Voglia di occulto: esiste un bisogno sociale di irrazionalità?

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Se dovessimo fotografare il mondo occidentale attuale, verrebbe fuori l’immagine di una società completamente dominata dalla tecnologia e dalla scienza. Finalmente, i sogni dei filosofi positivisti sembrano essersi avverati. Su altre società e altre culture e altre sottoculture, il discorso si complica. Sono stati realizzati sogni tecnologici straordinari, di fronte ai quali non solo le oniriche descrizioni di Jules Verne, ma persino le più razionali fantasie di Stanley Kubrick  risultano superate. Vi ricordare il computer Hal del film “2001: odissea nello spazio”? Un ingombrante mastodonte, tutto valvoloni e transistor, dalla voce gracchiante, e per giunta incazzoso. Non è più così, e la realtà ha superato la fantasia. Si sono evolute soprattutto tutti gli ambiti che afferiscono alla comunicazione. Internet, la mitica ‘rete’, ha reso reale la globalizzazione. Posso collegarmi a  Internet, non solo per mezzo di un normale computer portatile, ma mediante un meccanismo strano che, senza fili, utilizza il mio super-telefonino per la connessione. In questo momento (ma ovviamente sempre) potrei essere collegato con il posto più sperduto dell’Australia – non riesco a pensare a un posto più lontano – o stare a dialogare, via audio e video, tranquillamente con un amico giapponese, e – casomai io o lui non conoscessimo entrambi l’inglese – magari con traduzione simultanea dal giapponese, dall’italiano, forse anche dal siciliano. Da parte sua, lo stesso super-telefonino fa di tutto: foto, filmati, registrazioni, si collega a Internet di suo, tiene la mia agenda, la mia rubrica telefonica, e mi fa da segretario selezionando automaticamente le chiamate in entrata. Sono convinto che possa fare pure i toast, ma non ho ancora avuto il coraggio di provare.

Ma non basta. Il livello di competenza scientifica e tecnologica è, oggi, diventato elevatissimo, in ogni campo della conoscenza, medicina, fisica, biologia, elettronica, ingegneria e quant’altro. Non è più ‘politicamente corretto’ nemmeno il semplice indulgere a idee, pensieri o credenze che vadano contro l’immagine obiettiva di una scienza rigorosa, ricca e foriera di luminosi futuri per l’umanità tutta. E’ giusto, direi che è anzi necessario. Che bello!

Il problema è che le cose non stanno proprio così, perché parallelamente assistiamo, viceversa, ad un dirompente successo dell’occultismo e dell’irrazionalismo, sia come semplice propensione alla fantasia ed a temi genericamente magici, sia come diffuso interesse verso argomenti etichettati come pseudo – scientifici.

L’occulto, insomma, è offerto in generose porzioni e condito in tutte le salse. E, come è ovvio, i media sono i grandi anfitrioni di questa abbuffata. Prendiamo in considerazione, per esempio, i palinsesti televisivi. Sono stracolmi di programmi centrati su problematiche occulte. Ce n’è per tutti i gusti: enigmi archeologici, fenomeni paranormali di vario ordine e tipo, misteri politici, temi ‘para-storici’. Il menù è veramente ricco. Si va dall’ormai un po’ abusato tema dei Templari (chi erano, cosa hanno fatto, che è depositario dei loro segreti), alle origini occulte del nazismo e al mistero di Albert Speer, il famigerato e misterioso architetto e amico del Furher; si passa attraverso i misteri che sembrano avvolgere l’assassinio di John F. Kennedy  e si arriva all’immancabile mistero delle Piramidi di Giza (chi le ha costruite? E come? E perché?). Non mancano ovviamente alieni, dischi volanti e sette diaboliche.

