricoshombres, ‘uomini ricchi’, lemma che designò, particolarmente tra i secoli XII e XIV, i membri dell’alta nobiltà spagnola (cfr. J. B. Guardiola, Tratado de nobleza y de los títulos y Ditados que oy día tienen los varones claros y grandes de España, Gomez, Madrid M.D.XCV., 266 pp., in particolare, cap. XL, pp. 111v-114r, Universidad de Granada https://digibug.ugr.es/handle/10481/11276).
Un ramo di questa famiglia spagnola trapiantato a Termini Imerese, appare inserita al n. 108 della Mastra de’ Nobili, cioè l’elenco delle 110 famiglie appartenenti al cosiddetto “patriziato urbano”, cioè al multiforme ceto dirigente locale che si arrogava il diritto pressoché esclusivo di governo della cosa pubblica. La detta Mastra de’ Nobili, è riportata dallo storico termitano Vincenzo Solìto, nella sua opera in due tomi, Termini Himerese Città della Sicilia posta in teatro etc. (cfr. tomo II, Bisagni, Messina 1671, pp. 154-157). Da notare che otto famiglie ascritte al patriziato termitano, nella versione riportata dal Solìto della Mastra de’ Nobili, provenivano con certezza dalla Spagna: Andrada Castro, Baldiri, Moncada, Padilla, Sans, Talamanca, Vega, Villaruèl.
Un’altra casata originaria di Salamanca fu quella degli Osório, lignaggio spagnolo originario del regno di León (discendente da Osório Martínez, sec. XII) che esibiva il seguente stemma: in un campo d’oro, due lupi che passano l’uno sull’altro (cfr. J. De Salazar y Acha, Los Osório, un linaje de más de mil años al servicio de la corona, “Anales de la Real Academia Matritense de Heráldica y Genealogía”, IV, 1996-97, pp. 143-182; M. C. Torres Sevilla-Quiñones de León, Linajes nobiliarios de León y Castilla. Siglos IX-XIII. Salamanca, Junta de Castilla y León, Consejería de educación y cultura, Salamanca 1999, 574 pp.). A questa famiglia appartenne il praefectus Pietro (1522-1555) che si spense a Termini Imerese e fu sepolto nella chiesa di S. Vincenzo Ferrer dei padri predicatori di S. Domenico, in un raffinato monumento funerario marmoreo di scuola gaginiana, con la figura giacente sul coperchio ed adorno di bassorilievi recanti le insegne gentilizie della casata (cfr. G. Di Marzo, Delle belle arti in Sicilia dai Normanni sino alla fine del secolo XVI, Di Marzo-Lao, Palermo 1858-64, 4 voll., IV, Dal sorgere del secolo XV alla fine del XVI, 1864, 446 pp., in particolare, p. 154). Nel 1866, essendo poi la chiesa domenicana adibita ad usi profani, il monumento Osório fu traslato in quella vicina di S. Croce di Gerusalemme o del Monte, dove tuttora si ammira. Diego de Osório fu capitano d’arme a guerra della cittadina imerese nel 1570 (cfr. A. Mango di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia, Reber, Palermo 1912, 2 voll., II, p. 26).
Occorre puntualizzare che il cognome de Vega è di origine geomorfica poiché in spagnolo significa “pianura fertile” (*ibaica, cfr. basco ibai ‘fiume, valle fluviale’, cfr. J. Hubschmid, Sardische Studien. das mediterrane Substrat des Sardischen, seine Beziehungen zum Berberischen und Baskischen sowie zum eurafrikanischen und hispano-kaukasischen Substrat der romanischen Sprachen, Francke, Bern 1953, 138 pp., nello specifico, p. 49), termine che viene applicato soprattutto alla regione andalusa ubicata ad O ed a S di Granada, nel bacino idrico dell’alto Genil (principale affluente del Guadalquivir), detta appunto, per antonomasia, La Vega. Pertanto il cognome, può derivare da diversi ceppi tra loro del tutto indipendenti.
