La famiglia Miroldo fiorì tra il Trecento ed il Seicento a Polizzi Generosa, sulle Madonie, diramandosi non solo nella vicina Caltavuturo, ma principalmente a Termini Imerese,
allora centro frumentario di grande rilevanza socio-economica. In tali cittadine la casata fu ascritta al patriziato urbano, annoverando notai, magistrati civici (giurati), dottori in entrambi i diritti (utriusque juris doctor), prelati. Curiosamente, il casato dei Miroldo è del tutto assente nel nobiliario di Antonino Mango di Casalgerardo (cfr. A. Mango di Casalgerardo, Il nobiliario di Sicilia, 2 voll., I, A.-M., Alberto Reber, Palermo 1912).
Una fonte particolarmente importante per documentare la presenza nelle Madonie della casata dei Miroldo, è il manoscritto settecentesco di Giambattista e Francesco Caruso, Notizie varie appartenenti alla città di Polizzi, 2 tomi, della Biblioteca comunale “Leonardo Sciascia” di Palermo (d’ora in poi BCP), ai segni Qq F 45-46. Dal primo tomo ci piace ricordare alcuni documenti ivi trascritti ed il cui contenuto abbiamo sintetizzato per comodità del lettore.
Particolarmente importante per la nostra ricerca, è un rogito del giorno 11 Novembre Va Indizione 1501, nel quale si attesta che il nobile Tolomeo di Chiara (Tholomeus de Claris), h[abitator] Politij, presentò un trasunto pergamenaceo del 2 Novembre Va Indizione 1396, di un atto dato nella sua città di residenza, stilato alla presenza di Odino de Mulè, il quale era per autorità imperiale, notaio pubblico e giudice ordinario di tutta l’isola di Sicilia, nonché di Tommaso de Lencijs, giudice della Terra di Polizzi. In tale atto tardo-trecentesco, vengono ratificati i confini di un terreno di proprietà di Rainaldo de Testa, sito nel territorio di Caltavuturo, in contrata gibarium, secondo quanto aveva redatto il notar Bartolomeo de Miroldo di Caltavuturo, il 26 Gennaio IVa Indizione, in presenza di Giovanni de Tarbona, maestro razionale del conte Antonio Ventimiglia. Tra i testimoni appare anche un Andrea de Miroldo (cfr. G. B. e F. Caruso, Notizie varie appartenenti alla città di Polizzi, 2 tomi mss. BCP, I, ff. 538, in particolare, ff. 190r-191r).
La presenza dei Miroldo anche a Caltavuturo è documentata anche nel successivo sec. XV (cfr. R. M. Dentici Buccellato, La terra e il castello di Caltavuturo (sec. XV), in “Mediterraneo medievale. Scritti in onore di Francesco Giunta”, vol. 1-3, Centro di studi tardoantichi e medievali di Altomonte, Rubbettino, Soveria Mannelli (Catanzaro) 1989, pp. 187-212, in particolare, p. 194 e 212).
Il 12 Giugno IXa Indizione 1431, il nobile Ruggero de Salamone, habitator Politij, vendette a Leonardo de Fasana (Faxana), habitator terre Calatabuturij, i seguenti beni: un fondaco nella cittadina, un mulino sito nella fiumara dei mulini (flomaria molendinorum, oggi contrada Mulini), ed un tenimento di terre chiamato la Fihera (oggi monte, contrada e torrente Fichera), per il prezzo complessivo di onze 100, rispettivamente 40 per il primo, 20 per il secondo, e 40 per il terzo. Tra i firmatari al rogito, troviamo un Antonio de Miroldo (cfr. G. B. e F. Caruso, Notizie varie…cit., BCP, I, 248r-248v).