I temi occulti però la fanno da padrone, da anni, anche in campo letterario; non so esattamente quanti libri siano stati pubblicati sui Templari, i Crociati e il Graal, i Vangeli apocrifi e i misteri della storia del Cristianesimo da quando il bestseller di Dan Brown, “Il codice Da Vinci” ha reso note al grande pubblico queste tematiche e altre ancora. Immagino che siano decine. Nel campo, poi, della fiction letteraria, il dominio di temi magici è incontrastato: basti pensare al clamoroso successo del personaggio di Harry Potter, una vera e propria saga di magia ormai arrivata, nelle traduzioni italiane, non so nemmeno a quale volume. Credo che l’autrice – la geniale JK Rowling  – cominci ad avere qualche difficoltà per così dire ‘cronologica’: la saga comincia con un Potter bambino di 11 anni nella scuola Hogwarts per aspiranti maghi; ma gli anni sono passati anche per lui, così la Rowling ha deciso che Harry doveva un po’ crescere, ultimare gli studi. Ha fatto bene. Il povero Harry-ragazzino tra un po’ rischiava di ritrovarsi a fare il servizio militare o dovere trovare un sano lavoro per sbarcare il lunario, magari vendendo hot dog per la strada. Così, Potter potrebbe anche andare all’università e fare finalmente qualcosa di serio. Ma attenzione: se si iscrivesse al Trinity College, potrebbe incontrare la bella Sidney Fox, una archeologa che si diletta a risolvere misteri, ritrovare spade incantate o impadronirsi di magici talismani. E’ stata la protagonista di Relig Hunter, un serial televisivo di qualche anno fa che aveva tutte le carte in regola per incollarti col sedere sul divano per un’ora. Una collega della Fox, Lara Croft è stata invece la protagonista di Tomb Raider, una serie televisiva, (ma anche cinematografica, ma anche un celebre videogame, ma anche una lunga serie di fumetti e storie varie); la bellissima Lara va in cerca di tombe, tesori e articoli del genere, con in più la sicumera derivante dal fatto di essere figlia d’arte (il padre, nella fiction, era anch’egli un famoso archeologo).

Non mancano, giustamente, i cartoon, a cominciare dai Ghostbusters, ispirati ai celebri e divertenti film di qualche anno fa, che periodicamente vengono riproposti, con tanto di poltergeist e fantasmini color verde pisello per contorno…. Non menziono i vari  talk show, che frequentemente dedicano almeno qualche minuto a temi occulti, di maggiore o minore serietà, beninteso, né tantomeno i programmi di buona divulgazione storica o scientifica che dedicano sporadiche puntate a qualche argomento misterioso. E doverosa menzione va fatta dei programmi di astrologia, ammanniti in tutte le salse e comunque divertentissimi. C’è anche da aggiungere che  ‘pezzi da novanta’ di questa silenziosa invasione di temi occulti sono alcuni film, di una produzione cinematografica comunque vastissima, che, per quanto spesso di una stupidità sconvolgente, talvolta sono davvero interessanti. Mi riferisco per esempio a opere cinematografiche di buon livello, come l’abbastanza recente The Others, di Alejandro Amenàbar, praticamente la storia di una famiglia di fantasmi, che inconsapevole di essere tale, avverte la presenza di misteriose entità, che in realtà sarebbero poi dei viventi (si, lo so, c’è un po’ di confusione, ma il film è ben costruito, comunque con una bella interpretazione di Nicole Kidman). O al più datato The sixte sense, su un tema molto vicino.

Insomma, si tratta di una vera e propria invasione, non solo sul versante dell’informazione, ma anche su quello della letteratura, del cinema o del più puro entertainment.

Voglio precisare che le considerazioni fatte sinora non hanno alcun intento critico. Mi sono limitato a tentare di fotografare una situazione sociale e culturale innegabile. Chi si aspettasse, da parte mia, valutazioni scandalizzate di questo rinnovato interesse verso l’occultismo di larghe parti della società, rimarrà deluso: infatti non credo che ci sia alcunché di scandaloso nel prediligere storie di spiriti, folletti, case infestate e stregonerie, anzi di tratta di argomenti dal fascino antico. Se poi ci riferiamo in modo più preciso a tematiche che si avvicinano al ‘parapsicologico’, non credo di essere la persona più adatta a valutazioni da scettico oltranzista. Mi pongo però una domanda: perché le ‘azioni’ della borsa dell’occulto sono sempre in rialzo?

A fronte della difficoltà obiettiva di fornire una risposta, dobbiamo ammettere che l’interesse per l’occulto si incrementa in alcuni periodi, come risposta individuale e comunitaria a situazioni di crisi politica, economica o sociale, una sorta di reazione nevrotica al disagio individuale e sociale che indurrebbe ad una fuga verso tematiche irrazionali, comunque rassicuranti – cosa che la scienza non può garantire. Esisterebbe allora una equazione “disagio – insicurezza – fuga nell’irrazionale”.