Il cronista seicentesco Pedro de Olivera y Vergara (cfr. P. de Olivera y Vergara, Memorial genealógico de la Casa de los señores Condes de Grajal, y de las casas en ella incorporadas, y de las que de ella han procedido. Por Don Pedro de Olivera y Vergara, criado antiguo de la casa. Por Orden y Mandato del Ilustríssimo señor Pedro Alvarez de Vega, Conde de Grajal, marqués de Montaos, mi señor. Madrid, Real Academia de la Historia, Colleccion Salazar y Castro, E-9, ff.. 161-209 v, s.d., s.l., s.a, ma Madrid 1676) menziona un Juan de Vega, ricohombre vissuto verso la fine del secolo XII, originario delle Asturie, che appoggiò a sue spese il re Ferdinando II di León (1137 – Benavente, 22 gennaio 1188) nelle sue gesta, ricevendo compensi feudali.
Lo storico siciliano Agostino Inveges (Sciacca, 1595 – Palermo, 1677) ricorda la casata: «VEGA. Fam[iglia]. Spagnuola in Leone, e Castiglia» la quale «S’arma con una torretta d’oro da farvi sentinella dentro, dagli Spagnuoli detta Vega in campo verde: si come io viddi in un MS. delle famiglie apparentade [sic] colla Moncada Siciliana del Duca di Montalto: ma l’Arma marmorea di Gio[vanni]. di Vega Viceré di Sicilia affissa sulla Porta de’ Greci di questa Citta [sic], e da lui fabricata l’ann[o].1556. Rappresenta tre Torri una sopra l’altra, la prima grande, la seconda minore, la terza minima; ogni torre ha una porta, & ogni porta stà [sic] in mezo à [sic] due spiragli da ricever luce» (cfr. A. Inveges, Annali della Felice Citta [sic] di Palermo, Prima Sedia, Corona del Re, e Capo del Regno di Sicilia, dell’ Isola, Palermo 3 voll. 1649-51, Palermo Nobile, parte III, M.DC.LI., p. 148).
Secondo l’araldista siciliano Antonino Mango di Casalgerardo (cfr. A. Mango di Casalgerardo, Nobiliario di Sicilia…cit., II, p. 237), la casata dei Vega, della quale curiosamente misconosce l’insegna gentilizia, sarebbe stata trapiantata in Sicilia da un Ferdinando, inviato da re Ferdinando I di Aragona (Medina del Campo, 2 novembre 1380 – Igualada, 2 aprile 1416) per prendere possesso del regno. Ferdinando de Vega (Ferrando Gutierres o Fernán Gutiérrez de Vega), giunto in Sicilia del 1412 come uno degli ambaxiatores per assumere il potere in nome del precitato nuovo monarca, nell’anno successivo ottenne la titolarità dell’ufficio di Maestro Portulano ed è documentato ancora nel 1417 (cfr. P. Corrao, Governare un Regno. Potere, società e istituzioni in Sicilia fra Trecento e Quattrocento, Nuovo Medioevo, vol. 39, Liguori, Napoli 1991, 612 pp., in particolare, p. 158).
Discendente dal detto ambaxator e Maestro Portulano, fu Juan de Vega, viceré di Sicilia. La casata spagnola alla quale appartenne Juan de Vega, sin dal 1413 ebbe la signoria di Grajal (oggi Grajal de Campos, comune spagnolo nella comunità autonoma di Castiglia e León, una fertilissima zona cerealicola donde la denominazione di “granaio di Spagna”), per concessione di Ferdinando I d’Aragona al precitato don Fernán Gutiérrez de Vega, figlio di Lope Fernández de Vega e di Marina Íñiguez (cfr. P. de Olivera y Vergara, Memorial genealogico…cit.; J. M. Luengo y Martines, Notas sobra la genealogía de los Condes de Grajal de Campos, de sus abusos feudales y de sus mansiones señorial, “Tierras de Leon”, n. 7, 1966, pp. 29-43; E. de Mogrobejo, Diccionario hispanoamericano de heráldica. onomástica y genealogia. Addicción al “Diccionario heráldico y genealógico de apellidos españoles y americanos”, por Alberto y Arturo García Carrafa, vol. VI. Vizcaya 1996, pp. 126-130; A. Franco Silva, Grajal de Campos. Un señorío leonés en la baja Edad Media, Servicio de Publicaciones de la Universidad de Cadiz, Cadiz 2001, 270 pp.). La casata dei signori di Grajal, esibiva come insegne araldiche un campo verde con un castello ed un ermellino reggente con le fauci un nastro argenteo con il motto latino Malo mori quam fœdari (la morte piuttosto che il disonore), ovvero in spagnolo Antes morir que mancharme (morire prima piuttosto che macchiarmi). Questa famiglia ebbe una cappella di patronato gentilizio nella chiesa del convento cistercense di San Pedro de la Espina a Valladolid [cfr. A. García Flores, J. C. Ruiz Souza, La capilla de los Vega en el monasterio de San Pedro de la Espina (Siglos XV-XVII) “Anuario del Departamento de Historia y Teoría del Arte” U.A.M., vol. XI, 1999, pp. 77-91].