Il 18 Marzo XVa Indizione 1436 (1437), ancora il detto Antonio de Miroldo è presente come teste ad un atto di notar Federico Perdicaro, dove si attesta l’elezione della badessa del monastero di S. Margherita di Polizzi, nella persona di suor Beatrice (cfr. G. B. e F. Caruso, Notizie varie…cit., BCP, I, f. 223r, cfr. ancora S. Giambruno, Il tabulario del monastero di S. Margherita di Polizzi, in “Documenti per servire alla Storia di Sicilia”, s. I, vol. XX, Tip. Boccone del Povero, Palermo 1909, p. 371).
Altre indicazioni documentarie relative al detto Antonio de Miroldo sono presenti ancora nelle pergamene del tabulario di S. Margherita di Polizzi, che si conservano presso l’Archivio di Stato di Palermo; tra esse ci piace ricordare quella che attesta come egli fu giudice annuale di Polizzi Generosa (Iudex annualis terre Policii). Si tratta di un transunto, ad istanza del monastero di Santa Margherita di Polizzi, di un mandato della Regia Gran Corte diretto agli ufficiali locali, col quale si ordina di mantenere detto monastero nel pacifico possesso di un terreno chiamato la Mandra dei Cervi che secondo un giudicato, faceva parte del feudo di Santa Maria de la Latina, di proprietà del monastero (cfr. S. Giambruno, Il tabulario…cit., 24 Maggio XIVa Indizione 1436, p. 367, pergamena n. 113).
Un Francesco Miroldo fu pubblico notaio a Polizzi Generosa nel 1462, ma degli atti di quest’ultimo non c’è oggi traccia alcuna nella documentazione esistente presso la sezione di Termini Imerese dell’Archivio di Stato di Palermo. La sua attività di notaio è attestata da Francesco Maria Emanuele e Gaetani (Palermo, 12 marzo 1720 – Palermo, 6 febbraio 1802), marchese di Villabianca, nella sua opera sulle famiglie nobili siciliane (cfr. F. M. Emanuele e Gaetani, Della Sicilia Nobile, Bentivenga, Palermo MDCCLIV-MDCCLXXV, 6 voll., VI, tomo I, Appendice alla Sicilia nobile, Palermo MDCCLXXV, pp. XX+564, in particolare, p. 505).
Occorre sottolineare che nell’inventario dei notai defunti del distretto di Termini Imerese, conservati presso la sezione locale dell’Archivio di Stato di Palermo, si è incorsi in una notevole confusione attributiva tra i notai di Polizzi Generosa e quelli di Termini Imerese. Il notaio Gaspare Minardo di Polizzi (doc. 1453-1455) non solo è erroneamente censito con il cognome Miraldo, ma è scorrettamente attribuito a Termini Imerese. Lo stesso vale per Andrea Miroldo (documentato dal 1470 al 1473) che fu pubblico notaio di Polizzi, ancora attribuito erroneamente a Termini Imerese ed inventariato col cognome Miraldo. Purtroppo Pietro Burgarella, si è fidato della catalogazione già esistente che, come abbiamo potuto constatare de visu, manca della scrupolosità necessaria [cfr. P. Burgarella, L’archivio degli antichi notai del distretto di Termini Imerese, in “Rassegna degli Archivi di Stato”, 36 (1976), pp. 9-36].
Agli inizi del Cinquecento, è attestato un Leonardo Miroldo di Polizzi che, il 17 Aprile IX Indizione 1508, si addottorò nell’ateneo catanese in jure civili (cfr. S. Di Lorenzo, Laureati e baccellieri dell’Università di Catania. Il Fondo «Tutt’Atti» dell’Archivio storico diocesano (1449-1571), introduzione di Adolfo Longhitano, Giunti, Firenze 2005, 168 pp., in particolare, p. 40, n. 38).
Nel Revelo delli persuni, fochi et facultati di netto della Citati di Polici, fatto e notato per lo Mag[nifi]co Ioanni Ramundetta, allora conservato in originale nell’ufficio della Magna Regia Curia di Palermo, addì 14 Dicembre VIIa Indizione 1549, appare il facoltoso M[isseri?] Vincenzo Miroldo che dichiara di avere un introito netto di ben onze 237. [tarì] 7. (cfr. G. B. e F. Caruso, Notizie varie…cit., BCP, I, f. 375v-377r, in particolare, f. 376v).
