Sui nuovi interventi in aree particolarmente delicate del Parco delle Madonie prospettata dalla ripresa dei lavori relativi allo schema idrico Blufi,
la Costituente per le Madonie e per l’Imera ha scritto al Presidente dell’Ente Parco con le valutazioni del sodalizio sui rischi di una modifica dell’attuale assetto idrogeologico del territorio.
Questo il testo del documento.
Le Madonie di nuovo sotto attacco
Si riparla del completamento dello schema idrico di Blufi, tristemente noto per essere stato una voragine di fondi pubblici che, invece di portare la nostra acqua a Caltanissetta e Agrigento, produsse negli anni ottanta e novanta solo devastazione ambientale e pesante manomissione del sistema idrogeologico delle Madonie.
Ricordiamo che, al fine di integrare l’insufficiente apporto idrico alla costruenda diga da parte delle acque del fiume Imera, anche in relazione alla mancata verifica geologica sulla permeabilità del suolo dell’invaso, fu realizzata una Galleria che avrebbe dovuto deviare le acque del torrente Pomieri, in contrada Canna, sul bacino meridionale, grazie a una traversa sul torrente, che non fu mai completata anche per l’opposizione di alcuni amministratori locali. Ma traversa e galleria un grave danno lo procurarono lo stesso, sconvolgendo l’assetto idrico dell’area e riducendo di due terzi la portata della sorgente Canna, fondamentale per l’approvvigionamento idrico dei comuni del versante nord est delle Madonie.
In realtà poiché la galleria Canne Taccarelle risultò essere drenante, riusciva in pratica a riversare nel bacino dell’Imera meridionale una modesta quantità di acqua, e tuttavia ha danneggiato l’approvvigionamento idrico di Castelbuono, Pollina e San Mauro Castelverde, depauperando la falda della sorgente Canna, anche se parte di quell’acqua si è riversata (risorgiva) sul torrente Vicaretto. In ogni caso dal punto di vista ambientale e idrogeologico si è creato un dissesto dei bacini, dei torrenti e delle stesse sorgenti del versante Nord-Est delle Madonie.
Un precedente tentativo, nel 1996/7 di riavviare i lavori a seguito di una concertazione tra diverse amministrazioni comunali madonite e l’impresa, con relativo piano di utilizzazione delle cave e opere per la riattivazione dell’utilizzazione delle acque del torrente Pomieri Canna, dall’Assessore regionale ai LL. PP. fu fermato, sentito il parere dell’Ente Parco e dell’Amministrazione del Comune di Castelbuono.
Un documento di alcuni mesi fa dell’Assessorato regionale dell’energia e dei servizi di pubblica utilità, a firma dell’Ing. Leonardo Geraci, rilancia il progetto, e prospetta tre soluzioni per porre termine all’annosa questione. Per quanto riguarda la diga, ricordiamo preliminarmente ancora che le opere realizzate causarono a Blufi la distruzione di uno dei siti più fertili e rinomati per l’orticoltura della zona, oltre che una pesante manomissione ambientale e paesaggistica, il tutto nonostante le proteste di cittadini, e, in parte, amministratori; per essa potrebbe essere previsto il completamento, per un costo, quantificato nel 2002, superiore ai 45 milioni di euro.
Ma tali previsioni vanno aggiornate, essendo mutate da allora ad oggi alcune condizioni, come il fabbisogno idrico, le cave di approvvigionamento, le variazioni dei volumi dovuti alle mutate condizioni climatiche ma anche agli apporti giudicati limitati da parte dello sbarramento Canna/Pomieri, e infine alle norme del Parco delle Madonie.
Nel documento si propone di riattivare le opere realizzate negli anni ottanta (la famigerata, inutile e devastante presa “Zamberletti”., ormai ridotto probabilmente ad un cumulo di macerie e di ruggine), e, tramite la galleria già realizzata, sversare le acque nel bacino dell’Imera meridionale, e quindi nella diga, e da qui, se non si interreranno prima, vista la natura del suolo, dovrebbero prendere la via di Caltanissetta.
Dal documento si apprende che, fatte le analisi costi-benefici, si potrà scegliere quindi tra tre possibilità:
- Completamento della diga Blufi come da progetto esecutivo 1987 e successive perizie approvate;
- 2. Completamento della diga Blufi apportando modifiche dimensionali e funzionali al progetto esecutivo 1987;
- “Opzione Zero”: rimessa in pristino, rinaturalizzazione e risanamento ambientale del sito La Costituente per le Madonie e per l’Imera, premettendo che esaminerà con attenzione le scelte tecniche che, a quel che si sa, sono imminenti, aggiunge che valuterà le conseguenze di carattere sociale, idrogeologico, ambientali ed economiche per i comuni interessati.
In particolare, per il comune di Blufi, andrà valutato quale sarebbe l’impatto effettivo nel caso vengano prescelte le ipotesi 1 e 2, e non la terza che, almeno a prima vista, oltre che un recupero ambientale e paesaggistico, potrebbe creare occasioni per il rilancio del settore agricolo.
Per il Comune di Petralia Sottana, e per il Parco delle Madonie, va valutato che, se venisse scelta la soluzione 1, quella del completamento dell’opera come prevista nel 1987, sarebbe perpetrata una ulteriore pesante e devastante manomissione del territorio in una delle zone più delicate dell’area protetta, che a questo punto, probabilmente, cesserebbe di avere ragione di esistere.
Per i Comuni di Castelbuono, Pollina e San Mauro Castelverde, va valutato che l’adozione della soluzione 1, comportando il definitivo sconvolgimento del sistema idrogeologico di Contrada Canne con la deviazione sull’Imera di una parte delle acque, oltre alla definitiva distruzione delle sorgenti di contrada Canna che forniscono i tre comuni, già gravemente compromesse dalla presa “Zamberletti” e dalla galleria “Taccarelle”, altererebbe gravemente l’equilibrio idrico e ambientale di un’area a valle di Canna e cioè quella del torrente Vicaretto – Cava, che rappresenta uno degli ecosistemi più delicati del territorio del Parco.
Ci opporremo in tutti i modi, cercando di coinvolgere le popolazioni interessate, l’Ente Parco delle Madonie e i comuni coinvolti, le associazioni ambientaliste, l’Università di Palermo, alla soluzione 1, per i motivi brevemente descritti, che ci riserviamo di approfondire in sedi più appropriate con l’ausilio di esperti.
Chiediamo comunque che vengano valutate attentamente le effettive portate idriche che scaturirebbero dalla realizzazione di queste opere, che difficilmente sarebbero sufficienti a giustificare elevatissimi costi economici, ambientali e sociali, essendo molto al di sotto delle esageratamente ottimistiche previsioni di 40 anni fa, anche alla luce della dubbia stabilità geologica dei suoli su cui insisterebbe la diga.
Chiediamo infine che, prima di ogni altro intervento, venga prodotto uno studio che verifichi la consistenza della perdita subita a causa della realizzazione della galleria Taccarelle da parte del versante nord delle Madonie, in modo che, sulla base dei risultati, possa essere realizzato il recupero delle acque drenate, e lo sversamento delle stesse nel bacino idrico del nord delle Madonie,