Il 10 Settembre 1524, il nobile castigliano Juan de Vega Enríquez de Acuña (c. 1507 – Valladolid, 20 Dicembre 1558), figlio di Hernando o Fernando de Vega (5° Signore di Grajal, m. 1526) e di Blanca Enríquez de Acuña (Dueñas, ante 1486, cugina del re cattolico, figlia del secondo conte di Buendía, Lope Vázquez de Acuña e di Inés Enríquez, m. 26 Agosto 1558), sposò Eleonora Osorio Sarmiento (m. Palermo, 30 marzo 1550), figlia maggiore del terzo marchese di Astorga, Álvaro Pérez Osorio e di Isabella Sarmiento. Dalla coppia nacquero: Hernán o Hernando (m. Palermo, 1550, cfr. F. Maurolìco, Sicanicarum rerum compendium, Messanae, M.D.LX.II., XXIV+440 pp., p. 214r), Álvaro (per volere del padre chiamato Hernando dopo la morte del fratello maggiore, m. 2 Giugno 1562 a Madrid, sine haeredibus), Pedro Álvarez o Peralvez (1545-1566, Signore di Grajal, sposato con Jerónima Enríquez Álvarez de Toledo, m. 1594), Diego [altro figlio secondo A. García Flores, J. C. Ruiz Souza, La capilla de los Vega…cit., p. 82], Isabel (che nel 1552 sposò a Messina, don Pedro Luna e Salviati, conte di Caltabellotta, cfr. A. Marrone, Bivona città feudale, Salvatore Sciascia Editore, Caltanissetta-Roma, 1987, pp. 151 e segg.), Suero (m. 1585, Comendador de Santi-Spiritus nell’Ordine di Alcantara, che nel 1568 sposò Elvira Manrique de Córdoba figlia di Pedro Fernández Manrique e di Elvira Fernández de Córdoba y Enríquez, essendo stato annullato il precedente matrimonio con Anna de Córdoba, figlia di Pedro Fernandez de Córdoba e di Felipa Enriquez, cfr. L. de Salazar y Castro, Historia Genealógica de la Casa de Lara justificada con instrumentos, y escritores de inviolable fe, 3 voll., 1696-97, I, Imprenta Real, Madrid M.DC.XCVI., 712 pp., nello specifico, p. 645) ed Helena (sposata con Fernando de Moráes, Secretario de Estado del re Filippo II, cfr. F. Botello de Moráes Vasconcélos, El Alphonso, o La fundacion del reino de Portugal, assegurada i perfecta en la conquista de Lysboa, Villargardo, Salamanca 1731, 283 pp.).
Secondo lo storico spagnolo Miguel Lasso de La Vega y Lopez de Tejada, Marqués del Saltillo (Carmona, 6 Maggio 1893 – Madrid, 19 Dicembre 1957), il 1524 fu altresì fatidico per Juan de Vega, perché la sua fattiva partecipazione nell’assedio di Fuenterrabía, spinse Carlo V ad introdurlo tra i suoi familiari ed a sceglierlo tra i compagni del suo viaggio in Germania nel 1532 (cfr. Marqués del Saltillo, Juan de Vega, embajador de Carlos V en Roma, Madrid, Instituto de Estudios Políticos, Madrid 1946, 348 pp.; A. González Palencia, Gonzalo Pérez. Secretario de Felipe II, 2 voll., I, Consejo Superior de Investigaciones Científicas, Instituto Jerónimo Zurita, Madrid 1946, p. 41). Il de Vega prese poi parte alla conquista della Tunisia e fu notato per i suoi ottimi interventi nelle Cortes del 1538, divenendo Contador Major de Castilla e cavaliere dell’ordine di S. Giacomo della Spada. Nel 1541, prese possesso del vicereame di Navarra, che poi lasciò nel 1543 per succedere al marchese di Aguilar come ambasciatore dell’imperatore Carlo V a Roma (cfr. Marqués del Saltillo, Juan de Vega…cit., p. 21), allorché vi erano i prodromi della prima fase del Concilio di Trento, aperta poi nel 1545. Dalla Spagna si trasferì nella città eterna, portando con sé la propria famiglia, composta dalla moglie e dai figli. A Roma il de Vega acquisì una profonda conoscenza della Sede Apostolica, mentre la moglie divenne fervente seguace spirituale di S. Ignazio di Loyola e sostenitrice, anche dal punto di vista finanziario, del nuovo ordine religioso della Compagnia di Gesù, tenacemente tridentino e controriformistico. Anche il loro figli sostennero il detto ordine: ad es., Suero de Vega si prodigò per la nascita di un collegio gesuitico a Siracusa (cfr. L. Gazzè, «Para crecer en la unión y amor mutuo». Politiche di mediazione sociale e religiosa della Compagnia di Gesù in Sicilia (1548-1565), in L. Scalisi, C. J. Hernando Sánchez, a cura di, Fra le mura della modernità, Viella, Roma 2019, pp. 131-146).