Nella miscellanea manoscritta, opera del sac. Giuseppe Di Fiore alias Malatacca, Diario sacro di Polizzi. Nobiliario polizzano. Iscrizioni di Polizzi. Introiti e proventi della segreteria di Polizzi. Armi ed elogi di alcune famiglie di Polizzi, che si conserva in BCP, ai segni Qq C 84, è inserito (ff. 44v-78v) il Nobiliario Polizzano / Manuscritto Antico / Di / Un Autore che vivea nel ultimi Anni / Del / Secolo Decimo Sesto Ritrovato in / Un buco della Torre del Luogho / Di / Donna Laura, e donato / Dal / Sig[no]r Vicario D[on] Giacinto Signorino. Questo manoscritto di anonimo, che riporta gli stemmi e le notizie storiche delle famiglie patrizie della cittadina madonita, risale presumibilmente alla fine del Cinquecento e si tramanda sia stato rinvenuto dal sac. Giacinto Signorino di Polizzi, nel luogo detto di Donna Laura o Donna Lavia, nella contrada Mulini, essendo stato nascosto, non sappiamo per quale motivo, in una fenditura alla base dell’antica torre medievale ivi esistente.
In tale manoscritto, al foglio 77r, è riportata la voce relativa ai Miroldo e leggesi testualmente che: «honorati gentili homini sono stati / q[ue]lli delafamiglia [sic] Miroldo in questa / Città ché fà [sic] p[er] arme / una fascia gialla in ca[m]po azurro [sic] co[n] / cinque stelle sopra e sotto un huomo / che co[n] una mazza mostra voler accidere [sic] / un dragone è stata ella ornata di / dottori et altri gentili homini hono/rati et ha havuto sei giurati / fran[ces]co, nicolo [sic], Gianfilippo, Ant[oni]o / eliseo, vicenzo».
A Termini Imerese, la famiglia Miroldo era inserita al n. 61 della Mastra de’ Nobili, cioè catalogo delle casate nobiliari della cittadina che potevano concorrere alle cariche pubbliche, amministrative e giuridiche, che lo storico termitano Vincenzo Solìto, riportava nella sua opera Termini Himerese Città della Sicilia posta in teatro etc. (tomo II, Bisagni, Messina 1671, pp. 154-157).
Nella cittadina imerese, la casata è documentata sin dalla prima metà del Cinquecento. In tale torno di tempo, il Magnifico Francesco de Miroldo senior ebbe come figli Simone (già m. nel 1569) ed Andrea (già morto nel 1593). Il Magnifico Simone de Miroldo, a sua volta, ebbe Francesco junior.
All’interno del più antico registro di battesimi (1542-48), conservato presso l’Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese (d’ora in poi AME), abbiamo scoperto due atti che attestano la presenza di esponenti della casata nobiliare dei Miroldo che appare fregiata con il prestigioso titolo di Magnifico.
Il 4 Luglio XVa Indizione 1542, il sac. Gerolamo Macali battezzò la figlia del Magnifico Andrea Miroldo, della quale è omesso il nome (cfr. AME, vol. 1, 1542-48, f. 7r n. 2, appendice documentaria, doc. n. 1).
Il 17 Aprile IVa Indizione 1546, il sac. Antonino Vianisi battezzò il figlio di Francesco Miroldo e gli impose lo stesso nome del padre, alla presenza di Pompeo di Vita e Francesco di Anfuso e della madrina Domenica La Grigola (cfr. AME, vol. 1, 1542-48, f. 70v n. 3, cfr. appendice documentaria, doc. n. 2).
