Termini imerese, Saverio Ciofalo primo scopritore in Italia del rettile marino cretaceo nella Rocca del Castello

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Saverio Ciofalo Geraci (1848-1925) fu una poliedrica figura di studioso, la cui produzione scientifica spazia dal campo delle scienze naturali (geologia stratigrafica, paleontologia, malacologia, entomologia, meteorologia),

a quello della paletnologia, dell’archeologia e della museologia (cfr. B. Accordi, Ciofalo, Saverio, “Dizionario biografico degli Italiani” 25, 1981, pp. 660–661).

La famiglia alla quale appartenne Saverio Ciofalo è stabilmente presente a Termini Imerese da quasi quattro secoli, precisamente sin dalla prima metà del Seicento, ma è originaria del Messinese e, in particolare, dalla città demaniale di Mistretta. Quest’ultima, oggi comune della città metropolitana di Messina, è collocata su un crinale secondario dei Nebrodi, in pittoresca posizione a guardia dei valichi montani. A Mistretta è ancora presente il cognome Ciofalo, come anche a Santo Stefano di Camastra (anticamente casale della detta città regia, con il nome di S. Stefano di Mistretta), a Castroreale e nella stessa Messina.

Esponenti del casato termitano dei Ciofalo o Chiofalo, tradizionalmente svolsero attività artigianali, con bottega propria ed apprendisti, tanto da annoverare quasi di regola il titolo di Mastro (in latino Magister) come appare nei documenti ufficiali, sia civili, sia ecclesiastici, con una serie di mastri d’ascia e falegnami, bottai, fabbricanti di mobili, fabbri ferrai, ma anche pittori adornisti e d’arte, dotati di bottega propria ed allievi.  Il capostipite, Mastro Vincenzo Ciofalo (m. nel 1669 a Termini Imerese) da Mistretta, il giorno 11 Ottobre Xa Indizione 1626 impalmò la termitana Francesca Cannavacciuolo (ms. Cannavazzolo, figlia di Mastro Blasi, cfr. Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, d’ora in poi AME, Sponsali, Maggior Chiesa, vol. 23, 1622-1643, f. 45), quest’ultima probabilmente di ascendenza campana, con un cognome derivante da un mestiere: commerciante e/o produttore di tessuto grezzo.

Dalla discendenza di Mastro Vincenzo Ciofalo ebbe origine il ramo familiare che, a partire da Don Gaspare Ciofalo Candioto, figlio di Mastro Michele, entrò a far parte del ceto dei civili. Don Michele Ciofalo La Manna (n. 1808), figlio di Don Gaspare, si laureò in legge nel 1829 (cfr. O. Cancila, Storia dell’Università di Palermo dalle origini al 1860, Laterza, Roma-Bari 2006, 660 pp., in particolare, p. 276, nota n. 26) e, dopo un periodo di praticantato, intraprese la carriera in magistratura.

Il 13 Dicembre 1832, alla presenza di «Francesco Gandolfo, Secondo Eletto funzionante da Sindaco ed Uffiziale dello Stato Civile del Comune di Termini», il «D[otto].r D[on]. Michele Ciofalo libero di anni ventiquattro nato in Termini Distretto di Termini Valle di Palermo di professione Dottor in Legge domiciliato in Termini figlio di D[on]. Gaspare di anni cinquantatre di professione possidente domiciliato in Termini e di [fu] D[onna]. Giuseppa Maria La Manna» e «D[onna]. Maria Rosa Geraci nubile di anni ventisei nata in Termini domiciliata in Termini figlia di fu D[on]. Saverio e di D[onna]. Anna Maria Gandolfo» sottoscrissero la solenne promessa di matrimonio (assieme al detto Francesco Gandolfo, al padre dello sposo ed ai testimoni tutti «regnicoli» e domiciliati a Termini: Dottor Don Vincenzo Battaglia di anni quarantanove, medico fisico; Dottor Don Ignazio Geraci di anni ventisei, dottore in legge; Don Benedetto Geraci, di anni ventisei, possidente;   Don Michele Geraci, di anni ventidue, possidente); il rito ecclesiastico fu poi celebrato il giorno 16 seguente (cfr. Archivio di Stato di Palermo, d’ora in poi ASP, Stato Civile, Palermo e provincia, Termini Imerese, Anagrafe, 1832, Matrimoni, n. 73, f. 143 e segg.).

Il Dottor Don Michele Ciofalo, negli anni Quaranta e Cinquanta dell’Ottocento, prestò servizio come Regio Giudice nei tribunali di S. Caterina (oggi S. Caterina Villarmosa, 1840), Polizzi Generosa (1842), Castelbuono (1849), Riesi (1855), Tortorici (1857), come si ricava dallo spoglio della pubblicazione annuale Almanacco Reale del Regno delle Due Sicilie, edita a Napoli nella Reale Stamperia.

Saverio Ciofalo Geraci ebbe i natali a Polizzi Generosa, sulle Madonie, dove  risiedevano i genitori perché il padre, il Dottor Don Michele, vi prestava servizio come Regio Giudice Circondariale. L’atto di nascita ci informa che il 27 Giugno 1842 ad ore quindici, al cospetto di «Giuseppe Cirillo Sindaco ed uffiziale dello Stato Civile del Comune di Polizzi Distretto di Cefalù», si presentò «Angela Schimmenti di anni cinquantasei di professione Levatrice domiciliata in Polizzi e quartiere San Giovanni», la quale gli mostrò il bambino dichiarando che era nato da «D[onn].a Maria Rosa Geraci di anni trentaquattro domiciliata in delato in Termini residente in Polizzi Civile e quartiere di Santa Maria Maggiore e dal D[otto].r D[on]. Michele Ciofalo di anni trentaquattro di professione Regio Giudice Circond[arial].e in delato in Termini residente in Polizzi Civile e quartiere di Santa Maria Maggiore». La levatrice Schimmenti ha affermato che il bambino era nato «nel giorno ventisette del mese di Giugno anno sudetto alle ore dieci nella casa in casa [sic] di detti coniugi in Polizzi, é [sic] quartiere di Santa Maria Maggiore per la loro residenza», mentre «La stessa ha dichiarato di dare al Maschio il nome di Saverio Benedetto, Gandolfo». L’ultimo nome fu evidentemente imposto per devozione nei confronti del Santo Patrono di Polizzi Generosa, fra Gandolfo Sacchi (Binasco, Milano, c. 1200 – Polizzi Generosa, 3 aprile 1260), dell’ordine dei minori di S. Francesco, fondatore nel 1256 del primo convento francescano di Termini Imerese (cfr. S. de Munyera, Processus [..] Super Sanctitate Vitae, Miraculis et veneratione piae memoriae B[eati]. Gandulphi a Binasco etc., dell’Isola, Politii MDCXXXII, pp. IV+336rv+VIII; G. Leanti, L’ordine francescano in Sicilia nei secoli XIII e XIV, “Miscellanea Francescana”, vol. 37, 1937, pp. 547-574, in particolare, p. 24). Il battesimo fu impartito il medesimo giorno del “rivelo”, nella Maggior Chiesa di Santa Maria Maggiore (cfr. ASP, Stato Civile, Palermo e provincia, Polizzi Generosa, Anagrafe, 1842, Nascite, n. 122).

