La siccità è ormai sotto gli occhi di tutti.
Da diversi mesi ormai, la pioggia, per il nostro Comprensorio sembra quasi un ricordo. Siamo solo ad aprile ma fiumi e laghi sono già in sofferenza, proprio nella giornata odierna (9 aprile 2024) la Regione Siciliana su proposta del presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, ha istituito la cabina di regia per l’emergenza idrica.
La crisi dell’acqua è un problema per tutti, in primis per agricoltori ed allevatori, già in ginocchio a seguito delle politiche adottate dall’Unione Europea, che hanno portato alle manifestazioni di piazza ancora in corso. La scarsità d’acqua adesso sembra essere una spada di Damocle pronta a trafiggere le ultime speranze per salvare agricoltura e allevamento, dicevano gli antichi siciliani “supra a vaddira ro’ cravunchiu”, come a dire piove sul bagnato.
Qualche anno prima
Magari piovesse sul bagnato, non piove proprio. Eppure, diversi anziani, ci raccontano che anni addietro questi ultimi ricordano di inverni caldi e secchi, senza una goccia d’acqua, con conseguente emergenza durante l’estate. Anche oggi è lo stesso? Probabilmente no. “È acclarato – scrive Papa Francesco nel suo discorso alla COP 28 del 2 dicembre 2023 – che i cambiamenti climatici in atto derivano dal surriscaldamento del pianeta, causato principalmente dall’aumento dei gas serra nell’atmosfera, provocato a sua volta dall’attività umana, che negli ultimi decenni è diventata insostenibile per l’ecosistema”. Attività umana che sta imboccando una via oscura, senza luce.
Signuruzzu chiuviti chiuviti
Eppure, fino ad alcuni decenni fa, la pietà popolare contadina si rivolgeva direttamente a Dio per chiedere il dono della pioggia. Nei paesi del nostro Comprensorio ma in generale in tutta la Sicilia, le persone erano solite recitare una preghiera, che poi è diventata una sorta di nenia quasi una filastrocca, che recitava così: “Signuruzzu chiuviti chiuviti ca i lavureddi su arsi di siti, mannatini una bona senza lampi e senza trona” che tradotto vuol dire: “Oh Signore fa che piova perché i campi seminati sono assetati, mandane una buona senza fulmini e senza tuoni”, nenia che veniva recitata in particolar modo dai bambini. Ora, potrà sembrare anacronistico ma la scorsa domenica, a Sciara si è ripetuto questo antico rito. Si tratta di un momento semplice ma solenne.
In principio infatti, i sacerdoti, dopo aver chiesto licenza al vescovo, esponevano il Santissimo sulla soglia della porta della chiesa in modo tale che potesse benedire tutti i campi circostanti e i contadini potessero rivolgersi direttamente a Lui per chiedere il dono della pioggia. Domenica scorsa, la comunità parrocchiale sciarese, insiema al parroco don Nunzio Pomara ha ripetuto questo antico rito portando all’esterno dalla chiesa, l’effige del Crocifisso nonchè Patrono del Paese per chiedere nuovamente la grazia. La pioggia arriverà? Nessuno è veggente, tuttavia l’attesa è sicuramente una virtù che i contadini possiedono da sempre, gli stessi che ci hanno insegnato a guardare alle “cose del cielo”, con la certezza che: “con l’aiuto di Dio, – dice Papa Francesco – usciamo dalla notte delle guerre e delle devastazioni ambientali per trasformare l’avvenire comune in un’alba di luce”.
Giovanni Azzara