Piano idrico: Nuovo potabilizzatore a Cefalù e potenziamento delle capacità del Rosamarina a Cacccamo

0
281

Un piano da ben 80 milioni di euro per “adeguare alle prospettive di cambiamento climatico,

alle mutate condizioni dei territori negli ultimi quaranta anni e alle nuove necessità della nostra comunità” il Sistema Idrico Palermitano, con la costruzione di un nuovo potabilizzatore a Cefalù e una “rifunzionalizzazione” di quelli dello Jato a Partinico e di Risalaimi a Marineo.
E’ quello che l’ Amap ha presentato alla ARERA e alla Regione per l’inserimento nella programmazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza da trasmettere al Governo nazionale, ma che inspiegabilmente è stato trasmesso solo in parte a Roma e che rischia quindi di non essere pienamente efficace.
Per due progetti infatti, relativi al nuovo potabilizzatore “Presidiana” a Cefaù e all’ammodernamento dell’impianto “Cicala” di Partinico, il Governo nazionale ha già dato la propria approvazione e sta predisponendo i decreti di finanziamento, “mentre per il terzo – spiega l’Amministratore unico di Amap Alessandro Di Martino – sono ancora in corso le interlocuzioni con la parte politica e con i tecnici della Regione per capire quale sia la situazione. Quel che è certo è che tutti i progetti sono stati ritenuti validi sotto il profilo tecnico e amministrativo ed utili nel loro complesso per risolvere i problemi del nostro territorio”.
Proprio quello di Risalaimi è però il progetto più rilevante sia per il suo importo (vale da solo circa 31 milioni di Euro) sia perché andrebbe a migliorare la gestione del sistema di acquedotti e al potenziamento delle capacità di potabilizzazione delle acque che raggiungono Palermo gli invasi dello Scanzano, Rosamarina e Piana degli Albanesi, dai quali arriva oltre il 30% dell’intera disponibilità idrica della provincia.
Il nuovo progetto affronta anche il problema della presenza di alluminio nelle acque potabilizzate, che la scorsa estate ha creato notevoli disagi in città e inoltre permetterebbe di trattare le acque del fiume Eleuterio, oggi non utilizzate.
Il Piano presentato da Amap ha una sua valenza se affrontato nella propria interezza perché l’azienda ha immaginato “degli interventi infrastrutturali “strategici” per il rinnovo delle infrastrutture esistenti che hanno superato la vita tecnica, che assicuri la funzionalità per i prossimi 30 anni realizzabili con le risorse finanziarie che lo Stato ha stanziato per il settore e per realizzare interventi utili a rispondere a tutti gli scenari possibili anche di crisi.”
“I due progetti approvati – spiega ancora Di Martino – sono certamente molto importanti e andranno a risolvere alcuni problemi che si sono manifestati in questi mesi, rendendo l’intero sistema acquedottistico della provincia più sicuro e più pronto ad affrontare eventuali emergenze”.
In particolare, a Cefalù è prevista la realizzazione di un nuovo potabilizzatore nelle vicinanze della sorgente “Presidiana”, in prossimità della Rocca del paese. Questo nuovo impianto renderà potabile l’acqua della sorgente che oggi presenta alti tassi di salinità e ciò aumenterà la disponibilità idrica di almeno 500 litri al secondo, con un beneficio non solo nella città normanna ma in tutti i comuni della fascia costiera sud-orientale fino a Palermo. Il valore di questo progetto è stimato in circa 25 milioni di euro, di cui 21 destinati alla materiale realizzazione dei lavori che comprendono anche interventi di ammodernamento dei serbatoi e delle condotte, oltre che opere accessorie per la viabilità delle zone interessate.
Il secondo progetto che il Governo nazionale ha approvato ed intende finanziare riguarda invece il potabilizzatore Jato di Partinico ed ha anch’esso un valore di circa 25 milioni di euro. In questo caso, i tecnici dell’Amap sono partiti dalla considerazione del costante peggioramento della qualità dell’acqua invasata nella diga Poma e dal calo delle sorgenti accessorie che servono i comuni della costa nord-occidentale da Isola delle Femmine fino a Balestrate. Ad accrescere le necessità di intervento è anche il fatto che l’area servita dal potabilizzatore ha visto un enorme aumento delle necessità, per la sopravvenuta piena operatività dell’aeroporto, per gli insediamenti industriali di Carini e per la presenza turistica che nel periodo estivo porta ad un aumento di circa 90.000 persone da servire.
I tecnici sottolineano come i cambiamenti climatici sempre più spesso incidono in modo drastico sulla qualità dell’acqua, o determinandone una eccessiva torbidità che costringe al fermo degli impianti, come avvenuto nelle scorse settimane e come avviene ormai ogni anno dal 2018, o, di contro, in presenza di alte temperature determinando fenomeni di acidificazione e proliferazione di alghe che incidono enormemente sui processi di potabilizzazione.
“Occorre garantire – scrivono i professionisti che hanno redatto il progetto – che in qualsiasi condizione l’impianto non si fermi e continui a garantire un minimo di 400 litri di acqua potabile al secondo in uscita verso gli acquedotti.”
Le condizioni della diga, costruita alla fine degli anni ‘60 e con una previsione iniziale di uso potabile esiguo rispetto a quello irriguo, sono però oggi tali da richiedere un intervento di “rinnovo funzionale” del potabilizzatore ben più corposo di una semplice manutenzione.
Con il progetto approvato si mira quindi a realizzare “interventi tecnologici già prima del prelievo dell’acqua che permettano più fasi di separazione degli elementi indesiderati, per controllare l’apporto in ingresso e garantire la continuità del servizio”. Sul fronte dei processi di potabilizzazione veri e propri, i tecnici hanno proposto una serie di interventi per il potenziamento delle procedure, in grado di garantire di “annullare qualsiasi rischio fisico, chimico o microbiologico per il consumatore, adottando i sistemi più tecnologicamente avanzati”.
Ma questi due progetti approvati, come sottolinea Di Martino “pur positivi, rischiano di produrre un sistema che rimane monco perché non interviene sul punto più importante costituito dalla rete che unisce le dighe Rosamarina, Piana degli Albanesi e Scanzano a Palermo attraverso il potabilizzatore Risalaimi e che è la vera spina dorsale dell’intero sistema idrico palermitano, garantendo da solo oltre un terzo dell’acqua potabile per tutto il nostro territorio.”
“Parliamo di un sistema costruito in gran parte fra gli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso e poi integrato nel 2003 con il collegamento alla diga Rosamarina in territorio di Caccamo – ricorda Di Martino – e che in alcune sue parti non è mai stato oggetto di profonda ristrutturazione. Una situazione di vetustà strutturale aggravata dalle mutate condizioni ambientali e climatiche”.
Ricordando quanto avvenuto lo scorso anno, quando in estate a causa di un periodo prolungato di alte temperature costanti si è manifestata una alterazione delle qualità chimiche dell’acqua da trattare rendendo impossibile la potabilizzazione proprio a Risalaimi, Di Martino sottolinea “la necessità che la Regione ci permetta di completare questo Piano complessivo, trasmettendo a Roma per il finanziamento anche l’ultimo progetto che è fondamentale per il nostro capoluogo”.