Saverio, mostrò precocemente una intelligenza viva ed un grande desiderio di apprendere, con una spiccata propensione per le scienze, soprattutto quelle naturali. Completati il ginnasio ed il liceo, proseguì gli studi nella Regia Università di Palermo, interessandosi soprattutto di paleontologia e stratigrafia i cui corsi erano tenuti da Gaetano Giorgio Gemmellaro (Catania, 25 febbraio 1832 – Palermo, 16 marzo 1904), ordinario di Mineralogia e Geologia in detto ateneo. Il Gemmellaro, intuite le grandi potenzialità dell’allievo termitano, anche dopo la laurea lo volle come suo collaboratore, prima di essere affiancato dal suo successore Giovanni Di Stefano (Santa Ninfa, Trapani, 25 Febbraio 1856, Palermo 3 Gennaio 1918).

Nella primavera del 1863, sorse a Termini Imerese una Scuola Tecnica diretta da Giuseppe Antonino Gallegra, infaticabile promotore, che si avvalse della fattiva collaborazione di un collegio di docenti costituito, sin dal primo anno scolastico, da Saverio Ciofalo (Scienze naturali), Agostino La Nasa (disegno), Antonio Battaglia (lingua francese), Giuseppe Palmisano (calligrafia), Vincenzo Marfisi (matematica) ed il sac. don Gian Crisostomo Lombardo (storia e geografia, diritti e doveri).

Nonostante gli impegni di docente, Saverio riuscì a coltivare la sua grande passione scientifica, continuando a raccogliere e collezionare reperti naturalistici, mantenendo i contatti con l’ambiente accademico, non solo palermitano, e proseguendo la sua attività attraverso la pubblicazione dei risultati delle sue ricerche svolte sul campo.

Il primo Ottobre 1868, Saverio entrò in ruolo come docente e nel successivo giorno dodici, convolò a nozze con Donna Mattia o Mattea Salvo (n. 1° Gennaio 1848, cfr. ASP, Stato Civile…cit., Termini Imerese, Anagrafe, 1848, Nascite, n. 2) di Don Vito e di Donna Maria Anna La Mantia (cfr. AME, Sponsali, S. Carlo Borromeo, vol. 144, 1864-1891, f. 20 n. 5).

Dal 1869, grazie all’interessamento di Gaetano Giorgio Gemmellaro, iniziò a far parte dell’Accademia Gioenia di Catania (fondata il 22 Dicembre 1823 in ricordo del naturalista catanese Giuseppe Gioeni d’Angiò, 1743 – 1822), e di quella di Scienze, Lettere e Arti degli Zelanti di Acireale; Saverio, molto riconoscente dedicò al maestro alcuni fossili di molluschi cretacei da lui scoperti (cfr. S. Ciofalo, Descrizione di una nuova specie del Cretaceo superiore dei dintorni di Termini-Imerese. All’Ill[ustrissi]mo Professore Sig[or]. Gaetano Giorgio Gemmellaro, “Nuove Effemeridi Siciliane di Scienze, Lettere ed Arti”, I, dispensa VII, Novembre 1869, pp. 358-359).

Sin dal detto anno, Saverio fu uno dei pionieri e dei cultori locali degli studi paletnologici nel territorio di Termini Imerese (cfr. S. Ciofalo, Notizie su di alcuni avanzi preistorici rinvenuti nei dintorni di Termini Imerese, in G. Vimercati, a cura di, Rivista scientifico-industriale delle principali scoperte ed invenzioni fatte nelle scienze e nelle industrie nel 1875, anno VII, Gennaio-Dicembre 1875, Firenze 1875, pp. 76-79). Il Termitano, dal punto di vista paletnologico, sino al detto anno era totalmente inesplorato, mentre le ricerche di Saverio, unite a quelle del sac. Carmelo Palumbo e di Giuseppe Patiri (Termini Imerese, 10 ottobre 1846 – ivi, 1º marzo 1917), evidenziarono la molteplicità degli insediamenti antropici preistorici, generalmente in relazione ad ingrottati e ripari aggettanti, corrispondenti a falesie fossili o prodotti dalla morfoselezione. Ciò è ampiamente testimoniato dalla mole di comunicazioni scientifiche del Ciofalo, riguardanti diversi siti preistorici di Termini Imerese e del suo hinterland, edite tra il 1872 ed il 1900.

Sin dal 1870 Saverio fu socio della prestigiosa Società Geografica Italiana, mentre sin dall’anno seguente fu membro onorario dell’importante Società dei Naturalisti di Modena, il cui annuario ospitò alcune delle sue comunicazioni scientifiche.

La fine di detto anno fu funestata dalla morte del padre di Saverio, il Dottor Michele Ciofalo il 4 Dicembre 1871, «di anni sessantatre» (cfr. Comune di Termini Imerese, Anagrafe, Morti, 1871, n. 326).

Nel 1872, sin dalla fondazione del museo civico,  di cui egli fu non solo il fondatore, ma l’animatore e curatore instancabile, Saverio si prodigò per inventariare ed arricchire le collezioni archeologiche, paletnologiche, artistiche e naturalistiche. Nella struttura museale termitana avrebbero dovuto trovare degna collocazione anche le sue preziose collezioni di malacologia, paleontologia, petrografia e mineralogia, nonché di entomologia, che avrebbero meritato maggiore attenzione da parte dei suoi successori e delle amministrazioni civiche che sono subentrate dopo la sua scomparsa.

