Termini Imerese, sentenza della Cassazione: Francesco Giunta era incandidabile alla carica di sindaco

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Nel maggio 2017, la Commissione Elettorale Circondariale ammetteva il candidato Francesco Giunta alla competizione per l’elezione del sindaco di Termini Imerese,

nonostante quest’ultimo avesse riportato – a seguito di patteggiamento – una condanna a mesi sedici di reclusione per i reati di truffa e falso
La Commissione Elettorale Circondariale, invero, aderiva alla tesi prospetta – con apposito parere –   dall’avv. Gaetano Armao, ex Vice presidente della Regione Sicilia e Assessore all’Economia.
In particolare, con tale parere, l’avv. Gaetano Armao aveva sostenuto che, ai sensi della legge Severino, l’incandidabilità opererebbe solo per coloro che  abbiano riportato una condanna superiore a sei mesi per e ai quali  fosse stata contestata l’aggravante di cui  all’ art. 61 n. 9 del codice penale  (ossia “avere commesso il fatto con abuso dei poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio…”);  tale aggravante non sarebbe, di contro,  stata applicata – in sede di condanna – all’avv. Giunta.
Per effetto dell’ammissione del candidato Giunta alla competizione elettorale lo stesso partecipava al primo turno elettorale e, in esito al turno di ballottaggio, Giunta veniva proclamato alla carica di Sindaco.
Pertanto, con ricorso proposto innanzi al Tribunale di Termini Imerese, Vincenzo Fasone, candidato alla carica di Sindaco, il prof. Salvatore Curreri, l’on.le  Francesco Piro e Michele Ciofalo, tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia, – chiedevano  che venisse dichiarata l’incandidabilità dell’avv. Francesco Giunta.
In particolare, con il ricorso, gli avvocati Rubino e Impiduglia hanno sostenuto che l’avv. Giunta – per effetto della condanna a sedici mesi allo stesso inflitta per reati di truffa e falso – fosse incandidabile alla carica di Sindaco e andasse, pertanto, dichiarato decaduto in applicazione della legge Severino.
Nelle more del giudizio (e segnatamente nel marzo 2019), l’avv. Giunta – dopo aver ricevuto, nell’ambito di un procedimento penale, un avviso di garanzia – rassegnava le proprie dimissioni dalla Carica di Sindaco di Termini Imerese.
La Corte d’Appello di Palermo, con sentenza del 10 luglio 2020, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere – essendo ormai intervenute le dimissione dell’avv. Giunta -, ed allo
stesso tempo ha rilevato che,“ se non fossero sopravvenute le dimissioni e non fosse, di conseguenza, venuta meno la materia del contendere, avrebbe dovuto ritenersi sussistente l’ipotesi di incandidabilità di Giunta Francesco alla carica di Sindaco”.
Avverso la suddetta sentenza, l’Avv. Giunta – con il patrocinio dell’avv. Gaetano Armao – ha proposto ricorso in Cassazione.
Il dott. Fasone, il prof. Curreri, l’on.le  Piro e il prof. Ciofalo si sono costituiti in Cassazione – con il patrocinio degli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Impiduglia – chiedendo il rigetto del ricorso proposto dall’Avv. Giunta.
La Cassazione – aderendo alle tesi degli avvocati Rubino e Impiduglia – ha rigettato il ricorso proposto, sottolineando, tra l’altro, come fosse irrilevante (ai fini della sussistenza della causa di ineleggibilità dell’avv. Giunta)  la “circostanza che nel giudizio penale non sia stata accertata la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 61 n. 9 cod. pen., la cui contestazione sarebbe risultata peraltro incompatibile con quella dei reati di cui agli artt. 480 e 493 cod. pen., già aventi come elemento costitutivo la commissione ad opera di un pubblico ufficiale o di un pubblico impiegato incaricato di un pubblico servizio, e quindi implicanti un abuso dei poteri o una violazione dei doveri inerenti alla pubblica funzione ed al pubblico servizio”.
La Cassazione ha, inoltre, condannato l’Avv. Giunta al pagamento delle spese legali del giudizio di legittimità liquidate in complessivi euro 10.000 oltre accessori.

