Fra le intelligenze notevoli che si occupano del Paesaggio Culturale che gravita sulla presenza monumentale e solenne degli ipogei della Gurfa di Alia, ho incontrato sulla “Via della Thòlos” per quella “casualità che non è mai casuale”, gli studi di architettura ed archeoastronomia che ha in corso da tempo Elisa Chimento, attivissima Presidente della Sede locale di BCsicilia. Dal confronto collaborativo con la mia “cerca/ricerca” e le ipotesi man mano formulate ed affinate sono emerse considerazioni preziose ed affascinanti. Ne torneremo a parlare anticipandone qualche aspetto in questa breve intervista.
Da quale pensiero-guida hai preso lo spunto per le tue ricerche?
Per l’analisi e comprensione di ciò che c’è intorno a noi, proviamo ad alzare gli occhi per comprendere anche “cosa c’è sopra di noi”! O meglio proviamo ad osservare con gli occhi di chi ci ha preceduto nei millenni. Gli antichi, avevano instaurato un profondo dialogo con la volta celeste. Tutto era collegato, se il riferimento diurno era il sole, di notte lo erano la luna e soprattutto le stelle. Osservando questi “eventi celesti” notarono la loro precisa periodicità, diventando indicatori affidabili per le pratiche agricole, affinché venisse assicurata la sopravvivenza, acquisendo anche un significato sacro. La contemplazione della volta celeste, ha contribuito a far nascere il concetto di trascendenza nell’uomo, in quanto essa ne esprime “immensità, elevazione, eternità”, luogo di fenomeni di energie superiori rispetto a quanto controllabile dall’uomo sulla terra. Il cielo rappresenta quello “spazio concettuale”, dove l’intreccio fra religione, filosofia e scienza ha raggiunto le manifestazioni più profonde e culturalmente più significative. Sacralità e mito sono legate da una visione cosmologica. Architetture Sacre che fungessero da “mediazione” tra l’uomo e il Cosmo, in armonia con le leggi dell’Universo, il ritmo dei cicli, il rapporto fra la parte e il Tutto, opere orientate seguendo gli allineamenti di albe e tramonti solstiziali o equinoziali, levate e tramonti eliaci di determinate stelle o posizionate “ridisegnando” al suolo determinate costellazioni, dando vita a delle “ierofanie solari o stellari”. Questo percepiamo alla nostra Gurfa, ricordandoci il passaggio della costante di Tradizione Perenne: “Come in Cielo, così in terra”.
Riassumici con un paio di citazioni importanti il senso ultimo di queste indagini.
“La geografia è sin dall’inizio derivata dall’uranografia, e a ciascun luogo ‘sopra’ ne corrisponde uno ‘sotto’”, mi sembra la posizione fondamentale da tenere su questa rotta, come si legge nel testo magistrale di G. De Santillana-H. Von Dechend, Il mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo, ed. Adelphi, 2003, p. 376. Platone, nel Timeo 47a-b, afferma che è solo grazie al dono della vista, quindi con la visione degli astri, del sole e del cielo, che egli ha potuto discutere sull’universo, scrive: “Ora le osservazioni del giorno e della notte, dei mesi e dei periodi degli anni, degli equinozi e dei solstizi hanno procurato il numero e hanno fornito la nozione del tempo e la ricerca intorno la natura dell’universo. Da queste cose ci siamo procurati il genere della filosofia, del quale nessun bene maggiore né venne né verrà mai al genere umano, essendo un dono datoci dagli dèi”.
Testo di riferimento obbligatorio per chi vuole capirne di più, è quello di Adrian Snodgrass, Architettura, Tempo, Eternità. Il simbolismo degli astri e del tempo nell’architettura della Tradizione. Ed. Bruno Mondadori, 2008, con la importante prefazione di Guglielmo Bilancioni su I cardini celesti dell’architettura sacra: “Per la tradizione le stelle sono simboli rivelati; sono ierofanie, immagini sensibili del sacro e del segreto. I loro moti sono segni visibili dei princìpi che regolano l’universo: Platone sostiene che il tempo, misurato dal moto delle stelle, è l’immagine in movimento dell’Eternità…”.
Quali sono le considerazioni di sintesi sulla mappa stellare che hai potuto elaborare sui “cieli archeologici” della Gurfa?
Ho sintetizzato nell’ immagine, necessariamente sommaria, quello che è possibile sovrapporre alla topografia dei siti archeologici-megalitici, importanti a vario titolo e quasi sconosciuti alla ricerca “ufficiale”, di: Gurfa-Gurgo-Cassaro-Pizzo Sampieri-Castellazzo-Pizzo della Madonna/Cozzo Campanaro, fra Alia, Valledolmo e Sclafani Bagni.
In seguito alla ricognizione territoriale a base topografica della seguente analisi, la configurazione geometrica ottenuta congiungendo i punti indicanti i siti presi in esame, presenta una “forte similitudine” in comparazione con l’asterismo del triangolo estivo. In astronomia, un “asterismo” è quella forma geometrica particolarmente riconoscibile, ottenuta congiungendo alcune stelle della stessa costellazione, oppure congiungendo le stelle più luminose appartenenti a diverse costellazioni.
Inoltre, sovrapponendo tale porzione di volte celeste, si evidenzia come la proiezione terrestre dei punti coincida con la proiezione stellare. Precisamente alla stella Altair della costellazione dell’Aquila corrisponde la Gurfa, alla stella Vega della costellazione della Lira corrisponde Pizzo Sampieri e alla stella Deneb il sito “Gurgu/Gorgo”. All’interno di tale triangolo ricadono altri siti, che presentano una valenza archeologica interessante come il “Menhir di Pizzo della Madonna” su Cozzo Campanaro e il sito di Castellazzo. Da attenzionare anche i toponimi di tutti questi ambiti territoriali presi in esame, in quanto presentano affinità con altri siti attestanti caratteristiche archeologiche individuati con gli stessi toponimi.
Questa mappa celeste della triangolazione sulla Gurfa rappresenta la situazione del cielo attuale o quella di quale millennio fa?
Le tre stelle disegnano questo triangolo nel cielo sin dall’antichità, ho fatto una simulazione del cielo della Gurfa nel 1500 a. C. e si leggevano chiaramente. Addirittura ci sono degli studi che suppongo che alcune delle pitture rupestri della grotta di Lascaux riprendano il simbolo del “triangolo estivo”. Quindi questo è il nostro “vertiginoso orizzonte” sui “cieli archeologici” della thòlos più grande del Mediterraneo; qualche buon motivo “non banale” ci dovrà pure essere e ci stiamo lavorando.
L’emisfero celeste di Lascaux a mezzanotte del solstizio d’estate del 16.500 a.C. Fonte: M. Rappangluck
Stiamo infatti cercando di capire altre cose importanti, in relazione alla levata eliaca ed al valore dell’azimut della stella Altair, che è la stella che coincide con il punto Gurfa, che potrebbe darci indicazioni importanti. Ultimo argomento, che non potrebbe avere significato ma è da non sottovalutare per la forte suggestione implicita e per altro che potrebbe emergere: la sua distanza dalla Terra sarebbe di 16 anni luce. Ritorna così il numero 16, che è la misura verticale in sezione che c’è dall’Oculus al pavimento della nostra thòlos.
Quando avremo disponibile un testo completo dei tuoi studi?
Pensiamo molto presto.
Grazie Elisa.
Carmelo Montagna
Elisa Chimento