La raccolta entomologica, quasi completa, di Coleotteri dei dintorni di Termini Imerese, da lui classificati, fu descritta nel suo saggio Catalogo dei coleotteri dei dintorni di Termini Imerese posseduti e raccolti dal prof. Saverio Ciofalo, in AAG, s. 3, XIX (1886), pp. 181-212, che nonostante i limiti è sicuramente un contributo notevole allo studio di questi insetti. Tale collezione è finita, come ebbe a scrivere il naturalista Vittorio Emanuele Orlando (Palermo, 9 febbraio 1928 – Terrasini, 21 settembre 2014), «Praticamente distrutta dall’incuria: rimangono poche scatole entomologiche che si vorrebbero restaurare per la documentazione storica della collezione» [cfr. V. E. Orlando, Musei naturalistici minori nel Palermitano, “Museologia Scientifica”, anno XI, suppl., Oggetti, linguaggi, seduzioni dei musei scientifici, Atti del 9° congresso dell’A.N.M.S. – Trento, 21-23 ottobre 1992, Verona, 11 (1-2), 1994, pp. 121-123; R. Poggi, C. Conci, Elenco delle collezioni entomologiche conservate nelle strutture pubbliche italiane, “Memorie della Società entomologica italiana”, 75, Genova 1996, pp. 3-157, nello specifico, pp. 31-32; M. Romano, La ricerca entomologica in Sicilia: protagonisti, cultori e collezionisti a cavallo di tre secoli, in “Il Naturalista Siciliano”, s. IV,  XXX (2), 2006, pp. 151-226, in particolare, pp. 180-181].

Dal 1875 al 1892, grazie anche alla fama acquisita nello studio dei molluschi fossili del Termitano, come quelli mesozoici di Caltavuturo e miocenici di Ciminna, Saverio divenne socio della prestigiosa Società Malacologica Italiana (cfr. G. Manganelli, E. Lori, A. Benocci, S. Cianfanelli, Società Malacologica Italiana 1874–1906,  “Archives of Natural History”, 44.2, 2017, The Society for the History of Natural History, DOI: 10.0000/E0000000).

In qualità di Ispettore onorario scavi e monumenti, Saverio, sin dal 1876 svolse una scrupolosa vigilanza sui rinvenimenti archeologici soprattutto termitani, generalmente legati al ritrovamento fortuito di reperti, in occasione di lavori di scavo sia per opere pubbliche, sia private, molti dei quali recuperati e destinati alle collezioni del museo civico. Per diversi decenni, Saverio diede puntuale comunicazione di tali scoperte come risulta dallo spoglio dei volumi delle Notizie degli scavi di antichità, editi a Roma dalla Reale Accademia dei Lincei.

Nel 1877, il Ciofalo, bibliotecario della Liciniana di Termini Imerese, divenne socio della Società Siciliana di Storia Patria di Palermo, assieme al suo concittadino, cav. Ignazio Di Michele (cfr. Seduta del 13 Maggio 1877, in “Archivio Storico Siciliano”, n.s. anno II, fasc. I, Virzì, Palermo 1877, pp. 129-130).

Nel Maggio del 1879, Saverio fondò nella cittadina imerese l’Osservatorio meteorologico, che egli resse ufficialmente sino al 1906, cedendone la direzione al figlio Michele che, come il padre, coltivò una grande passione per le scienze naturali. Effettivamente, Saverio su suggerimento dell’astronomo e meteorologo Pietro Tacchini (Modena, 21 marzo 1838 – Spilamberto, 24 marzo 1905),  riuscì a far approntare all’amministrazione comunale del tempo, un apposito locale nell’ex convento di S. Girolamo dei Cappuccini, dove era stato trasferito l’ospedale civico “SS. Trinità”, in uno con l’acquisto di apposita strumentazione, per crearvi il cosiddetto «balcone meteorologico». Il rilevamento e la trascrizione dei dati meteorologici furono effettuati da Saverio e dal padre Bernardo Di Vittorio, ex guardiano del convento ed economo dell’ospedale, dalla fondazione dell’osservatorio sino al 1890. Saverio proseguì le osservazioni termo-udometriche fino al 1904, allorché furono continuate da A. Minardi sino al 1906 (cfr. M. Ciofalo, Il clima di Termini dedotto dalle osservazioni meteorologiche del periodo 1880-1906, Amore, Termini Imerese 1907, 74 pp.).

Saverio ed il figlio Michele, tennero anche la corrispondenza con il Regio Ufficio Centrale di Meteorologia e di Geodinamica. Infatti, nel bollettino prodotto da detto ufficio si riscontrano una serie di  segnalazioni, relative agli eventi sismici che provocarono risentimento in Termini Imerese e nel suo entroterra, fino all’inizio del lungo periodo sismico, a partire dal giorno 8 Settembre 1906, che fu poi studiato dal figlio Michele (cfr. M. Ciofalo, Orografia, geologia e tectonica della zona scossa dai terremoti di Termini Imerese del Settembre 1906, “Bollettino della Società Sismologica Italiana”, XIII, 1908-09, pp. 153-183.

Dal primo Ottobre 1882, Saverio ebbe finalmente la nomina a professore incaricato di prima classe nelle Regie Scuole Tecniche, con successiva conferma del primo Luglio 1900 (cfr. Ministero della Pubblica Istruzione, Ruoli di Anzianità al 16 Giugno 1904, Cecchini, Roma 1904, p. 216).

Il 24 Aprile 1883, una grande sciagura si abbatté su Saverio e la sua famiglia, a causa della prematura scomparsa della giovane moglie, Mattea Salvo «di anni trentacinque» (cfr. Comune di Termini Imerese, Anagrafe, Morti, 1883, n. 192), che lasciò in lui un vuoto incolmabile che lo spinse a dedicarsi ancora di più agli amati studi scientifici e letterari, nonché sulla sua missione di docente appassionato e scrupoloso.