In realtà, il desiderio di fruire maggiormente di fatti magici o misteriosi sembrerebbe esprimere semplicemente la voglia di sfuggire a momenti di esasperato tecnicismo, ad una immagine del mondo troppo razionale ed inadeguata ad esprimere bisogni e fragilità psicologiche profonde. Non è un caso che la voglia di irrazionale emerga in maniera più evidente proprio quando il progresso tecnologico e scientifico raggiunge standard di eccellenza, con una contraddizione, badiamo bene, solo apparente. E’come se, quando, in un dato periodo storico, i progressi della ragione scientifica e della tecnologia raggiungono il loro massimo livello, riemerge, imperiosa, una voglia travolgente di irrazionalità.

D’altra parte è qualcosa che si presenta sempre nella storia della scienza e del pensiero occidentale. Bastano pochi esempi. Il trionfo ideologico dell’Illuminismo, nella prima metà del ‘700, fu seguito repentinamente dall’affermazione di movimenti irrazionali, dall’occultismo in tutte le sue forme allo spiritismo. Certo, resta la curiosità di capire quali siano le motivazioni di questo bisogno di un ritorno all’irrazionale, in momenti nei quali il progresso scientifico e tecnologico si fa più forte e incalzante. In teoria questo dovrebbe essere rassicurante e rafforzare la nostra fede nella ragione. Perché dovremmo essere così… irragionevoli?

La spiegazione di questa apparente contraddizione è forse più biologica che psicologica, sociologica o politica. Nel progressivo incalzarsi delle scoperte che hanno costruito il nostro progresso scientifico, la nostra specie ha probabilmente enfatizzato il ruolo dei processi corticali, e dimenticato il resto. Dimenticato, cioè, che esiste in noi tutti una parte profonda del cervello che di razionale non ha nulla. E’ il paleoencefalo, è quel sistema libico che regola le emozioni, e che segue registri di funzionamento assolutamente irrazionali, istintuali, emozionali. E ha dimenticato ancora che i nostri due emisferi cerebrali seguono regole diverse per consentire il nostro adattamento nel mondo, e che queste regole sono fatte di ragione scientifica, ma anche di irrazionalità, di tecnica ma anche di arte, di scienza quanto di poesia. Questi sistemi cerebrali agiscono in maniera sintonica, e mantengono l’omeostasi della nostra percezione del mondo. Il loro equilibrio, pertanto, deve essere costante, deve avere come risultato un bilanciamento perfetto di ragione ed emozione. Quando ciò non accade, per i motivi più vari, automaticamente provvediamo al riequilibrio, individualmente o collettivamente, come perfetti revisori dei conti, e rimettiamo in pari il bilancio.

E’ un meccanismo arcaico connaturato alla nostra specie, che ha portato i nostri remoti antenati a scoprire e perfezionare l’uso della ruota e contemporaneamente ad affrescare splendidamente le grotte di Lascaux. Ma in una strategia biologica globale, un eccesso di tecnici che perfezionano l’uso della ruota, produce altrettanti artisti che affrescano le pareti di una caverna, e viceversa, in una sorta di selezione naturale. Esiste insomma un meccanismo psicologico di all’interno di quel misterioso gioco che, per inseguire un celebre aforisma del pittore Braques, usa le regole per correggere le emozioni e le emozioni per correggere le regole. Le crociate di critici e scettici oltranzisti, le iniziative per la divulgazione della cultura scientifica o i corsi universitari per aspiranti fedelissimi del pensiero razionale non servono assolutamente a nulla, ed è forse bene così. Queste iniziative tracciano vie su carte geografiche puramente teoriche, come quelle medioevali che si limitavano ad indicare l’Africa inesplorata scrivendoci sopra semplicemente “hic sunt leones”, qui ci sono i leoni, (che magari proprio da quelle parti non c’erano affatto). Bella indicazione per un viaggiatore! Allo stesso modo si comportano gli scettici oltranzisti, i razionalisti tutti d’un pezzo, quando disegnano carte geografiche della nostra mente e del nostro comportamento che descrivono non come un luogo sia, ma come dovrebbe essere.  Il che è ancora più irrazionale. Forse dovremmo, in proposito, semplicemente ricordare che, come scriveva Gregory Bateson, “la mappa non è il territorio”.

Giovanni Iannuzzo