Il Magnifico Andrea Miroldo di Francesco, ante 1542, sposò Francischella Alliata (m. Termini il 17 Luglio VIIIa Indizione 1565, cfr. AME, Defunti, vol. 4, s. n., dove è indicata semplicemente come moglie di Andrea Miroldo, omettendo del tutto il nome proprio), figlia di Giacomo ed Aloisia, appartenente all’omonima casata di origine pisana. Dalla coppia nacquero Francesco e Paola Miroldo Alliata che, in data imprecisata, sposò Ottavio Sarzana ed essendo rimasta vedova convolò in seconde nozze con Giovanni Tommaso de Gregorio, il giorno ultimo di febbraio VII Indizione 1593 (cfr. AME, Sponsali, vol. 7, f. 41v-42r, appendice documentaria, doc. n. 3). Dal primo matrimonio nacquero Francesca Sarzana Miroldo (n. 26 Dicembre IIIa Indizione 1589, padrino il Signor Giuseppe Solito, officiò il reverendo sacerdote, dottore in sacra teologia, Don Pietro Tagliavia, Arciprete di Termini, cfr. AME, Battesimi, vol. 5, f. 81) e Giovanni Battista Sarzana Miroldo che fu giurato nel 1623, nel 1631 e nel 1635 (cfr. Atti dei Magnifici Giurati della Splendidissima e Fedele Città di Termini, d’ora in poi AMG, manoscritto della Biblioteca Comunale Liciniana di Termini Imerese, d’ora in poi BLT, 1630-31, f. 261).
Andrea de Miroldo di Francesco, civis thermarum nel suo testamento del 13 novembre XIIIa Indizione 1569 (copia in Atti della Comunia del Clero di Termini d’ora in poi ACCT, Mazzo I, ms. BLT, f. 1008). rammenta il suo erede principale il figlio Francesco ed il nipote ex fratre, il Magnifico Francesco, figlio del defunto Simone Miroldo.
Nell’anno indizionale 1576-77, il Magnifico Andrea de Miroldo fu Governatore della Cappella del SS. Sacramento, assieme al Magnifico Giacomo Pitozi e Mastro Gerardo Crixiuni (Crescione).
Don Simone de Miroldo ebbe una casa grande nel quartiere di S. Giacomo, composta di sala con dispensa di sotto, camera e supracamera, cucina con corpo di sotto e casaleno nella parte inferiore dove sono tribus pedibus di fico, posta in frontespizio alla chiesa di S. Giacomo, confinante con la casa di Filippo Madonia e con quella degli eredi del fu Gerardo de Chirico, nonché con un altro casaleno di Mastro Pietro Calabrò e la casa di una certa suor Caterina (cfr. ACCT, Mazzo I…cit., ms. BLT, f. 799). La detta casa, ancora esistente, prospetta sulla Piazzetta Benincasa e sulla Via Chirumbolo.
Il Magnifico Giovanni Matteo Miroldo, documentato come notaio dal 1532 al 1578, risulta inserito nel ruolo del Mastro Notaro della corte giuratoria per l’anno 1558-59 (cfr. AMG, 1558-59. ms. BLT). Questi sposò la Magnifica Caterina Salamone Serio di Antonino Salamone ed Agatutia Serio. Nel 1556, risulta che egli aveva già il patronato su una cappella gentilizia posta nella chiesa del convento dei padri predicatori di S. Domenico, sotto il titolo di S. Vincenzo Ferrer (oggi destinata ad usi profani), confinante con quella che veniva concessa a Margherita, vedova di notar Giovanni Tommaso de Ocellis (cfr. ACCT, Mazzo I…cit., ms. BLT, f. 656, agli atti di notar Natale Pulcrino di Termini Imerese del 10 Dicembre XVa Indizione 1556, stipula tra Margherita vedova de Ocellis ed il priore del convento fra Paolo Guarino). Il precitato notar Giovanni Tommaso (documentato 1536-63), appartenne ad una casata nobiliare di origine lombarda detta Augello o Uccello o de Ochellis, o de Occello o de Vecellio (cfr. P. Bova, A. Contino, L’emigrazione dalla «Lombardia» a Termini Imerese dal XIV al XVII secolo, 6 Marzo 2019, “Esperonews”, on-line su questa testata giornalistica). Da notare che gli atti superstiti di detto notaio de Ocellis (1544-1548), conservati presso la sezione di Termini Imerese dell’Archivio di Stato di Palermo, risultano erroneamente inventariati fra quelli di Polizzi Generosa, mentre in realtà vanno riferiti a Termini Imerese.