Nel 1890, non solo ricoprì l’insegnamento di Scienze naturali nella Regia Scuola Tecnica, ma anche di Storia naturale nel Ginnasio Gregorio Ugdulena di Termini Imerese (cfr. Stato del personale addetto alla pubblica istruzione del Regno d’Italia nel 1890, Sinimberghi, Roma 1890, p. 249).

In seguito, Saverio per un certo tempo insegnò a Lonigo (Vicenza), come professore reggente di scienze naturali nella locale Regia scuola tecnica, mettendosi poi in aspettativa per motivi di salute dal primo Febbraio al 30 Settembre 1893, avendo anche presentato la domanda di trasferimento. Proprio il 30 Settembre, con decreto ministeriale, avente effetto dal 1° Ottobre dello stesso anno, fu poi definitivamente trasferito nella Regia Scuola Tecnica di Termini Imerese, «in attività di servizio, con l’ufficio, il grado e lo stipendio di cui era provveduto» (cfr. Bollettino ufficiale del Ministero dell’istruzione pubblica, d’ora in poi BUMIP, anno XX, parte II,  n. 42, supplemento, 23 Ottobre 1893, Treves, Roma 1893, p. 2063).

Successivamente, sino al 1905 fu docente del locale Ginnasio, mantenendo poi l’insegnamento, da ordinario, nella Regia Scuola Tecnica Paolo Balsamo (cfr. Calendario generale del Regno d’Italia pel 1911, anno XLIX, Mantellate, Roma 1911, p. 765).

Divenuto oltre che ordinario di scienze naturali nelle Regie Scuole Tecniche, Regio Delegato Scolastico, Saverio ebbe la gioia di essere insignito nel 1895 del titolo di Cavaliere della Corona d’Italia (cfr. Il Risveglio educativo monitore bisettimanale delle Scuole Elementari, anno XI, n, 48, Mercoledì 3 Aprile 1895, pp. 193-196, in particolare, p. 196)

Il Ciofalo, in aspettativa per comprovata infermità ed apposita domanda, finalmente dal 16 Gennaio 1914, «fu collocato a riposo ed ammesso a far valere i propri diritti di pensione o indennità» con Regio Decreto del 19 Luglio 1914 (cfr. BUMIP, anno XLI, 15 Ottobre 1914, Treves, Roma 193, p. 2406).

Dopo il suo pensionamento, Saverio ricevette una ulteriore onorificenza, la nomina a Commendatore della Corona d’Italia: coronamento della lunga attività di docente e di studioso (1914, cfr. Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia, N. 192 del 3 Agosto 1915).

Egli ebbe sempre a cuore le sorti di Termini Imerese, svolgendo anche una coscienziosa attività politica, tanto che il nostro ricoprì la carica di assessore (1875; 1908), di consigliere (1877; 1878), e fu anche sindaco (1895; 1896).

Saverio Ciofalo, si spense a Termini Imerese il 9 Aprile 1925, come ricorda il suo necrologio scritto da Antonio De Gregorio, edito dalla Società Geologica Italiana (fondata il 29 Settembre 1881), della quale egli era socio sin dal 1882 (cfr. A. De Gregorio, In memoria di Saverio Ciofalo, “Bollettino della Società Geologica Italiana”, Società geologica italiana, 1925, p. XLII). Di lui ci resta un ritratto ad olio su tela, estremamente somigliante, che ce ne ricorda le fattezze, opera firmata  e datata 1901, del grande ritrattista siciliano Giovanni Bova (Termini Imerese, 12 Aprile 1854 – ivi, 26 Ottobre 1924), che si conserva nella sezione delle opere ottocentesche e novecentesche del museo civico di Termini Imerese (cfr. P. Bova, A. Contino, Un grande ritrattista siciliano tra Ottocento e Novecento: Giovanni Bova Chiaramonte da Termini Imerese, “Esperonews Giornale Termini Cefalù Madonie”, Martedì, 5 Gennaio 2021, on-line su questa testata giornalistica).

La passione di Saverio Ciofalo per le scienze naturali, fu egregiamente continuata dal figlio Michele (n. 31 Gennaio 1879, anch’egli docente di Scienze Naturali e socio della Società Geologica Italiana sin dal 1909), nonché dal nipote, il chimico dottor Manfredi (n. 30 Ottobre 1911). Vito, altro figlio di Saverio, invece, fu cassiere del Banco di Sicilia ed agente della Società Italiana degli Autori ed Editori dal 12 Maggio 1925 (cfr. Società Italiana degli Autori ed Editori, anno V, n. 1-2, Gennaio-Febbraio 1930, Roma 1930, p. 60).

Dopo aver tratteggiato, sia pure a grandi linee, lo spessore della figura di scienziato di Saverio Ciofalo, tra le sue numerose scoperte paleontologiche ci piace ricordarne una che sinora è quasi misconosciuta: i resti dentari di un rettile marino, il polipticodonte, vissuto nel Cretaceo, rintracciati nelle rocce della Rocca del Castello di Termini Imerese.

Il polipticodonte (nome scientifico Polyptychodon, denominazione composta dai lemmi greci polys, “molto”, ptykhos, “increspatura” e  odon, “dente”) è un “genere” di rettile marino estinto della famiglia dei pliosauridi [phylum Chordata, classe Sauropsida, ordine Plesiosauria, famiglia Pliosaurida, cfr. H. F. Ketchum, R. B. J. Benson, Global interrelationships of Plesiosauria (Reptilia, Sauropterygia) and the pivotal role of taxon sampling in determining the outcome of phylogenetic analyses, “Biological Reviews of the Cambridge Philosophical Society” 85 (2), 2010, pp. 361–392], al quale sono stati attribuiti i resti rinvenuti in rocce sedimentarie comprese tra il Cretaceo inferiore ed il Cretaceo superiore. I plesiosauridi comprendevano diverse specie di plesiosauri,  caratterizzate da crani allungati su colli di dimensioni molto più ridotte rispetto ai tipici plesiosauri. Di essi sono stati raccolti dei  resti fossili, rari, frammentari e molto incompleti, comprenti soprattutto denti acuminati di forma conica e finemente striati, nonché parti scheletriche del cranio e delle vertebre, rintracciati in diverse nazioni dell’Europa, soprattutto nei depositi del calcare biogenico biancastro (chalk o craie), da cui deriva il nome del periodo Cretaceo, esposti nelle famose e spettacolari bianche scogliere di Dover e di Calais, su entrambe le sponde della Manica, inglesi e francesi. Altre tipologie di depositi cretacei (Albiano superiore- Cenomaniano medio) sono caratterizzate dai cosiddetti bonebed-like, concentrazioni di parti ossee fosfatizzate, con resti di ittiosauri di grandi dimensioni del genere Platypterygius, associati a quelli del pliosauride Polyptychodon, che probabilmente concorrevano nel medesimo ambiente formando per l’appunto una simpatria ecologica stabile a lungo termine negli ecosistemi marini del settore europeo dell’emisfero boreale (cfr.  N. Bardet, V. Fischer, M. Machalski, Large predatory marine reptiles from the Albian–Cenomanian of Annopol, Poland, “Geological Magazine”, 153, 1, 2016, pp. 1-16).

