Termini Imerese, la questione del porto: due modi diversi di intendere l’ambiente e la salute dei cittadini

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Forse non tutti i nostri amministratori hanno letto con la dovuta attenzione sia il documento sottoscritto il 15 giugno 2007 (accordo tra il Comune di Termini Imerese e l’autorità portuale di Palermo per la creazione di un dipolo portuale),

sia il recente documento di pianificazione strategica che l’autorità di sistema portuale ha trasmesso al nostro Comune (nel mese di settembre di quest’anno), che la giunta municipale ha accolto quasi con gioia, e che a breve dovrebbe essere discusso in Consiglio Comunale.
Le differenze sono a dir poco allarmanti, perché dimostrano quanto grande sia stato il calo di interesse dei nostri amministratori nei confronti della città e dei suoi abitanti.
Ebbene, il documento del 2007, dopo aver chiarito che “il piano regolatore del porto di Termini Imerese, approvato nel 2004, risponde pienamente alle necessità poste per la creazione del dipolo portuale Palermo-Termini Imerese, per cui sono confermate tutte le destinazioni previste nei vari ambiti” (si ricorda che una delle destinazioni è quella del porto turistico a nord, confinante con la banchina Veniero e la zona balneare, e con le aree destinate a parco termale, di fronte al Grand Hotel e al centro storico), pone alcune condizioni che l’autorità portuale accetta, dichiarando il suo impegno a farle rispettare.
Tra gli impegni assunti dall’autorità portualeci sono, testualmente, quelli di:
– evitare che l’attività commerciale, con riferimento alle merci scaricate, preveda un’attività di scarico e/o deposito di materiali inquinanti;
–  evitare che le aree demaniali direttamente adiacenti al centro storico urbano vengano destinate stabilmente a deposito di materiali e/o containers.
Si vede come l’amministrazione comunale del tempo, pur riconoscendo la necessità di uno sviluppo commerciale del nostro porto, e forse proprio per questo accettando l’accordo con l’autorità portuale di Palermo (ognuno poi è libero di pensare che esso sia stato giusto o sbagliato), tuttavia poneva dei paletti a salvaguardia dell’ambiente e della salute dei cittadini.
Analizziamo infatti il primo punto.
Si sa che oltre all’inquinamento acustico e a quello atmosferico prodotto dalle navi ferme in porto, il terzo temibile inquinamento è quello derivante dai materiali alla rinfusa che vengono scaricati sulle banchine, tra cui, per esempio, i pericolosissimi fertilizzanti. Ebbene, nel 2007 qualcuno si preoccupò di questo problema, chiedendo che l’attività commerciale del nostro porto non prevedesse lo scarico e il deposito di materiali inquinanti sulle nostre banchine.
Oggi c’è qualcuno che se ne preoccupa?
Nel documento di pianificazione strategica, al momento in discussione, si parla  quasi con entusiasmo di questa attività che si svolge nel porto di Termini Imerese e che sembra in crescita. “Lo scalo di Termini imerese” è detto “registra un particolare interesse per le merci rinfuse (grano, ciabattato, fertilizzanti), nonché per le merci varie, ed è anche utilizzato per l’imbarco di brecciolino proveniente dalle cave siciliane”.
In effetti molti Termitani possono testimoniare di aver visto più volte movimentare queste merci nel nostro porto, addirittura anche in giornate di vento.
E allora mi pongo qualche domanda.
Perché nessuno ha fatto rispettare l’accordo sottoscritto nel 2007 con l’autorità portuale, che si era impegnata a non scaricare e/o depositare materiali inquinanti sulle nostre banchine?
E che cosa succederà d’ora in poi, visto che il commercio di questi materiali nel nostro porto, e il suo incremento, sono una delle priorità previste dal documento dell’autorità di sistema portuale, oggi in discussione?
E c’è stato qualcuno, tra chi appoggia il progetto di Pasqualino Monti, che abbia speso una parola in merito a questa situazione?
C’è stato qualcuno che abbia proposto qualcosa nel tentativo, perlomeno, di limitare i danni?
Insomma, c’è stato qualcuno che si sia minimamente preoccupato di che cosa respirano, e respireranno, i Termitani?
In realtà l’unica preoccupazione sembra quella di concedere subito a Pasqualino Monti tutte le banchine disponibili, perché ne faccia quello che vuole, indiscriminatamente, comprese quelle, a nord, che secondo il piano regolatore ancora vigente, dovrebbero essere a servizio del porto turistico.
Ma vediamo il secondo punto.
Nell’accordo del 2007 si chiedeva di evitare che le aree demaniali direttamente adiacenti al centro storico venissero destinate stabilmente a depositi di materiali e/o containers. E anche questa richiesta veniva accettata dall’autorità portuale. Naturalmente il riferimento era soprattutto alla banchina di riva (per intenderci, quella che si trova proprio a ridosso del villaggio dei pescatori e della scuola del Torracchio), banchina che, tra l’altro, solo per metà era destinata al porto commerciale, mentre l’altra metà era asservita al porto turistico.
C’era dunque in quell’accordo un paletto ben preciso, frutto di una preoccupazione: quella di limitare il traffico commerciale proprio nella zona del porto che si trova a ridosso, oltre che delle case di abitazione, anche del Grand Hotel e del parco termale e, in definitiva, del centro storico della nostra città.
Oggi, tra i fautori del progetto di Pasqualino Monti, c’è qualcuno che se ne sia preoccupato? No!
Secondo questo progetto, non solo tutta la banchina di riva (anche quella del porto turistico), viene “regalata” all’autorità portuale perché vi svolga liberamente i suoi commerci, ma addirittura essa viene destinata all’attracco di una nave portacontainers, con la conseguenza che questa banchina verrà letteralmente sommersa da una enorme catasta di questi ingombranti e antiestetici scatoloni, in presenza di gru alte fino a 36 metri.
In compenso, però, a fianco di questo obbrobrio ci promettono… una stupenda passeggiata,“panoramica e salutare”!
Appunto, due modi diversi di intendere la salute e il benessere delle persone!
Giuseppe Catanzaro

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