Nel 1547, il de Vega, sostituito nel ruolo di ambasciatore alla corte pontificia da Diego Hurtado de Mendoza Pacheco (Granada, 1504 – Madrid, 14 agosto 1575, poeta, umanista e diplomatico), giunse in Sicilia in qualità di viceré e capitano generale (cariche che mantenne sino al 1557), essendo il suo predecessore, Ferrante Gonzaga, divenuto governatore di Milano [cfr. G. Giarrizzo, La Sicilia dal Cinquecento all’Unità d’Italia, in G. Galasso (dir.), Storia d’Italia, XVI, Torino, 1989, pp. 97-374, in particolare, p. 173; S. Losi, Diego Hurtado de Mendoza. Ambasciatore di Spagna presso la Repubblica di Siena (1547-1552), Il leccio, Monteriggioni (Siena) 1998, 142 pp.].
Il de Vega favorì indefessamente l’ingresso in Sicilia della Compagnia di Gesù, concedendo l’apertura di collegi nelle primarie città dell’Isola, in uno con l’affidamento di un ruolo preminente nel campo dell’istruzione (cfr. L. Gazzè, «Para crecer en la unión y amor mutuo»…cit.).
A Termini Imerese, sappiamo che, sin dal 1553, sotto il detto viceré de Vega, si iniziarono ad appaltare le nuove opere di fortificazione indirizzate, sia a recingere la cittadina, incorporando le borgate sino ad allora extra moenia (ad es. S. Lucia) ed il Caricatore, sia ad accrescere ed ammodernare il perimetro fortificato del castello ormai obsoleto [cfr. A. Contino, Aqua Himerae. Idrografia antica ed attuale dell’area urbana e del territorio di Termini Imerese (Sicilia centrosettentrionale), Giambra Editori, Termegrafica, Terme Vigliatore, Messina 2019, p. 60; P. Bova, A. Contino, Termini Imerese, attività militare ed evoluzione del paesaggio: l’esempio della “Rocca dell’Orologio antiquo” tra medioevo e Settecento, “Esperonews”, Domenica, 20 Dicembre 2020, on-line su questo sito].