Francesca de Miroldo Salamone, figlia di notar Giovanni Matteo de Miroldo e di Caterina Salamone, sposò il nobile notaio Matteo de Michele, previo contratto matrimoniale rogato agli atti di notar Simone Lo Monaco di Termini, il 18 Gennaio XIVa Indizione 1571. Francesca de Miroldo Salamone portò in dote al marito una casa in multibus corporibus, posta nel quartiere dei Barlaci e nella strada grande omonima (l’attuale Via Garibaldi), uno degli assi stradali più importanti della cittadina. Vincenza de Michele Miroldo, figlia di Matteo de Michele e di Francesca Miroldo Salamone sposò poi il nobile Lorenzo Lo Cascio e la casa predetta fu portata in dote a quest’ultimo, in base a quanto stabilito nel contratto matrimoniale stilato agli atti di notar Francesco Bertòlo del 9 Agosto XIa Indizione 1598. Infine, la detta abitazione passò a Vincenza Lo Cascio de Michele, figlia di Lorenzo Lo Cascio e di Vincenza de Michele.
Il nobile Francesco Miroldo, previo contratto matrimoniale in notar Francesco de Anna del 24 Gennaio IVa Indizione 1576, ratificato a Palermo agli atti di notar Gerolamo Laudicino del 23 e 27 marzo Va Indizione 1577, sposò la nobile Pietra Comitino figlia del Dottor Giacomo, oriundo da Palermo e cittadino di Termini per aver sposato la nobile termitana Lucrezia Stabile. Nicolò, Vincenzo e Lucrezia Miroldo Comitino, figli di Francesco Miroldo e Pietra Comitino, con testamento della madre in notar Giovanni Tommaso Bertòlo del 6 Gennaio IIIa Indizione 1605, ricevettero i diritti enfiteutici sui terreni in contrada S. Leonardo.
Nel Seicento, il nominativo di Lucrezia Miroldo Comitino appare inserito in Nomina delle Persone Facoltose et Nobili a poter far il cavallo dove è attestato che era in grado di pagare per la fornitura di un cavallo per la milizia urbana (cfr. AMG, 1659-60, ms. BLT, ff. 129-130).
In questo secolo troviamo altri personaggi della casata, alcuni dei quali, un po’ in tono minore. Gabriele Miroldo fu giudice ideota (illetterato) di Termini nel 1608-9 (cfr. AMG, 1608-9, ms. BLT) ed è presente nel ruolo del Mastro Notaro del 1610-11 (cfr. AMG, 1610-11, ms. BLT). Il nominativo del Dottor Francesco Miroldo, invece, è inserito nel ruolo del Giudice del Civile del 1620-21 (cfr. AMG, 1620-21, ms. BLT).
Il 23 Maggio XII Indizione 1629, troviamo menzionato un Gandolfo figlio di Filippo e Margarita Miroldo, che fu cresimato nella Maggior Chiesa di Termini Imerese, avendo come padrino un certo Vincenzo D’Amore (cfr. AME, Liber Confirmatorum, vol. 102).
Il 9 Gennaio I Indizione 1633, nella Maggior Chiesa di Termini, Maria Miroldo, sposò Domenico Gargotta, alla presenza dei testimoni Filippo Garifo e Mastro Francesco Maiorca (cfr. AME, Sponsali, vol. 23, 1622-1643, f. 47).
Il sac. Raniero Miroldo pagava un censo alla Cappella del SS. Sacramento della Maggior Chiesa di Termini, su delle case poste nel quartiere della porta di Girgenti come da rogito in notar Pietro Strambella del 27 Gennaio I Indizione 1633. Egli fece testamento agli atti di notar Gerolamo di Martino di Termini il 3 Marzo XI indizione 1643, disponendo tarì 3 di reddito per il diritto di sepoltura nella chiesa di S. Francesco d’Assisi e, in particolare, nella cappella nell’altare di S. Antonio di Padova cum uno albore p[er] insigna et arma (cfr. Atti di S. Francesco d’Assisi di Termini, ms. sec. XV-XVII, BLT, f. 283).