Rinvenimenti attribuiti al Polyptychodon sono noti principalmente in Belgio (cfr. N. Bardet, P. Godefroit, Plesiosaurus houzeaui Dollo, 1909 from the Upper Campanian of Ciply (Belgium) and a review of the Upper Cretaceous plesiosaurs from Europe. “Bulletin de l’Institut Royal des Sciences naturelles de Belgique”, Sciences de la Terre, 65, pp. 179-186, Bruxelles 1995); Repubblica Ceca (cfr. ad es., B.P. Kear, B. Ekrt, J. Prokop, G.L. Georgalis, Turonian marine amniotes from the Bohemian Cretaceous Basin, Czech Republic, “Geological Magazine”, 2014, 151(1), pp. 183–198), Francia [cfr. ad es., E. Buffetaut, C. Colleté, B. Dubus, J-L. Petit, The “sauropod” from the Albian of Mesnil-Saint-Père (Aube, France): a pliosaur, not a dinosaur, “Association Géologique Auboise”, Bulletin Annuel, Sainte-Savine, 26 (3-8), 2005], Germania (cfr., ad es., S. Sachs, M. Wilmsen, J. Knüppe, J.J. Hornung, B. P. Kear, Cenomanian–Turonian marine amniote remains from the Saxonian Cretaceous Basin of Germany, “Geological Magazine”, 2016, doi: 10.1017/S0016756815001004), Inghilterra [cfr., ad es., A. C. Milner,  Reptiles, in: A. B. Smith (ed.), Fossils of the Chalk, “The Paleontological Association”,  London 1987, pp. 266-280), Polonia (cfr., ad es., N. Bardet, V. Fischer, M. Machalski, Large predatory marine reptiles…cit.), Russia (cfr., ad es., V. Fischer, N. Bardet, R.B.J. Benson,  M. S. Arkhangelsky, M. Friedman, Extinction of fish-shaped marine reptiles associated with reduced evolutionary rates and global environmental volatility,Nature Communications”. 2016, 7, 10825, doi: 10.1038/ncomms10825), Ucraina (cfr. ad es., U. Schloenbach, Polyptychodon Owen von Dniester-Ufer bei Onuth in der Bukowina, “Jahrbuch der Kaiserlich Königlichen Geologischen Reichsandstalt”. 1868, 18, pp. 462–465).

Resti fossili attribuiti al Polyptychodon provengono anche dal Nordamerica (U.S.A.), in particolare dalle argilliti dell’Eagle Ford Shale (Turoniano) vicino a Dallas, in Texas e dalla Black Hills Region nel Sud Dakota [P. hudsoni, cfr. S. P. Welles,  B. H. Slaughter,  The first record of the plesiosaurian genus Polyptychodon (Pliosauridae) from the New World. “ Journal of Paleontology”, 37, pp. 131-133, Tulsa 1963; J.P, Von Loh, G. L. Jr. Bell, Fossil reptiles from the Late Cretaceous greenhorn formation (Late Cenomanian-Middle Turonian) of the Black Hills Region, South Dakota, “Dakoterra”, 1998, 5, pp. 29–38).

La storia della scoperta del Polyptychodon inizia nel quarto decennio della prima metà dell’Ottocento. Nel 1841, il paleontologo inglese Richard Owen (1804-1892) descrisse per la prima volta i resti fossili del rettile, costituiti da grandi denti conici, finemente striati, estratti dai livelli cretacei sia del Kent, sia del Sussex e, in riferimento al carattere dello smalto di quei denti, propose di chiamare Polyptychodon, istituendo il genere omonimo (cfr. R. Owen,  Odontography or, a Treatise on the Comparative Anatomy of the Teeth; their Physiological Relations, Mode of Development, and Microscopic Structure, in the Vertebrate Animals, Baillière, London 1840-1845, II, 1840, p. 19, tav. LXXII, ff. 3-4; 1841, tav. LXXII; M. J. Benton, P.S. Spencer, Fossil Reptiles of Great Britain, Springer Science & Business Media, 2012, 386 pp., in particolare, p. 265). Nel Kent i siti fossiliferi più rilevanti furono quelli ubicati nei dintorni dei villaggi di Charing, Cuxton, della città di Dover, mentre nello Hampshire quelli delle Hayling Island.

Inizialmente, in base allo studio dei pochi resti fossili dentari rinvenuti, Owen non fu in grado di precisare meglio la collocazione tassonomica del Polyptychodon, oscillando tra una forma fossile  afferente ai Crocodylia, ordine al quale appartengono gli odierni coccodrilli, oppure a quella del Plesiosaurus.