Nel 1549, il matematico, astronomo, umanista e storico Francesco Maurolìco o Maurolì (Messina, 16 settembre 1494 – ivi, 22 luglio 1575) acconsentì a fare il precettore, per le scienze matematiche e per quelle astronomiche, di uno dei figli maschi del viceré de Vega, a Termini Imerese. Secondo la biografia del Maurolìco, redatta dal nipote omonimo, barone della Foresta, si sarebbe trattato di Hernando: «Partissi di subito per ubbidire à [sic] quella suprema Eccellenza [Juan de Vega], quindi poi trasferandosi à [sic] Termine, dove era con sommo desiderio aspettato da Hernando filio primogenito [sic] di lei, per udir le lettioni [sic] Geometriche ed Astronomiche, come in fatto l’udì, e ne rimase non meno istrutto [sic] che ammirato […]. E nel 1550. partito insieme col Padre il sudetto Hernando [sic, invece è Álvaro a partire, mentre Hernando sostituisce il padre come Presidente del Regno] su l’armata Navale all’Impresa d’Africa (che sortì felicissimo evento, per la presa, e distruttione [sic] di quella) rimastone egli in Termine, ridussesi di nuovo à Castelbuono, dove era cotanto bramato da quelli illustrissimi, e quivi vacando l’Abbadia del Parto per la morte di D. Girolamo Ventimiglia (Ius Patronato de sudetti Signori) gli fù [sic] tostamente conferita» (cfr. Vita dell’abbate del Parto D. Francesco Maurolico, scritta dal Baron della Foresta, ad istanza dell’abbate di Roccamatore D. Silvestro Marulì, Brea, Messina 1613, 26 pp., in particolare, p. 9; F. Guardione, Francesco Maurolico nel secolo XVI, in “Archivio Storico Siciliano”, n.s. anno XX, Lo Statuto, Palermo 1895, pp. 1-57, nello specifico, p. 12; A. Contino, S. Mantia, Dallo studium medievale al liceo classico “Gregorio Ugdulena”, Istituto di Istruzione Superiore di Secondo Grado “G. Ugdulena”, Termini Imerese 2007, p. 23 e nota n. 81 a p. 117). In realtà, secondo la testimonianza dello stesso insigne studioso Maurolìco, si tratta del figlio secondogenito del viceré de Vega, Álvaro che, in quel torno di tempo, era capitano d’armi a guerra nella cittadina imerese [cfr. D. Scinà, Elogio di Francesco Maurolico, Reale Stamperia, Palermo 1808, 224 pp., nello specifico, p. 5, p. 105, nota nn. 6-7 e p. 108, nota n. 10; M. Clagett, Middle Ages and Renaissance – Archimedes in the Middle Ages, 3 voll., 1582 pp., 1964-78, III, The Fate of the Medieval Archimedes, 1300 to 1565, American Philosophical Society, Philadelphia 1978 (Memoirs of the American Philosophical Society, vol. 125), in particolare, p. 757; R. Moscheo, I gesuiti e le matematiche nel secolo XVI. Maurolico, Clavio e l’esperienza siciliana, Società messinese di storia patria, Messina 1998, 446 pp., in particolare, p. 86). Gli errori e le contraddizioni di Francesco Maurolìco junior si spiegano con il fatto che Juan de Vega, alla morte del primogenito Hernando nella seconda metà del 1550, volle che il secondogenito Álvaro assumesse il nome del fratello maggiore (cfr., ad es., R. Martines, Doña Blanca Enríquez de Acuña, vecina ilustre de Palencia, “Publicaciones de la Institución Tello Téllez de Meneses”, Nº. 73, 2002, Palencia 2002, pp. 5-39, in particolare, p. 14, nota n. 42) e ciò ha generato una certa confusione tra i due personaggi.
Del soggiorno termitano dello scienziato Maurolìco rimane traccia nella sua opera postuma Admirandi Archimedis Syracusani Monumenta omnia mathematica etc., Hesperium, Panormi MDC.LXXXV. e, nello specifico, nella Praeparatio ad Archimedis opera. In particolare, alla fine del Proemium e, in particolare, nel colophon (frase posta in fine ad un’opera a stampa, contenente varie notizie relative alla stesura e/o alla pubblicazione), collocato a pagina 25, si legge che questa parte dell’opera fu completata proprio a Termini Imerese, ad ora prima di notte, il giovedì grasso che fu il tredici del mese di febbraio VIIIa Indizione 1550: «Expletum Thermis hora noctis prima diei Iovis in extremo carnisprivio, qui fuit mensis Februarij tredecimus VIIl. Ind. M D L.» (cfr. M. Clagett, Francesco Maurolico’s use of Medieval Archimedean texs: the “De Sphaera et cylindro”, in P. Czartoryski, ed., Science and History. Studies in Honor of Edward Rosen, Instytut Historii Nauki, Oświaty i Techniki, Polska Akademia Nauk, Ossolineum, Wroclaw 1978, pp. 37-52, in particolare, p. 38 nota n. 4, dove lo studioso, però, si limita a riportare il luogo, Thermae, Termini Imerese, e la data 13 Febbraio 1550).