Ancora nell’ambito delle Madonie, nel Seicento è attestato un altro ramo della casata che fiorì a Castelbuono, dove Giovanni Miroldi fu pubblico notaio (doc. 1668-1693).
Concludendo, rimane di affrontare l’argomento relativo allo stemma della famiglia Miroldo delle Madonie e di Termini Imerese. Riprendiamo quanto già citato nel Nobiliario Polizzano di anonimo cinquecentesco (cfr. G. Di Fiore alias Malatacca, Diario sacro di Polizzi…cit. f. 77r), dove si legge che la casata predetta ebbe «p[er] arme / una fascia gialla in ca[m]po azurro [sic] co[n] / cinque stelle sopra e sotto un huomo / che co[n] una mazza mostra voler accidere [sic] / un dragone», e ciò trova riscontro nel disegno a seppia, anche se il «dragone», effigiato dall’anonimo, alato e caudato, esibisce un aspetto più da rapace che serpentino. Comunque sia, a nostro avviso si tratta della tipica iconografia greca e romana di Eracle/Ercole con i tipici attributi della clava e della pelle leonina, nell’atto di estirpare l’idra di Lerna, nell’Argolide, secondo quanto è noto dalla seconda fatica del semidio della mitologia greca (cfr. Esiodo, Teogonia. 313, e segg.; Pseudo-Apollodoro, Bibliotheca, II, 77-80; Diodoro Siculo, Biblioteca Storica, IV, 11. 5; Strabone, Geografia, 8. 6. 6; Ovidio, Metamorfosi, IX, 69-70; Virgilio, Eneide, VI, 803; Pausania, Descrizione della Grecia, II, 37. 4, III, 18. 10-16; Pseudo-Igino, Favole, 30). In araldica, come ebbe a scrivere Marco Antonio Ginanni (Ravenna, 27 Marzo 1690 – ivi, 1770), l’Idra rappresenta «un Capitano, che le ferite non teme, e nelle perdite ancora valoroso si dimostra» (cfr. M. A. Ginanni, L’arte del blasone dichiarata per alfabeto. Con le figure necessarie per la intelligenza de’ termini in molte tavole impresse in rame e tre indici, due delle voci in franzese, e latino, uno de’ nomi delle famiglie, comunità e società, di cui vi sono l’arme blasonate, Zerletti, Venezia MDLXVI, 392 pp., in particolare p. 98). Goffredo di Crollalanza (Fermo, 19 Febbraio 1855 – Bari, 17 Gennaio 1905) riferisce che, anche nell’araldica, Ercole non può che simboleggiare la forza (cfr. G. Crollalanza, Enciclopedia Araldico-Cavalleresca. Prontuario Nobiliare, Giornale Araldico, Pisa 1876-77, 636 pp., nello specifico, p. 280 e p. 339).