Altri resti di Polyptychon interruptus provennero da una storica cava di pietra nel Lower Chalk di Dorking (Surrey), fatta aprire per la sua attività dall’impresario edile inglese Thomas Cubitt (1788 – 1855) e proseguita dal figlio, il politico inglese George Cubitt (1828 – 1917) di Denbie (grande tenuta a nord-ovest della cittadina) poi divenuto primo Lord Ashcombe (avo di Camilla Rosemary Shand Parker Bowles). L’importante collezione paleontologica Cubitt si conserva oggi nel Dorking Museum & Heritage Centre (cfr. https://dorkingmuseum.org.uk). I resti fossili della collezione Cubitt, fornirono finalmente ad Owen le prove delle affinità plesiosauroidi del nuovo genere. Si trattava di resti del cranio (che esibiscono un grande forame parietale), frammenti delle mascelle e dei denti superiori e inferiori, del Polyptychodon interruptus. Ciò trovò ulteriore sostegno dalla scoperta di fossili all’interno della successione di arenarie verdastre dell’Upper Greensand (Albiano) vicino a Cambridge, poi conservati nel Woodwardian Museum dell’Università di Cambridge che, analogamente alla fauna proveniente dai livelli di Greensand vicino a Kursk (Russia), restituirono altri resti dentari di Polyptychodon, associati a vertebre, con porzioni di grandi arti, privi di cavità midollare, e di forma plesiosauroide (cfr. R. Owen, On some Remains of Polyptychodon from Dorking, in P. J. Selby, Ch. C. Babington, J. E. Gray, W. Francis, eds., “The Annals and Magazine Natural History including of a Zoology, Botany, and Geology”, V, 25, Taylor and Francis, London 1860, p. 68; H. G. Seeley, On an associated series of cervical and dorsal vertebras of Polyptychodon, from the Cambridge Upper Greensand, in the Woodwardian Museum of the University of Cambridge, “Quarterly Journal of the Geological Society of London”, 32, London 1876, pp. 433-436).

Nel 1851, Owen descrisse le due “specie” Polyptychodon interruptus (per denti in cui il rivestimento grinzoso terminava prima dell’apice) e Polyptychodon continuus (per denti in cui le “creste” continuavano fin quasi all’apice del dente). Quest’ultima fu istituita da Owen a seguito del rivenimento di un altro dente fossile da parte del noto proprietario di cava e naturalista, William Horatio Bensted (1802-1873) di Rock Hall, vicino a Maidstone, il 16 settembre 1834, in quello che è chiamato Trigonia-stratum di Shanklin Sand, nel Kentish Rag Quarries vicino a quella città, questo strato è un membro della Lower Greensand Formation. Inoltre, Henry Catt di Brighton aveva collezionato un altro esemplare dentario proveniente dal Chalk del Sussex, che Owen riferì al Polyptychodon continuus (cfr. R. Owen, A Monograph on the Fossil Reptilia of the Cretaceous Formations, Palaeontographical Society, 5 voll., London 1851-1864, I, 1851, pp. 46-47).

Più di un secolo dopo le pionieristiche ricerche di Owen, i resti fossili del Polyptychodon vennero finalmente sottoposti ad una prima revisione sistematica, da Samuel “Sam” P. Welles (1909–1997) e Robert “Bob” Hayden Slaughter (1928–1998), paleontologi statunitensi [cfr. S.P. Welles, B. H. Slaughter,  The first record of the plesiosaurian genus Polyptychodon (Pliosauridae) from the New World, “Journal of Paleontology”, 37 (1), 1963, pp. 131-133], i quali, giustamente, giunsero alla conclusione che i denti studiati da Owen, erano da considerare privi di valore diagnostico, mentre un cranio parziale descritto nel 1861, secondo loro era meritevole di essere considerato l’esemplare tipo del “genere”. Nello stesso studio, i due ricercatori istituirono un’altra “specie” di Polyptychodon proveniente dal Texas (P. hudsoni), più piccola di quella europea e sprovvista della “cresta” per l’inserzione dei muscoli delle mascelle. Altri resti di Polyptychodon, in precedenza attribuiti a vertebre di dinosauro sauropode, provengono dalla Francia e appartengono a un animale che secondo gli studiosi, in proporzione, doveva esibire una lunghezza di c. 7 m (cfr. E. Buffetaut, C. Colleté, B. Dubus, J-L. Petit, The “sauropod”…cit.].

Nel 1987, la paleontologa statunitense Judit “Judy” A. Massare (professore emerito di Geologia, Department of the Earth Sciencesm State University of New York) studiò dettagliatamente la morfologia dei resti dentari di rettili marini mesozoici, mettendola a confronto con quella degli attuali predatori, ricavando interessanti conclusioni relative alle tipologie di prede preferite da questi antichi animali (cfr. J. A. Massare,  Tooth morphology and prey preference of Mesozoic marine reptiles, “Journal of Vertebrate Paleontology”, 7, June 1987, pp. 121-137).

Nel 2016, il paleontologo ceco Daniel Madzia, ha giustamente messo in evidenza la notevole variabilità morfologica osservata nei denti attribuiti a Polyptychodon, insieme all’ampio range  stratigrafico del materiale ascritto, anche superiore a 35 milioni di anni (dall’inizio dell’Aptiano al Santoniano medio). Secondo Madzia, tutto ciò suggerisce che, in realtà, il taxon sia stato basato su un assemblaggio multispecie, forse comprendente membri di diversi taxa di plesiosauri. Inoltre, a causa dell’assenza di caratteri peculiari o combinazioni di caratteri unici nel materiale originale, la specie tipo Polyptychodon interruptus, è da considerare nomen dubium ed il materiale paleontologico, proveniente da diverse località dovrebbe essere riconsiderato in maniera separata [cfr. D. Madzia, A reappraisal of Polyptychodon (Plesiosauria) from the Cretaceous of England, “PeerJ”, 2016. 4:e1998 https://doi.org/10.7717/peerj.1998].

Relativamente alla penisola italiana, i rinvenimenti sinora attribuiti al Polyptychodon nemmeno si contano sulle dita di una mano, talmente sono rari.