Nel giugno del 1550, Juan de Vega lasciò al figlio maggiore Hernando la cura del vicereame per contribuire logisticamente e partecipare alla spedizione diretta alla conquista della fortezza ottomana Africa (odierna Mahdia, Tunisia), collocata su un promontorio roccioso, difesa dal temibile ammiraglio e corsaro ottomano Turgut Reis (Bodrum, attuale Turchia, 1485 – Gozo, arcipelago maltese, 25 giugno 1565, noto col soprannome di Dragut). Il comando navale della spedizione era affidato a due valentissimi ammiragli, il genovese Andrea Doria (Oneglia, 30 novembre 1466 – Genova, 25 novembre 1560) e lo spagnolo Bernardino de Mendoza (1501-1557), capitano generale delle galee spagnole, con il sostegno dei cavalieri di Malta sotto la guida del gran maestro Claude de la Sengle (1494 – Medina, 18 agosto 1557). La conquista della città, dopo un aspro assedio, avvenne il 10 Settembre di detto anno (cfr. G. E. Di Blasi Gambacorta, Storia cronologica de’ viceré, luogotenenti, e presidenti del regno di Sicilia, 5 tomi, 1790-91, t. II.1, Solli, Palermo MDCCXC, pp. 135-187).
Da notare che negli anni 1549-1554, la carica di capitano d’armi a guerra fu largamente concessa da Juan de Vega ai suoi figli maschi [cfr. A. Giuffrida, La fortezza indifesa e il progetto del Vega per una ristrutturazione del sistema difensivo siciliano, in R. Cancila, a cura di, Mediterraneo in armi (secc. XV-XVIII), Associazione Mediterranea, Palermo 2007, Quaderni – Mediterranea ricerche storiche, 4, tomo I, pp. 227-288]. Infatti, Álvaro fu nominato capitano d’armi a guerra di Termini Imerese (26 Aprile VIIa Indizione 1549) e, con il nome di Hernando, di Catania, della val di Noto e vicario generale di tutto il regno (28 Ottobre XIIa Indizione 1553), nonché delle città e terre marittime (25 Maggio XIIa Indizione 1554); Suero, ebbe questa carica per Siracusa (28 Ottobre XIIa Indizione 1553), assieme al titolo di vicario viceregio e comandante della milizia e della cavalleria.
Come riferito dallo storico Rosario Villari (Bagnara Calabra, 12 luglio 1925 – Cetona, 17 ottobre 2017), nell’anno XIa Indizione 1552-53, una ordinanza agli atti di notar Sebastiano Bertòlo, attesta che Juan de Vega inviò a Termini Imerese, Ferdinando de Vetta con «nostra compagnia di cavalli et altri soldati da pede et de cavallo de la milicia per defensione et guardia», con artiglieria e munizione per rafforzare le difese del castello, per una missione importantissima, proteggere la città ed il suo Caricatore dalla minaccia di invasione turca, che, secondo alcuni informatori, stava per essere perpetrata ai danni della cittadina (cfr. R. Villari, Politica barocca. Inquietudini, mutamento e prudenza, Laterza, Roma-Bari 2010, VIII+324 pp.), che aveva un grandissimo ruolo strategico essendo da considerare “il Granaio di Palermo”.
Nel 1555, Juan de Vega, trovandosi a Polizzi Generosa, per «vedere l’alta montagna detta di Madonia per sua curiosità», ebbe riferita la triste notizia della scomparsa della regina Giovanna (madre dell’imperatore Carlo V d’Asburgo) e, pertanto, ne ordinò le solenni esequie [cfr. V. Auria, Historia cronologica delli signori Vicere [sic] di Sicilia dal tempo che mancò la Personale sussistenza de’ Serenissimi Rè [sic] di quella. Cioè dall’anno 1409. sino al 1697. presente, Coppola, Palermo 1697, p. 49].
Conclusosi il viceregno in Sicilia, il de Vega tornò in Spagna e rientrò a corte per succedere ad Antonio de Fonseca come presidente del Regio Consiglio (aprile 1557), con contestuale ingresso nel Consejo de Estado y Guerra (cfr. S. Fernández Conti, Los Consejos de Estado y Guerra de la Monarquía Hispana en tiempos de Felipe II. 1548-1598, Valladolid, Junta de Castilla y León, 1998, p. 67).
Relativamente alla casata dei de Vega di Termini Imerese, le prime attestazioni documentarie si rinvengono attorno alla metà del Quattrocento. Un Gaspare de Vega fu giurato nel 1447, nel 1456 e nel 1461, mentre Giovanni lo fu nel 1448 (cfr. A. M. Musso, Codice de’ Privilegi e Consuetudini della Splendidissima e Fedele Città di Termini, ms. 1760, Biblioteca comunale Liciniana di Termini Imerese, ai segni AR e α 2, 328 pp.).