La nostra chiave di lettura araldica è ampiamente confermata dall’analisi autoptica di una testimonianza epigrafica anonima, datata 1596, per quanto ci risulta sinora inedita, apposta nella casa grande dei Miroldo a Termini Imerese, tuttora visibile. L’iscrizione latina fa esplicito riferimento alle insegne gentilizie (Arma) che, emblematicamente esibivano Ercole (Alciden, accusativo di Alcīdēs, ae, in quanto “ufficialmente”, figlio di Anfitrione e nipote di Alceo) e l’Idra (nell’iscrizione: Idra al posto del classico Hўdra) di Lerna (luogo dove era localizzato l’ingresso agli Inferi secondo i miti ellenici), dalle fattezze di dannoso (Pestĭfěr) serpente (Cŏlŭběr, bri). In generale, le iscrizioni sono state definite come «scritture d’apparato» (cfr. A. Petrucci, La scrittura. Ideologia e rappresentazione, Einaudi, Torino 1986) e, sul piano linguistico (soprattutto nella sintassi) e testuale, contengono dei messaggi, più o meno espliciti (talvolta criptici), rivolti a chi vi transiti dinnanzi e sia in grado di leggerli. Nel caso specifico, lo scopo del messaggio è quello di tramandare la memoria di una casata appartenente alle élites dei ceti dominanti. La nostra iscrizione, quindi, di natura esclusivamente celebrativa, è da annoverare sicuramente tra i tituli loquentes o ‘iscrizioni parlanti’, come attesta inequivocabilmente la presenza della caratteristica retorica propria di tale tipologia, quale il pronominale di prima persona: mihi, in accordo con quanto sottolineato da L. Agostiniani nella sua monografia edita negli anni 80’ del XX sec. (cfr. L. Agostiniani, Le ‘iscrizioni parlanti’ dell’Italia antica, Firenze, Olschki 1982, p. 21).
La fine dell’iscrizione presenta un riferimento alla Spagna (Hyberia, invece delle forme classiche, sia con aspirazione Hĭbērĭa che in assenza, Ĭbērĭa, ae). Allo stato attuale delle ricerche, non è emersa alcuna prova di un legame della casata con la regione iberica, mentre è ben noto che Ercole, nella decima fatica, secondo il mito occidentale (cfr. C. Jourdain-Annequin, Héraclès en Occident. Mythe et histoire, in: “Dialogues d’histoire ancienne”, vol. 8, 1982. pp. 227-282), con le mandrie di buoi sottratte in Spagna a Gerione, giunse in Sicilia e, in particolare, nelle contrade imeresi (cfr., ad es., G. Benincasa, Sull’origine e sullo stemma di Termini Imerese città splendidissima della Sicilia. Dissertazione storico critica, Amato, Palermo 1779, VIII+62 pp., in particolare, pp. 31-33).
Riepilogando, l’insegna nobiliare dei Miroldo era la seguente: “d’azzurro alla fascia d’oro, accompagnata da cinque stelle dello stesso, in capo, ordinate in fascia, e in punta da Ercole con la spoglia del leone di Nemea come perizoma, nell’atto di colpire con una mazza l’idra di Lerna, entrambi al naturale”. A nostro avviso, si potrebbe trattare di uno stemma parlante, allusivo al significato etimologico del cognome Miroldo (variante Smiroldo), che si lega al serpente della famiglia dei colubridi [nome scientifico Hierophis viridiflavus (Lacépède, 1789)], per l’appunto, chiamato miròld, smiròld in alcuni settori del nord Italia (nel Milanese, nel Novarese, nel Lodigiano).
Da notare che il compianto Alberto Zamboni (1941-2010), professore ordinario di Glottologia nell’Università di Padova, tenendo conto della forma milòrd, sia pure dubbiosamente, ha ipotizzato che si tratti di un anglicismo [cfr. A. Zamboni, Gli anglicismi nei dialetti italiani, in “Elementi stranieri nei dialetti italiani”, Atti del XIV Convegno del Centro di studio per la dialettologia italiana, Ivrea 17-19 ottobre 1984, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Centro di studio per la dialettologia italiana, Pacini, Ospedaletto (Pisa) 1986-1988, 2 voll., I, pp. 79-125, in particolare, p. 115]. Noi dissentiamo perché, a nostro avviso, invece, la forma milòrd va interpretata come metatesi (trasposizione di fonemi) di miròld. Zamboni, però, nel riferire anche dell’esistenza delle forme smiròld e dell’accrescitivo smiraldòn, ebbe a scrivere «cioè smeraldo, che prob[abilmente]. è la chiave interpretativa del tutto». Lo studioso, quindi, pur giungendo ad intuire la soluzione, evidentemente non era a conoscenza degli scritti di Johann Gottlob Theaenus Schneider (Kollmen, Wurzen, 18 Gennaio 1750 – Breslau, 12 Gennaio 1822), filologo classico e naturalista tedesco (cfr. J. G. Schneider, Amphibiorum physiologiae specimen primum et specimen alterum, 2 voll.. Frommannum, Züllichoviae, Züllichau, 1797, II, p. 50), dove si afferma chiaramente che il nome dialettale Smiroldo del colubrum, diffuso nelle regioni nord italiane, deriva dal colore smeraldo della livrea (Nominat is praeter Colubrum natricem et viperam Italicam speciem novam in Italiae regionibus quibusdam Smiroldo a smaragdi colore).
