Nelle scorse settimane, è stato eseguito un provvedimento di condanna, giunto a seguito di rito abbreviato, a cinque anni di reclusione, nei confronti di T.G., classe 86, ritenuto responsabile di una cruenta rapina, perpetrata a Termini Imerese, nella nottata dell’1 agosto 2013 che tanto clamore e sdegno suscitò allora nella comunità imerese.
In quella circostanza, nelle prime ore del mattino, l’uomo, unitamente ad altri complici al momento non individuati, si introdusse in una abitazione della parte bassa di Termini Imerese, ritenendo probabile l’assenza degli occupanti. Inaspettatamente, si trovò dinanzi ad una giovane donna ancora a letto che ritenne di aggredire ed immobilizzare fino a costringerla ad aprire una cassaforte che conteneva denaro e gioielli.
Le indagini su quel crimine sono state condotte dalla Polizia di Stato, segnatamente da personale del Commissariato di P.S. “Termini Imerese” che ha raccolto una lunga serie di elementi indiziari, per i reati di rapina aggravata dal possesso di armi in concorso e lesioni personali in concorso, condivisi dall’Autorità Giudiziaria e confluiti nella sentenza di condanna di primo grado che ha consentito così di compiere un primo passo, anche se ancora non definitivo, sul caso della violenta rapina.
Il 36enne è stato raggiunto dal provvedimento di condanna, in carcere, laddove si trovava già recluso per la concomitanza di precedenti provvedimenti: una misura di Custodia Cautelare per la già citata rapina ed una condanna irrevocabile a 9 anni ed 8 mesi di reclusione per gravi reati, commessi nel messinese, quali associazione a delinquere, furto, rapina e detenzione di armi.
Anche in relazione a quest’ultima vicenda processuale, il 36enne ha manifestato un’indole insofferente alla disciplina di legge: l’uomo evase infatti dal regime degli arresti domiciliari qualche giorno prima dell’emissione della sentenza di condanna.
L’evaso, grazie ad un’incessante ed articolata attività investigativa dagli Agenti del Commissariato di P.S. di Termini Imerese, nel 2020, fu rintracciato in territorio straniero ove si era rifugiato unitamente all’intero suo nucleo familiare. In virtù dei vigenti accordi internazionali fu possibile estradarlo ed associarlo presso un istituto penitenziario del territorio nazionale.
E proprio dopo essere stato ristretto in carcere, fu raggiunto dalla misura cautelare ed oggi dalla condanna ad ulteriori 5 anni di reclusione, provvedimenti entrambi connessi alla rapina del 2013.