Gli ambienti tholoidi in Sicilia e la memoria omerica dei “Tesori” di Atreo e Minyas

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Per forma e dimensioni è possibile associare tipologicamente i nostri ambienti tholoidi  alla memoria omerica dei “Tesori” di Atreo a Micene o di Minyas ad Orchomenos, datati attorno al XV sec. a.C. Sia pure problematica la loro funzione, per carenza di reperti ufficiali e di studi adeguati, ad eccezione, per es., di quelli di P. Orsi per Sant’Angelo Muxaro, sembrerebbero strutture architettoniche funerarie e di culto associate a centri di potere preminenti sul territorio, anche per l’evidenza della loro strategica  ubicazione su valichi e linee di percorrenza obbligate.

Quello che avviene alla fine del mondo antico negli stessi ingrottati-thòlos della Valle del Platani che conosciamo meglio, è, brevemente, questo: li usano i monaci cristiani orientali anacoreti, scampati alla persecuzione iconoclasta; diventano abitazioni e magazzini per gli islamici (gurfe, ddieri); vengono usati, spesso anche come luogo di culto, dai Cavalieri Teutonici, molti di essi sono pieni di croci “potenti” e segni che hanno a che fare con la religiosità contadina del latifondo, fino ad arrivare ai Borboni, che, per esempio alla Gurfa di Alia, pagavano perfino un custode per prendersene cura. Poi è venuto l’abbandono e l’incuria e poi ancora ci siamo noi, che dobbiamo fare il possibile per la loro conoscenza e valorizzazione. Anche per farne volano di sviluppo compatibile con la vocazione del territorio. Le nostre thòloi ci possono “raccontare” sette, otto secoli di “storia” in più di quella che si riferisce alla colonizzazione Greca; cioè, per semplificare il ragionamento, erano già “archeologia” quando si costruì la grande architettura templare della Valle dei Templi di Agrigento.

Alla luce del paesaggio archeologico delineato, la cui esistenza in antico è quindi certa, l’architettura “dedalica” in Sikania va affrontata anche come “problema spirituale”, oltre che dare per scontato che la “casa/dimora di Dedalo” doveva trovarsi da qualche parte nell’entroterra  Platani/Halykos.

Da questo punto di vista specialistico, per definire cos’è e dove cercarla l’ “Architettura Dedalica”, occorre colmare le narrazioni precarie usuali, per una corretta Storia dell’Architettura Antica in Sicilia prima dei Greci.

E’ paradossalmente cristallizzato agli Atti del I congresso internazionale di studi sulla Sicilia antica, pubblicati nel 1965, il seguente lucido intervento di un importante archeologo, G. Caputo, che si occupa, purtroppo senza seguito significativo di ricerca sul territorio, della “Tradizione e corrente ‘Dedalica’ nella Sikania antica“:   ” … la Sicania vera e propria è la costa della Sicilia centro-meridionale e del suo retroterra: la immaginiamo quasi come un triangolo con il suo vertice sul Tirreno. Il poco che si potrà dire non è soltanto il cauto frutto di uno sguardo d’insieme, ma il logico sbocco di idee al momento di fare il punto sul corso delle molteplici discussioni che sorgono da un problema fondamentale della storiografia siciliana, vecchio di quattro secoli a partire da Tommaso Fazello, che si può indicare e rappresentare -simbolicamente- con tre nomi: Minosse, Dedalo e Cocalo re dei Sicani. Tra la posizione cronologica che si può attribuire alle vicende ad essi legate e quella che si può designare, non sempre pacificamente, in base alle risultanze archeologiche soprattutto di S. Angelo Muxaro e di Polizzello, corre un divario di generazioni, che non si può bene riempire. Ma un filone le congiunge, indissolubilmente, da costituirne un evo vero e proprio.” (1)

Sempre a titolo di “esempio di scuola” qualche altra considerazione va fatta sul caso importante del “recinto megalitico/cromlech” di Vallescura (Vedi foto), sulla Rupe di Marianopoli (CL), in allineamento con il tramonto del Solstizio d’Estate sulla singolare “Petra perciata” di Cozzo Pirtusiddu, sulle Serre di Villalba. (2)

La convalida di questi rinvenimenti rimetterebbe “ufficialmente” in discussione la tematica del megalitismo in Sicilia, che così, oltre ogni eccesso di prudenza accademica, appare in piena luce per quello che è; cioè non raro ed occasionale episodio di area marginale e periferica, come si era creduto fino ad ora.

(1) Intervento di Giacomo Caputo: “Tradizione e corrente ‘Dedalica’ nella Sikania antica”, p. 100, in: Kokalos, studi pubblicati dall’Istituto di Storia Antica dell’Università di Palermo, direttore Eugenio Manni, X- XI 1964-1965, atti del I congresso internazionale di studi sulla Sicilia antica.

(2) Per la particolare importanza del risultato di scavo nel sito megalitico si rinvia alla lettura attenta di: F. Nicoletti-R. Panvini, Due insediamenti del Bronzo Antico nella Valle del Platani (Caltanissetta): Corvo e Valle Oscura, in: R. Panvini-M. Congiu (a cura di), Indigeni e Greci tra le Valli dell’Himera e dell’Halykos, Atti del Convegno Internazionale di Studi, CL 15-17.6.2012, ed. Ass. Reg. B.C.-Museo Reg.CL e Lions Club Caltanissetta dei Castelli, pp.119-149.

Nella foto settore scavato del cromlech di Vallescura sulla Rupe di Marianopoli.