Vogliamo rimarcare che la prima segnalazione italiana in assoluto rimonta al 1878, quando Saverio Ciofalo Geraci menzionò sia pure sotto forma di elencazione di fossili da lui determinati, la sua scoperta di resti dentari di Polyptychodon interruptus Owen, nel Cretaceo della Rocca del Castello di Termini Imerese (cfr. S. Ciofalo, Enumerazione dei Principali Fossili che si rinvengono nella serie delle rocce stratificate dei dintorni di Termini Imerese pel Prof. Saverio Ciofalo “Atti della Accademia Gioenia di scienze naturali in Catania”, d’ora in poi AAG, vol. XII, pp. 115-122, Catania 1878, in particolare, p. 117). In precendenza, nel 1869, il suo interesse, invece, si era rivolto verso la fauna cretacea presente nelle megabrecce di Castel Brucato, imglobate nelle Argille Varicolori Purtroppo, il Ciofalo non approfondì lo studio di alcuni importanti reperti fossili da lui scoperti nelle rocce cretacee del Castello di Termini, tra i quali dobbiamo certamente annoverare questi resti dentari di rettili marini, preferendo continuare le sue ricerche sulla fauna cretacea a molluschi (Cenomaniano in facies africana) presente nelle Argille Varicolori dei dintorni di Caltavuturo (cfr. S. Ciofalo, I fossili delCretaceo Medio di Caltavuturo -Lettera del Prof. S. Ciofalo al Prof. G. Seguenza, “Bollettino del Regio Comitato Geologico d’Italia”, d’ora in poi BRCGI, XVI, III, Roma 1885, pp. 18-21; Idem, Sul Cretaceo Medio di Caltavuturo, in “Bollettino delle Sedute della Accademia Gioenia di Scienze Naturali in Catania”, n. s., LXXXIII, Catania 1905, pp. 11-18).

Il Ciofalo non ci ha informato nemmeno relativamente alla collocazione stratigrafica del rinvenimento, all’interno di quelli che oggi sono interpretati come depositi di scarpata sottomarina (dominio Imerese) del Cretaceo superiore della Rocca del Castello di Termini Imerese, ampiamente esposti nella porzione settentrionale della sezione naturale, nel sito delle cave del porto, presso il tunnel ferroviario.

Lo studioso, tra l’altro, fu autore di un pionieristico, succinto, ma interessante studio (lettera datata Termini, 21 marzo 1878), sinora totalmente trascurato dagli studiosi e che noi abbiamo riscoperto, dove viene descritta la stratigrafia del territorio di Termini Imerese. Egli infatti, aveva cartografato una carta geologica, trasmessa all’ingegnere di seconda classe Pietro Zezi al quale era indirizzata la missiva, fornendo una prima descrizione della successione delle rocce sedimentarie affioranti.

Vogliamo ricordare che Pietro Zezi (Cremona, 3 Dicembre 1844 – 29 dicembre 1914), dopo aver perfezionato gli studi presso la prestigiosa École Royale des Mines di Parigi, sin dal 1869 aveva iniziato la sua carriera di funzionario, divenendo ingegnere capo dell’Ufficio Geologico e Regio Corpo delle Miniere, segretario del Comitato Geologico d’Italia, nonché docente incaricato di Geologia Pratica alla Scuola d’Applicazione degli Ingegneri di Roma (cfr. V. Novarese, Pietro Zezi. Cenni biografici e pubblicazioni, BRCGI, vol. XLV, 1915, pp. 1-6; P. Corsi, Much Ado About Nothing: The Italian Geological Survey, 1861-2006, “Earth sciences history: journal of the History of the Earth Sciences Society” 26(1), 2007, DOI: 10.17704/eshi.26.1.kq2w1707l43w151x).

In tale missiva al Zezi, il Ciofalo, relativamente al Cretaceo della Rocca del Castello di Termini, ebbe a scrivere correttamente: «Il cretaceo è rappresentato da un calcare grigio compatto; da un calcare quasi brecciforme con fossili, e superiormente poi da un calcare grigio-chiaro più o meno compatto e friabile, qualche volta con abbondanti rudiste, come nella roccia del Castello» (cfr. S. Ciofalo, Poche parole sui terreni dei dintorni di Termini-Imerese. Lettera del prof. S. Ciofalo all’ing. P. Zezi, BRCGI, vol. IX, N. 3 e 4, Marzo e Aprile 1878, VII, Barbera, Roma 1878, pp. 114-116).

Alla luce di ciò, personalmente, siamo propensi a ritenere che questi resti fossero inglobati nelle rocce sommitali della locale successione imerese, costituiti, per l’appunto, da calcari e calcari marnosi, a grana molto fine, biancastri, in livelli ben stratificati,  con alternanze marnose, da grigio chiare sino a verdognole, tipici di un ambiente marino pelagico, contenenti una microfauna a foraminiferi planctonici del Cretaceo sommitale (Campaniano superiore-Maastrichtiano).  Da notare la presenza di intercalazioni di orizzonti calcarei detritici, più o meno grossolani, risedimentati ed addizionati nei depositi precedenti, con elementi  clastici provenienti sia da un ambiente di mare basso di piattaforma carbonatica (con fauna bentonica a guscio calcareo, più che altro costituita da lamellibranchi rudistidi, prevalentemente Radiolitidi, gasteropodi nerineidi ed acteonellidi, foraminiferi bentonici quali Orbitoididi etc.), sia dalla stessa scarpata sottomarina (come attesta la presenza di frammenti di rocce silicee nerastre tipiche dei livelli giurassici della sezione naturale termitana). Sin dal 1873, l’estensione originaria dell’affioramento di tali calcari andò rapidamente decrescendo a causa dei grandi lavori di estrazione di materiali lapidei dalle cave ubicate ai piedi della Rocca. I materiali cavati erano destinati soprattutto alla costruzione, con la tecnica della gettata di massi, della diga foranea o molo di sopraflutto dell’erigendo porto (cfr. P. Bova, A. Contino, Termini Imerese, dal XII al XVI secolo il promontorio scomparso di ‘Muso di Lupa’ e la tonnara, “Esperonews Giornale Termini Cefalù Madonie”, Domenica, 12 Gennaio 2020, in questa testata giornalistica on-line).

I livelli sommitali furono oggetto di studio, da parte del già citato Giovanni Di Stefano quando già le cave avevano ormai irrimediabilmente distrutto estese porzioni dell’affioramento roccioso prospiciente sul mare [cfr. G. Di Stefano, I calcari cretacei con Orbitoidi dei dintorni di Termini Imerese e di Bagheria (Palermo), in “Giornale di scienze naturali ed economiche”, XXVII, 1907, pp. 3-11].

Quali furono poi le vicissitudini dell’importantissimo reperto fossile, successive al rinvenimento da parte di Saverio Ciofalo, allo stato attuale delle ricerche, non ci è dato sapere e non è noto se possa essere presente nella collezione dello studioso conservata nel museo civico termitano. Quest’ultima, costituita da reperti fossili, minerali, rocce e collezioni malacologiche (alquanto danneggiate), attende ancora di essere riscoperta, catalogata e valorizzata (cfr. C. Di Patti, V. Calandra, Il censimento del patrimonio paleontologico siciliano, “Il Naturalista siciliano”, S. IV, XXVIII, 2, 2004, pp. 895-917, nello specifico, pp. 907-908).

