Il Museo Civico di Castelbuono presenta l’installazione ambientale dal titolo “Custodire la vita”, concepito dall’artista canadese Kali Jones.
Il tema a cui si riferisce il progetto quest’anno è dedicato alla violenza contro le donne, di cui ancora troppe sono le vittime. Per rimarcare l’attenzione su un argomento così tragicamente attuale e per ribadire che tutte le forme di violenza contro le donne, frutto di povertà educativa e di atteggiamenti maschilisti, vanno contrastate e combattute, il Museo riafferma il valore educativo di tale battaglia di civiltà con un progetto artistico site-specific all’interno della corte del Castello dei Ventimiglia e con un intervento urbano a Castelbuono.
Il progetto di Kali Jones ha coinvolto cinque donne: Alessandra Carrubba, restauratrice; Giuppa Cassarà, medico e psicoterapeuta; Anna Maria Fazio, collaboratrice del Museo Civico; Stefania Sperandeo, educatrice professionale e arteteatroterapista; Rosalba Ciarfaglia, mamma di Davide e Alessia, moglie di Giuseppe, infermiera di anestesia all’ISMETT di Palermo. Il progetto di Kali Jones comprende cinque ritratti fotografici di queste donne in vari momenti del ciclo vitale. Donne che con la propria esistenza si prendono cura della vita, in ogni forma. Ogni donna è fotografata dall’alto, distesa su un lenzuolo appartenente alla nonna materna dell’artista. L’istallazione ambientale include anche l’intervento urbano pensato per la fontana di Piazza Margherita a Castelbuono: la superficie all’interno dello specchio d’acqua ritrae le mani delle donne partecipanti al progetto, con il rosso, colore vitale e filo conduttore del progetto artistico.
Così scrive Francesco Piazza, critico e curatore, nel testo di presentazione dell’opera: “Nel progetto pensato per Castelbuono, Kali Jones ha composto una lirica per immagini contro la brutalità di un tema difficile e triste come la violenza sulle donne, immaginando un itinerario visivo in cui ogni elemento è allo stesso tempo luogo psicologico e anima tangibile. Ha steso un lenzuolo appartenuto alla nonna materna trasformandolo in giaciglio accogliente per le 5 donne che ha fotografato. Donne scelte dall’artista perché dedicano il loro quotidiano alla cura degli altri e che esprimono questa tensione emotiva con impegno e determinazione in vari ambiti della società. Quel drappo bianco, ancora integro e resistente, è diventato il medium pacificatore per contrastare con il suo candore accecante la simbologia cruenta di questo tempo, rendendola più lieve. Il lenzuolo per Kali è la tappa conclusiva del cammino: è il rifugio ed è la cura. La fontana ottagonale nella Piazza del paese è l’inizio del percorso. Lì dentro possiamo specchiarci tutti: uomini e donne. Ognuno con il proprio peso di emozioni ed esperienze. Specchiarci è sempre una prova di coraggio, una presa di coscienza e, ad aiutarci e accoglierci in questa rivelazione, le mani di donne che custodiscono gesti simbolici, quasi delle mudra a coreografare una danza salvifica dedicata a chiunque vorrà svelarsi. É un cammino punteggiato da segmenti di vita legati insieme da un filo rosso che non è solo il colore della violenza, del femminicidio, delle parole odiose, dei gesti insulsi e terrorizzanti, del sangue versato ingiustamente e inutilmente; è anche il colore di una forza inarrestabile alimentata ininterrottamente dal cuore. È il colore di una vittoria e non di una resa. Così, attraversando il paese e avvicinandoci alla meta, memori di quei frammenti di vita di cui abbiamo avvertito la forza e ammirato le gesta, anche noi veniamo finalmente avvolti dal bianco del lenzuolo, dal respiro vitale dei ritratti di donne che riempiono una parte del cortile del Castello: luogo dell’abbraccio e della coralità. Le cinque donne, dentro il nuvolo rosso sangue che dolcemente le veste, sono le muse attraverso le quali l’artista intercetta il pensiero e il gesto della rinascita e della leggerezza che tutti noi auspichiamo, parte integrante del lascito che siamo moralmente obbligati a tramandare alle generazioni future. Un’eredità che attraverso l’arte riduce il suo peso specifico e che consente a tutti di leggere la società contemporanea attraverso occhi colmi di civiltà, rispetto e amore.” (Francesco Piazza, Dicembre 2021)
Kali Jones (nella foto) nasce in Canada nel 1970. La sua formazione artistica inizia in Francia con il pittore Paul Courtin che le insegna l’osservazione della materia, della vita e della palpitazione delle cose, e l’arte di dare forma a tali visioni, intuitivamente. Il suo lavoro interagisce e approfondisce forme fotografiche, disegni, collage, istallazioni video e performance art. Spesso collabora con artisti, musicisti e poeti nella realizzazione di opere distinte dalla trasformazione, la dinamica tra leggerezza e pesantezza, rapporti tra l’individuo e la collettività, il micro e macro della nostra esistenza. Vive e lavora a Palermo.