Si è chiusa a Gangi la personale dell’artista e scultore madonita Enzo Rinaldi, allestita presso il Carcere Borbonico, inaugurata il 25 aprile per un mese intero ha ricevuto la visita entusiasta di un gran numero di estimatori.
Un successo per lo scultore sopranese e il suo talento singolarissimo modellato direttamente dalle sue emozioni, esso origina da materiali di scarto, chiodi, fil di ferro, come pure pellami e legno, elementi poveri a cui riesce a dare vita trasformandoli in forme artistiche dense di fascino, pronte a narrare una serie infinita di sentimenti ma anche a rendere palese l’inquietudine dell’esistenza che piano si snoda tra vivide realtà fatte di contrasti estremi.
La sua arte, a cui dedica tutto se stesso fin da giovanissimo spinto da una fervida immaginazione, compagna di giochi fusa a un’atavica disposizione alla solitudine che si porta dietro ancora oggi tra la sua casa d’artista di Raffo, frazione di Petralia Soprana, immersa nel verde lussureggiante delle Madonie e il blu del mare dentro il quale tramonta il calore del sole di Favignana, isola colma di meraviglia dove vive per gran parte, nasce dai chiodi con la precisa volontà di sublimarvi il dolore di un abbandono lacerante che diviene creazione e continua in un crescendo magistrale con qualsiasi materiale ispiri il suo estro. Chiodi fusi gli uni agli altri, creano sculture straordinarie che si allungano senza fine su un’anima fatta di fil di ferro fino a diventare suggestive figure antropomorfe che sembrano portare tutto il peso dell’universo ma al medesimo tempo tendere verso la speranza di una redenzione che affranca. Un’inedita lettura per raccontare l’intensa introspezione, l’esperienza privata a tratti difficile, la ferma condanna per le brutture di una società abile a stringere sovente in un abbraccio che soffoca.
A Gangi, il Rinaldi, personalità eclettica al di fuori da ogni schema, figlio d’una Sicilia di altri tempi e autore fra l’altro del magnifico Premio omnia-Città di Gangi 2024 recentemente conferito al giornalista e scrittore di origini gangitane Giuseppe Sottile a conclusione della prima edizione dell’Omnia Gangi Fest, ha portato tutto il suo vissuto nell’elegante e complessa esposizione che ha felicemente condotto i visitatori, attraverso un viaggio sorprendente pervaso anche di memorie comuni, tra le sue opere capaci di stendere un velo di resiliente bellezza sui travagli umani, dalle ombre riflesse sospese tra matericità e poesia, tra l’invisibile e il silente che è essenziale rivelare e non certo rimuovere. Una genialità espressiva che invita alla riflessione e induce profondi quesiti esistenziali atti a spalancare portali su mondi interiori sconosciuti e allargare orizzonti impensabili dalle molteplici sfumature, tocca agli occhi di chi guarda saperle cogliere e dar loro quel colore che inevitabilmente si fa emozione, ineffabile e improvvisa.
Maria Piera Franco