Tra i primi a commentare la sentenza della Cassazione il prof. Salvatore Curreri, docente di diritto costituzionale presso l’università kore di Enna e uno dei firmatari del ricorso, che ha precisato: Era ed è la partita per la legalità e per la eticità della vita pubblica, per questo non ho ritirato il ricorso anche dopo le dimissioni dell’ex Sindaco, che dovrebbe essere a cuore di tutti. A prescindere dalle convenienze politiche”.
“La Corte di cassazione – scrive Curreri – con sentenza del 19 ottobre 2022, depositata oggi, ha rigettato il ricorso di Francesco Giunta contro la sentenza della Corte di Appello di Palermo del 20 luglio 2020 circa la sua incandidabilità alla carica di Sindaco di Termini Imerese a seguito del ricorso presentato da me, Francesco Piro, Vincenzo Fasone e Michele Ciofalo.
Per la Cassazione, infatti, la Corte di Appello, nel dichiarare cessata la materia del contendere, ha legittimamente tenuto conto delle dimissioni dalla carica di Sindaco, anche se non dedotte da alcuna delle parti. Si tratta, infatti, di fatto notorio in una materia, quale quella elettorale, in cui il rilievo preminente dell’interesse pubblico rispetto a quello delle parti consente al giudice (inclusa la Cassazione che è giudice in tal caso di merito) conseguenti ampi poteri ufficiosi.
Ma soprattutto, nel merito, la Cassazione ha respinto l’eccezione secondo cui la condanna per patteggiamento subita dal Giunta nella qualità di mandatario della SIAE non lo rendeva incandidabile alla carica di Sindaco.
Per la Cassazione, infatti, la condanna alla pena detentiva superiore a sei mesi, che determina l’incandidabilità, è da considerarsi unitaria e non può essere frazionata, scorporando la condanna per il reato principale (truffa aggravata) da quella per gli altri reati c.d. satelliti (falso), trattandosi di condotte unificate dal nesso di strumentalità.
Così invece aveva (arditamente) fatto il Tribunale di Termini Imerese “in virtù del richiamo ad un precedente della giurisprudenza penale di legittimità assolutamente inconferente,  in quanto riguardante il computo dei termini di durata massima della custodia cautelare” (!).
Irrilevante notare la mancata contestazione dell’aggravante del reato commesso da pubblico ufficiale dato che i reati di falso in atto pubblico implicano già per loro natura “un abuso di poteri o una violazione di doveri inerenti alla pubblica funzione ed al pubblico servizio”.
Ciò in sintonia con la natura di norma di chiusura dell’art. 10.1.d) d.lgs. 235/2012 che vuole incandidabili e soggetti a decadenza “comportamenti non specificamente previsti dalla lettera che la precede, ma ugualmente lesivi dell’interesse protetto”
Pertanto “il giudice cui è devoluto l’accertamento della causa d’incandidabilità (…) deve stabilire se il fatto realizzi quell’abuso di poteri o quella violazione di doveri che costituisce componente dell’elemento oggettivo di una fattispecie delittuosa tipica ovvero di una circostanza aggravante di un delitto non immediatamente diretto alla tutela della Pubblica Amministrazione (…). Tale accertamento è stato puntualmente compiuto dalla sentenza impugnata, la quale, nel ritenere sussistente la causa d’incandidabilità, ha correttamente evidenziato che la violazione da parte del ricorrente dei doveri inerenti al pubblico servizio da lui esercitato nell’interesse della SIAE emergeva dallo stesso tenore dei capi d’imputazione relativi ai reati di truffa aggravata contestatigli, dai quali si evinceva che egli aveva profittato della qualità di mandatario dell’Ente, che gli aveva permesso di venire in possesso di somme di denaro spettanti a quest’ultimo, parte delle quali era-no state da lui indebitamente trattenute mediante le false attestazioni contestate negli altri capi d’imputazione”
Giustizia dunque è fatta: gioco, partita, incontro.
GAME OVER”