28 aprile giornata vittime dell’amianto: troppi manager accusati di omicidio colposo assolti “perché il fatto non sussiste”

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Alle lavoratrici e ai lavoratori vittime dell’amianto è dedicata, il 28 aprile di ogni anno, la giornata mondiale commemorativa.

Un’occasione per ricordare e riflettere ma anche per evidenziare, al di là dei drammatici dati statistici, i danni collaterali della catastrofe infinita. Emblematica la triste storia di un lavoratore siciliano.
Letterio Repici aveva 67 anni quando morì il primo ottobre 2016. Dal 1976 al 2006 aveva lavorato in un’azienda di laterizi siciliana, a Torregrotta, in provincia di Messina. Aveva svolto le mansioni di fuochista, di addetto alla formazione dei prodotti e infine di capo fabbrica. Nell’aprile del 2006 fu costretto a lasciare il lavoro e a combattere per dieci lunghi e dolorosi anni contro gli assalti feroci dell’asbestosi polmonare. Il dramma della morte fu preceduto nel 2015 dalla beffa del mancato riconoscimento, da parte dell’Inail di Milazzo, della malattia professionale per mancanza del nesso causale tra il rischio lavorativo, cui Repici era stato esposto, e la malattia denunciata. La vicenda di Letterio è stata ricostruita da Salvatore Nania sul sito del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio.
I numeri sul mancato riconoscimento delle malattie professionali sono inquietanti. Dal Rapporto Annuale Regionale presentato dall’Inail nel 2016 si apprende che nel 2015 le malattie professionali denunciate erano state 1.842, di queste solo 429 erano state riconosciute; a livello nazionale, le denunce erano state 58.917 ma le malattie professionali riconosciute soltanto 22.232. In Sicilia i casi di mancato riconoscimento erano stati 1.413, in Italia 36.685; tra questi disconoscimenti anche il caso di Letterio Repici. Ha scritto in proposito Vito Totire, Portavoce dell’Associazione Esposti Amianto, in un Report pubblicato nel 2020: “siamo impegnati in numerosi contenziosi contro l’Inail. Il più clamoroso a Palermo: in questo caso l’Inail non solo disconosce la causa professionale del mesotelioma ma nega ai familiari l’accesso agli atti sanitari e ispettivi. Nega non solo la discussione in collegiale ma nega persino di rispondere – ancorché negativamente – in maniera esplicita e formale alla suddetta istanza. La questione è ancora aperta ed è il sintomo di una politica istituzionale assolutamente disastrosa in materia di supporto sociale alle vittime dell’amianto. Oltre questo “caso limite” siamo impegnati in numerosi contenziosi – sempre contro l’Inail – in materia di patologie asbesto correlate e/o comunque professionali. Contenziosi anche per patologie tabellate, per esempio tumori polmonari da amianto: da Caltanissetta a Ragusa e a Bologna. Dunque i riconoscimenti sono “difficili” anche per patologie tabellate in lista I per le quali, a prescindere dalla presunzione legale della esposizione, non è stato sufficiente neppure che noi ci facessimo carico dell’onere della prova!”.
Alla faccenda del disconoscimento va aggiunta la questione del mancato riconoscimento in sede penale. I processi per le morti di lavoratori e lavoratrici provocate dall’esposizione all’amianto nei luoghi di lavoro, infatti, si concludono spesso con l’assoluzione dei manager, accusati di omicidio colposo, con la formula “perché il fatto non sussiste”. Sono così rimaste senza colpevoli le morti dei dieci operai dell’Alfa Romeo di Arese, le oltre venti morti di lavoratori dell’Olivetti di Ivrea, le altre dieci morti degli operai della Breda-Ansaldo, le ventotto morti di operai della Pirelli, le morti degli operai delle Officine Grandi Riparazioni, le morti dei dieci lavoratori esposti ad amianto al Piermarini del Teatro alla Scala di Milano. Tutte storie che, chi vuole approfondire, può intercettare navigando su internet.
Forse è arrivato il momento, per le forze sociali e politiche, di battere un colpo fuori dalle sale dei convegni e dentro le istituzioni per cambiare direzione di marcia. Le proposte non mancano: affidare alle ASL locali la valutazione della natura professionale delle patologie e istituire sezioni specializzate in ogni Procura.
Michelangelo Ingrassia