Una famiglia nobile Miroldi di Abbiategrasso (oggi nella città metropolitana di Milano, in Lombardia) è ricordata da Giovanni Pietro Crescenzi, il quale sostiene addirittura un’origine scozzese del casato (cfr. G. P. Crescenzi, Corona della Nobiltà d’Italia overo Compendio delle Istorie delle Famiglie Illustri, parte seconda, Tebaldini, Bologna 1642, 756 pp., in particolare, p. 731). Infine, una via Miroldi esiste nel comune di Gera Lario nella provincia di Como.
Patrizia Bova e Antonio Contino
Ringraziamenti: vogliamo palesare la nostra più sincera gratitudine, per l’essenziale supporto logistico nelle nostre ricerche e per la consueta disponibilità, rispettivamente, ai direttori ed al personale dell’Archivio di Stato di Palermo sezione di Termini Imerese, della Biblioteca comunale Liciniana di Termini Imerese e della Biblioteca comunale “Leonardo Sciascia” di Palermo. Un ringraziamento particolare va a: don Francesco Anfuso e don Antonio Todaro per averci accordato di poter effettuare essenziali ricerche presso l’Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese.
Appendice documentaria
Documento n. 1
Atto di battesimo della figlia del Magnifico Andrea Miroldo, addì 4 Luglio XVa Indizione 1542, Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, f. 7r n. 2.
Die 4 Julii [XVa inditione] 1542 / p[re]sti Jeronimo macali b[attiau]. la f[glia] di / m[agni]f[ico] andria miroldo li c[ompari]. m[agni]f[ico] / calisto rosso et m[agni]f[ico] augustino / lapostolo la c[omare]. [Filippa] lanjelica.
Documento n. 2
Atto di battesimo di Francesco, figlio di Francesco Miroldo, addì 17 Aprile 1546, Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Battesimi, vol. 1, f. 70v n. 3.
Die 17 [Aprilis IVa Inditione 1546] p[re]sti ant[oni]no vianjsi b[attiau]. lu / f[igliu] di franc[isc]o mjroldo n[omin]e franc[isc]o / lj co[m]parj ponpeo [sic] dj vita et franc[isc]o / dj anfusu la co[m]marj [Domenica] lagrigola.
Documento n. 3
Atto di matrimonio tra Paola, figlia del fu Signor Andrea Miroldo, ed il Signor Tommaso De Gregorio, addì Domenica 28 febbraio VII Indizione 1593, Archivio Storico della Maggior Chiesa di Termini Imerese, fondo anagrafico, Sponsali, vol. 7, f. 41v-42r.
[ultimo di febbraio VII Indizione 1593] Il S[igno]r abbati di burgitabuso, ing[uaggiò] et spu[sò] la S[igno]ra paula figlia del q[uon]da[m] s[igno]r Andrea miroldo, con il S[igno]r thomasi di grigoli p[re]senti lo S[igno]r Vinc[enz]o Vallilonga e il S[igno]r Andrea Salvaturi [Salvador].
Documento n. 4
Iscrizione lapidaria incisa sull’architrave dell’ingresso nell’antica casa grande dei Miroldo.
miroldi sv(sopra la v, tratto abbreviativo a forma di omega)[n]t arma alciden imitatvr ut idra [sic] / ille interfecit hic pestifervm hic colubrvm / 1 s (=5 nella forma arrotondata) at mihi hyb(e)ria [sic] 9 6