La Rocca di Cefalù è una spettacolare rupe alta 268 metri, che si erge alle spalle della città, una tappa irrinunciabile per chiunque scelga di visitare l’antica cittadina normanna e il suo territorio.
Secondo alcuni è la Rocca ad aver dato il nome alla città, anticamente denominata Kephaloidion. Il termine deriverebbe da kefalis (che in greco significa testa) e il riferimento sarebbe sia alla forma dell’alta rupe che alla sua reale posizione. Alla Rocca si accede per mezzo di un sentiero in salita immerso nel verde, e da li raggiungere il punto più alto del monte. Il paesaggio è arricchito da una rigogliosa macchia mediterranea segnata da conifere ed eucalipti. Nella roccia di natura calcarea si aprono molte fessurazioni e spiccano diverse cavità carsiche. Tra questa la più celebre è la grotta Grande, anche perché è tra le più accessibili al pubblico.
La cavità è un luogo frequentato sin dalla preistoria ed è inoltre segnalata perché ritenuta un luogo dove venivano effettuati dei rituali magici. La presenza di un sistema di raccolta di acque oltre alla presenza di ceramica che si datano dal Neolitico all’Età protostorica ha fatto pensare a frequentazioni del sito in quel periodo non escludendo una frequentazione in epoche successive. Inoltre nella grotta Grande venne ritrovato il celebre Scarabeo del cuore datato all’età di Thutmose o Tuthmosis IV (1416-1408 a.C.), l’ottavo faraone della XVIII Dinastia del Nuovo Regno, il terzo grande periodo nel quale si divide la storia egiziana, oggi conservato al Museo Salinas di Palermo. Secondo alcuni studiosi potrebbe essere stato portato all’interno della cavità proprio in virtù della sacralità del luogo. Inoltre sono state rinvenute al suo interno una serie di pitture, come ad esempio nella cosiddetta “Sala della Madonnina”, di colore rosso e in stile naturalistico, una figura danzante con un copricapo a corna, un fungo nella mano destra e un probabile strumento musicale, attribuita alla sfera “dionisiaca”. Le altre pitture ritrovate sono invece di colore nero e riprendono, secondo qualche studioso, le incisioni presenti nel tempio di Diana. Queste ultime scoperte nella sala più grande e umida della cavità si inseriscono nel contesto della prima fase del tempio di Diana, un tempio dedicato a divinità ctonie e in collegamento “rituale” con la grotta Grande considerato, da chi ha avuto modo di occuparsi in maniera approfondita della cavità, il luogo della transizione della psichè, il “labirinto del Minotauro” in cui, al termine del rituale iniziatico, dovevano manifestarsi le divinità.
E proprio un Minotauro pietrificato sembra quello fotografato all’interno della Grotta, come si nota anche dal confronto con altre sculture.
Il Minotauro è una figura della mitologia greca. Figlio del Toro di Creta e di Pasifae, regina di Creta, era un essere mostruoso e feroce, con il corpo di un uomo e la testa di un toro che nacque per volere di Poseidone, il dio del mare, che intendeva punire il re di Creta, Minosse. Il Minotauro violento e crudele aveva il corpo umanoide e bipede, ma aveva zoccoli, pelliccia bovina, coda e testa di toro. Era di carattere selvaggio e feroce, con la mente completamente dominata dall’istinto animale, e si cibava di carne umana. Minosse, per impedirgli di nuocere, lo fece rinchiudere nel Labirinto di Cnosso, costruito da Dedalo. Il Minotauro venne ucciso da Teseo, figlio del re ateniese Egeo, con l’aiuto di Arianna, figlia dello stesso Minosse e di Pasifae.
Sicuramente la foto scattata all’interno della cavità che riproduce il Minotauro è molto suggestiva. Con molta probabilità si tratta di un gioco della natura, senza escludere del tutto la possibilità di una scultura realizzata da mano umana. In questo caso verrebbe esaltata ancora di più l’idea di un uso magico rituale della grotta Grande che si apre nell’eccelsa rupe di Cefalù.