La Sicilia possiede “l’Oro di Atlantide” ma non lo sa “vendere” al mondo

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L’Oro di Atlantide, sono ottanta lingotti di Oricalco, scoperti nel 2014 da un sub volontario, Francesco Cassarino, nel mare di contrada Bulala a est del petrolchimico di Gela, e lo stesso ne diede immediatamente notizia alla Soprintendenza del Mare, allora diretta da Sebastiano Tusa, che si occupò del suo recupero. Il ritrovamento di un numero così elevato di lingotti di oricalco, la cui origine viene fatta risalire al VI secolo a.C., costituisce un unicum in tutto il bacino del Mediterraneo. Platone lo cita nella descrizione dell’isola di Atlantide: “le mura … erano ricoperte da stagno e dal prezioso metallo orichalcum…”.
Il collegamento dei lingotti di Oricalco di Gela con il mito di Atlantide, ha indotto ad effettuare indagini chimico fisiche sempre più approfondite e all’avanguardia. Queste analisi, sono state eseguite presso diversi laboratori in Italia e all’estero.
Andare oggi a Gela per l’importante mostra su “Ulisse in Sicilia”, con il prezioso reperto della “Nave di Gela” esposto e “scoprire” che la narrazione di Platone sulla struttura urbana della favolosa e perduta Capitale di Atlantide contiene elementi possibili di verità storica, come la lega metallica di Oricalco in esposizione. Assieme ad altri reperti questi lingotti provengono proprio dal carico di quel relitto navale naufragato attorno al VI sec. a.C.: sarebbe pertanto tra le più antiche navi del mondo. Sembra incredibile ma è così, verificabile dal vero e di persona. Siamo pertanto gli unici al mondo a possedere, oltre il relitto navale, questi panetti di preziosissimo oricalco ma la notizia stenta a trovare la giusta collocazione mediatica di primissimo piano.
Riassumo quello che scrive, sulla struttura urbana della capitale di Atlantide, Platone (circa 428-348 a. C.) nel “Crizia”: l’isola di Atlantide ha forma allungata e nel mezzo, presso il mare, in una feconda pianura a circa 50 stadi (m. 8.880 equivalenti) si trova un basso monte sul quale Poseidone fondò la città fortificata in forma circolare, ponendovi alternate tre cinte di mare e due di terra ad “uguale distanza per ogni parte”. La natura dell’isola è fertilissima con abbondanza di minerali e metalli, fra i quali cita proprio il nostro misterioso Oricalco che “ora solo si nomina … il più prezioso dopo l’oro”. Descrive poi gli impianti e le strutture urbane, dandone perfino le misure di dettaglio. Per quello che ci riguarda in questa sede, la successione delle mura, dalle cinte esterne dei canali a quella dell’isola centrale, tutte con torri e ponti di pietra “alcune bianche, altre nere, altre rosse” riguardo ai materiali usati per costruirle e rivestirle è questa: di pietra, di rame, di stagno, di Oricalco, oltre la muraglia aurea dell’acropoli con la Reggia ed il Tempio sacro a Clito e Poseidone. Conviene fermarsi per riprendere fiato e per riflettere meglio su “quello che c’è attorno a noi”, che troppo spesso rubrichiamo sotto la dicitura “mito” ed invece è realtà, da vedere con altri occhi… ma che, purtroppo, non siamo in grado di “vendere” al mondo.
Carmelo Montagna