Del resto, il rinvenimento tardo ottocentesco del Ciofalo è poi caduto nell’oblio. Una relativamente recente citazione, molto fugace, è legata ad una segnalazione bibliografica, gentilmente fornita dagli scriventi gli autori, i quali, curiosamente, nemmeno ci hanno citato nei ringraziamenti (cfr. V. Garilli, N. Klein, E. Buffetaut, P. M. Sander, F. Pollina, L. Galletti, A. Cillari, D. Guzzetta, First dinosaur bone from Sicily identified by histology andits palaeobiogeographical implications, “Neues Jahrbuch für Geologie und Paläontologie”, 252/2, pp. 207–216, Stuttgart 2009, DOI:10.1127/0077-7749/2009/0252-0207 0077-7749/09/0252-0207).

Poco più di un decennio dopo la scoperta di Ciofalo, il paleontologo ligure Giovanni Capellini  (La Spezia, 23 Agosto 1833 – Bologna 22 Maggio 1922) pubblicò l’importantissimo rinvenimento di resti di ittiosauro Platypterygius nelle Argille Varicolori dell’Emilia, che quindi erano in grado di restituire una fauna di rettili marini mesozoici, come del resto hanno confermato le successive scoperte (cfr. G. Capellini, Ichthyosaurus campylodon e tronchi di cicadee nelle argille scagliose dell’Emilia, “Memorie della Reale Accademia delle Scienze dell’Istituto di Bologna”, vol. 10, Gamberini e Parmeggiani, Bologna 1890, pp. 431-450; A. Sirotti, C. A. Papazzoni, On the Cretaceous ichthyosaur remains from the Northern Apennines (Italy), “Bollettino della Società  Paleontologica Italiana”, 41, 2002, pp. 237-48).

Un secolo dopo, nel 1993, Silvio Claudio Renesto ha segnalato il rinvenimento (effettuato dallo studente G. Bianchini), nei dintorni di Zavattarello (Pavia), di resti fossili di un indeterminato omero di un pliosauride, anch’esso inglobato nei depositi delle Argille Varicolori, datate al Cretaceo superiore (Santoniano-Campaniano) [cfr. S. Renesto, A Cretaceous plesiosaur remain (Reptilia, Sauropterygia) from the Argille Varicolori of Varzi (Pavia, Lombardy, Northern Italy). “Rivista Italiana di Paleontologia e Stratigrafia”, d’ora in poi RIPS, 99 (1), pp. 101-106, Milano 1993). Questo rinvenimento viene considerato erroneamente il primo rinvenimento di pliosauride in Italia (cfr. https://dipbsf.uninsubria.it/paleo/pliosauridae.htm).

Cesare Andrea Papazzoni (ricercatore presso il Dipartimento del Museo di Paleobiologia e dell’Orto Botanico, Università, di Modena) ha studiato i resti di un dente fossile di rettile marino, che egli attribuisce proprio al Polyptychodon interruptus (Owen, 1841), che provengono dalle Argille Varicolori del Cenomaniano-Campaniano inferiore, affioranti nei pressi di Castelvecchio di Prignano in provincia di Modena.  Contrariamente a quanto sostenuto da Papazzoni, la sua interessantissima indagine paleontologica non costituisce la «prima scoperta di un dente pliosauride cretaceo in Italia» come egli vorrebbe, mentre certamente rappresenta la prima descrizione tassonomica dettagliata, edita nella nostra nazione, di resti di Polyptychodon. Invece, concordiamo decisamente con Papazzoni sul fatto che sinora «la presenza di resti di rettili marini» nella catena appennica italiana possa «essere stata sottovalutata». [cfr. C. A. Papazzoni, A pliosaurid tooth from the Argille Varicolori Formation near Castelvecchio di Prignano (Modena Province, northern Italy), RIPS, 109(3), 2003, pp. 563-565, DOI: 10.13130/2039-4942/5524; Idem, Rettili marini ed altri fossili insoliti dell’Appennino settentrionale, “Società Reggiana di Scienze Naturali – Notiziario”, 2007; V. Fischer, New data on the ichthyosaur Platypterygius hercynicus and its implications for the validity of the genus, “Acta Palaeontologica Polonica”, 57 (1), 2012, pp. 123–134].

Polyptychodon interruptus, nonostante sia stato in passato ampiamente riconosciuto dai paleontologi dell’Ottocento e del Novecento, è da considerare a tutti gli effetti un taxon dubbio che però continua ad avere un notevole valore dal punto di vista della storia della paleontologia. A tal riguardo, il rinvenimento negli anni 70’ dell’Ottocento di un esemplare di dente fossile, appartenente al rettile marino cretaceo Polyptychodon a Termini Imerese, prima località in assoluto in Italia, grazie alle pionieristiche ricerche di Saverio Ciofalo Geraci, andava doverosamente sottolineato. Auspichiamo che, nelle more di una ormai improcrastinabile futura revisione scientifica, estremamente capillare di Polyptychodon e dei relativi siti di affioramento ancora superstiti, si tenga in debito conto l’interessantissimo rinvenimento termitano che meriterebbe sicuramente ulteriori approfondimenti e ricerche.

Patrizia Bova e Antonio Contino

Ringraziamenti: vogliamo palesare la nostra più sincera gratitudine, per l’essenziale supporto logistico nelle nostre ricerche e per la consueta disponibilità, rispettivamente, ai direttori ed al personale dell’Archivio di Stato di Palermo e della Biblioteca comunale Liciniana di Termini Imerese. Un ringraziamento particolare va a: don Francesco Anfuso e don Antonio Todaro per averci permesso di effettuare basilari ricerche presso l’Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese; Domenico (Mimmo) Di Novo per il fattivo ausilio nelle indagini presso l’Archivio anagrafico del Comune di Termini Imerese.

Vogliamo dedicare questo articolo alla memoria dei compianti coniugi Manfredi Ciofalo ed Ina Todaro.