Nel più antico registro di battesimi (1542-48), conservato presso l’Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese (d’ora in poi AME), non è presente alcun appartenente alla casata de Vega. Poiché il registro copre appena sei anni sarebbe azzardato fare alcuna deduzione sulla presenza o assenza della casata nella cittadina imerese in questo torno di tempo.
Agli inizi del Seicento, a Termini Imerese si hanno nuovamente delle tracce dei de Vega. Un Giovanni de Vega fu capitan d’armi a Termini, dove si spense il 15 aprile XIVa Indizione 1616 (cfr. AME, Defunti, vol. 92, 1615-22, f. 116r n. 7); forse è da identificare con quello che era stato castellano di Cefalù nel 1594 (cfr. A. Mango di Casalgerardo, Nobiliario…cit.).
Don Gaspare de Vega, qualificato nei documenti d’archivio come spagnolo della villa Castiglia de Monteres (in gallego Castelo de Monterrei, in castigliano Castillo de Monterrey), sposò la termitana Margherita Stabile, figlia di Vincenzo e di Melchiorra (Melchiona). Dalla coppia nacquero: don Diego de Vega Stabile e Rosalia de Vega Stabile (n. 11 aprile IIa Indizione 1634, padrino don Pietro Balli, cfr. AME, Battesimi, Chiesa Madre, vol. 17, 1626-35, f. 129r. n. 6).
Occorre sottolineare che la casata spagnola dei de Vega, Signori di Grajal, risulta avere dei legami con il castello di Monterrey. Infatti, è documentato che, per ordine reale, agli inizi del Cinquecento il castello di Monterrey era stato dato in potere del già citato don Fernando de Vega, signore di Grajal, componente del Consejo Real e governatore del regno di Galizia, padre del già ricordato viceré di Sicilia, Juan de Vega (cfr. M. C. Quintanilla Raso, Consideraciones sobre las fortalezas de lafrontera castellano-portuguesa en la Baja Edad Media, Actas das II Jornadas Luso-Espanholas de História Medieval, I, Instituto Nacional de Investigação Científica, Porto 1987, pp. 401-430, in particolare, p. 417; su questo personaggio, cfr. https://dbe.rah.es/biografias/16959/hernando-de-vega).
Tornando al detto Gaspare Vega, il 5 giugno XVa Indizione 1632, assieme a don Antonino de Napoli, egli era stato presente come testimone alle nozze tra i termitani Celidonio Errante e Leonora de Gravina, vedova di Lorenzo Crollalanza (cfr. AME, Sponsali, Consolazione, vol. 22, 1624-35, f. 65v n. 3). Antonino Mango di Casalgerardo (cfr. A. Mango di Casalgerardo, Nobiliario…cit.), tra le notizie relative alla casata siciliana dei Vega, rammenta proprio il detto Gaspare attestando che ebbe la carica di «capitano di giustizia […] nell’anno 1643-44». Il precitato Gaspare o Gaspano de Vegha, fu giurato di Termini nel 1647, assieme a Francesco Bonafede, Paolo Bruno, Vincenzo Satariano, essendo sindicus Paolo Bonafede. Inoltre, egli risulta iscritto nel Ruolo dei Giurati dell’anno XIIIa Indizione 1659-60 (cfr. Atti dei Magnifici Giurati della Splendissima e Fedele Città di Termini, 1659-60, ms. Biblioteca comunale Liciniana di Termini Imerese, d’ora in poi BLT, ai segni III 10 c 8), dove egli stesso dichiara espressamente di avere 66 anni incirca (n. circa 1593/94).
Il figlio di detto Gaspare e di Margherita Stabile, don Diego de Vega Stabile, si accasò con donna Teresa Balli, e risulta già morto nel 1713. Da don Diego de Vega Stabile e da donna Teresa Balli nacque don Diego de Vega Balli, che il 17 giugno VIa Indizione 1713 sposò donna Nicoletta D’Onofrio di fu don Agostino e di donna Anna, previa dispensa di secondo grado del 13 maggio, alla presenza di don Giovanni Giacomo Satariano e don Gaspare Balli (cfr. AME, Sponsali, vol. 29, ff. 90v-91r). Diego de Vega junior, il 19 Aprile VIIa Indizione 1714 ebbe il privilegio di ospitare il novello regnante di casa Savoia: «Venne il Re Vittorio Amedeo che andò ad abitare in casa del signor Don Diego Vega» (cfr. Anonimo, Libro della fundatione di questo luoco di Santo Antonino di Termine etc., ms. sec. XVII-XVIII, BLT ai segni AR b β 16).
