Riporto le cose salienti che Silvana Braida (1930-2001), ci ha lasciato sugli ipogei della Gurfa di Alia. Bisognerà tornare a discuterne prima o poi, assieme al resto del suo coraggioso impegno civile che profuse nella ricerca “non allineata”.
Di origine istriana, nel 1947 arrivò a Palermo per poi laurearsi in Architettura. Entrò in relazione di studio sull’arte medievale con il grande storico dell’arte W. Krönig per specializzarsi nel medioevo siciliano e nell’architettura bizantina.
Insegnò anche per 12 anni Storia dell’Architettura alla Facoltà di Palermo ed in particolare si occupò con interventi e pubblicazioni della nostra Gurfa, che destarono scalpore presso gli “addetti ai lavori”, sostenendone la datazione ad epoca almeno Micenea, da esperta di architettura bizantina e medievale com’era. Svolse tra l’altro opera meritoria per il recupero del Castello di Maredolce a Palermo/Brancaccio quando non se ne poteva neppure accennare per la pax mafiosa che vi era incardinata e vi dimorava. Per prima mise anche in evidenza le simmetrie della Gurfa con l’Ipogeo di Hal Saflieni a Malta (3600-2400 a.C.), dichiarato Patrimonio UNESCO nel 1980. Nel novembre 1981 invitò per un sopralluogo alla Gurfa il professor J.D. Evans, archeologo di fama dell’Institute of Archaeology di Londra, studioso di Hal Saflieni. Nonostante la disponibilità attestata dal prof. Evans quella visita non si fece. Come capitato a tutti era stata impressionata dall’atmosfera sacrale che il vano tholoide forato della Gurfa suggerisce: “… Questo maestoso ambiente, per dimensioni può paragonarsi al famoso tesoro di Atreo di Micene ma, per forma e particolari architettonici, può collegarsi al grande Ipogeo di Hal Saflieni di Malta… fori binati, dall’oscuro significato e uso, identici a quelli che si ritrovano nel citato ipogeo maltese, chiamati da Evans ‘rope holes’ cioè ‘fori da fune’. Si tratta di due fori comunicanti attraverso i quali può passare una corda, La loro posizione può indurci a pensare a un utilizzo pratico, ma fori di questo genere si trovano ubicati anche sui tetti delle altre stanze in posizione alquanto spratica e il loro utilizzo sembra problematico. Evans fornisce attente osservazioni su questi fori scavati a forma di V o U … spesso si trovano in corrispondenza di due stipiti, e dovevano evidentemente alloggiare pali in legno. Ma l’archeologo (ndr: Evans) nota che non tutti i fori da fune trovano una spiegazione ovvia. Esempi di grandi dimensioni sono visibili di fronte all’ingresso principale dei templi di Hagia Quin, Mnajdra, Tarxen, e in uno in particolare è giunto sino ai nostri giorni intatto nell’ipogeo di Hal Saflieni, accuratamente sigillato da due tappi di pietra, all’interno vennero trovate corna di capra. Come nei templi maltesi, anche vicino all’ingresso delle nostre grotte in posizione desueta si vedono scavati fori similari, e qui dobbiamo accennare che eguali sono stati trovati, senza spiegazione pratica nel Castello di Sperlinga e nell’Antro della Sibilla a Capo Boeo…” Silvana Braida , Le Grotte della Gurfa, in: Incontri e iniziative – Memorie del Centro di Cultura di Cefalù, n. 1/1984.
La Braida aveva quindi capito, ed è dimostrabile, che tutti gli ambienti interni erano rivestiti di legno con carpenterie e soppalchi, ancorati a pareti e soffitti nei “fori” passanti. Doveva essere tutto molto colorato e decorato. Tracce di bitume orientano per la impermeabilizzazione delle pareti. Dovevano esserci dunque “impianti” e “macchine” lignee. Con ogni evidenza un vasto incendio che interessò tutta la struttura nei due livelli distrusse tutto. La “cura” con cui venne fatto il “lavoretto”, anche per gli ambienti di carpenteria lignea esterna, di cui restano le sezioni di incastro, dimostra una volontà pianificata di distruzione per cancellarne la memoria storica. Cosa che realmente avvenne. Purtroppo.
In figure: il rilievo della Gurfa pubblicato da Silvana Braida ed una fotografia dell’esterno degli ipogei che ho trovato nel suo carteggio con Evans, che ho avuto la fortuna di consultare per tramite dell’amico comune Domenico Ortolano, presidente dell’Associazione Castello di Maredolce, che ringrazio. Probabilmente è del finire anni 1970 e vi si possono leggere interessanti particolari decorativi sul prospetto esterno adesso perduti.
Fig.1 – Il rilievo della Gurfa fatto e pubblicato da Silvana Braida. Considerando le difficoltà logistiche che dovette affrontare, in probabile “ambiente ostile”, tutto sommato è realistico anche se impreciso in qualche misura (come la forma stessa del “vano a tenda/stalla”).
Fig.2 – Fotografia dell’esterno degli ipogei che ho trovato nel suo carteggio con Evans della Braida.
Silvana Braida (1930-2001)
Carmelo Montagna