Il poligrafo siciliano Baldassarre Romano (Termini Imerese, 23-2-1794; ivi, 22-11-1857), nel 1838 rammenta «il palazzo dei Vega e Balli, il quale oggi appartiene alle tre famiglie Marsala, Faso e Gallegra, vicino la porta di Girgenti; e benché fosse ben grande pure vi si aggiunse l’altra casa allora di Drago ch’era divisa dalla casa di Balli e Vega per una strada, e fu riunita con un passaggio di legname sospeso in aria» (cfr. B. Romano, Notizie storiche intorno alla città di Termini, edizione a stampa, a cura di A. Contino e S. Mantia, del ms. datato 1838 della Biblioteca comunale di Palermo ai segni 4 Qq D 78, GASM, Termini Imerese 1997, p. 74). Il palazzo di Balli e Vega, quindi era sito nella Strada di Porta Girgenti l’attuale Via Vittorio Amedeo e fu collegato con quello di Drago (poi Di Michele di Villaurea), tramite un ponte ligneo che scavalcava la Strada di Drago (attuale Via Marsala).
Nel 1724, relativamente al donativo regio troviamo menzionato proprio il detto D[on] Diego Vega [Balli] che contribuì con la somma di 4 onze (cfr. P. Bova, A. Contino, Termini Imerese. Una inedita lista di contribuenti del 1724: pagavano tutti esclusi “miserabili e “Giornadieri”, “Esperonews”, Martedì, 11 Giugno 2019, su questa testata giornalistica on-line).
Da don Diego de Vega Balli, e da donna Nicoletta D’Onofrio nacque donna Teresa de Vega D’Onofrio andata in sposa a don Sigismondo Gallegra, i cui discendenti ebbero il vezzo di sottoscriversi Gallegra de Vega. Per tale motivo il vicolo contiguo al palazzo gentilizio della casata spagnola dei de Vega, nell’attuale Via Vittorio Amedeo, è ancor oggi intestato agli eredi Gallegra. Sull’ampio portale, al civico n. 34 della Via Vittorio Amedeo, attualmente sede dell’INPS, campeggia ancora l’elegante stemma lapideo a bassorilievo dei de Vega, ornato da volute e corona comitale, con nove perle visibili (nella foto). Lo stemma, partito (cioè diviso longitudinalmente in due porzioni uguali), esibisce nel 1° una banda scaccata (con elementi superstiti di intarsi calcarei giallastri corrispondenti ad uno dei due smalti, che doveva essere d’oro), nel 2°, un castello, turrito di due pezzi, con il palmizio nodrito (cioé piantato senza radici) tra le due torri, fondato su un fasciato ondato (che se d’argento e d’azzurro, generalmente rappresenta l’acqua).
Ricordiamo, infine, che questa casata di ricoshombres ebbe vaste proprietà terriere comprendenti la collina su cui oggi sorge l’ospedale “Salvatore Cimino”, anticamente detta, per l’appunto, Cozzo di Vega e la contrada, designata in siciliano,‘A Veca (La Vega).
Queste sono le vicende più salienti della famiglia spagnola dei de Vega in Termini Imerese che fu fiorente tra il XV ed il XVII secolo. Un’altra tessera nel composito e, per certi versi ancora da ricostruire, variegato mosaico dei rapporti tra la Spagna e la Sicilia e, in particolare, Termini Imerese, grande emporio granario di elevata rilevanza strategica.
Patrizia Bova e Antonio Contino
Ringraziamenti: vogliamo esternare la nostra più sincera gratitudine, per l’essenziale supporto logistico nelle nostre ricerche e per la consueta disponibilità, rispettivamente, ai direttori ed al personale della sezione di Termini Imerese dell’Archivio di Stato di Palermo e della Biblioteca comunale Liciniana di Termini Imerese. Un ringraziamento particolare va a don Francesco Anfuso e” a don Antonio Todaro per averci permesso di effettuare basilari ricerche presso l’Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese.