Primo Veneroso e la Gurfa di Alia

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Nel segmento di Storia dell’Architettura antica siciliana ancora (quasi) totalmente ignoto al pubblico più attento le ipotesi diventano sorta di testimoni per un’indagine da compiere assieme al lettore. E’ quello che stiamo cercando di raccontare per questa inedita “Via della Thòlos” verso il “Pantheon dei Sikani” della Gurfa di Alia, con aspetti di grande fascino e bellezza della Sicilia sconosciuta, che era già “archeologia” in età coloniale Greca. Illuminanti per il viatico risultano le indicazioni del compianto Primo Veneroso (1933-2014), amico studioso ed importante ricercatore-collezionista del “Bicchiere Campaniforme” siciliano, che mi venne a cercare e sostenne in queste ricerche appena seppe delle mie prime pubblicazioni e discussioni pubbliche.

Nel corso di più sopralluoghi che facemmo assieme alla Gurfa, assieme agli amici Luciano Rizzuti e Ignazio Alessi, ebbe modo di parlarmi con competenza anche degli aspetti di “percezione sottile” che sono “scolpiti con gli Ipogei” diceva. Furono lunghe e appassionate discussioni di “orientamento” su rituali di culto e significati, che continuammo a casa sua a Sciacca; si premurò di raccomandarmi a più riprese, assieme a bibliografie e testi, ricordando che il nostro sito, con il suo monumentale ambiente tholoide è situato proprio in zona liminare e di confine dell’areale di diffusione dalla Sicilia occidentale, almeno quella conosciuta ad oggi, del Bicchiere Campaniforme (Fig.1).

Fig. 1 – Areali del Bicchiere Campaniforme in Sicilia, da: S. Tusa, Sicilia preistorica, ed. Flaccovio, 1994, p. 114

Questo ne aveva scritto di importante: “Alla mescolanza di tecniche, forme e decori vascolari, corrisponde (p. 469) il sincretismo dei culti funerari, dimostrato dalla costante presenza di ceramiche, monili ed oggetti riferibili alla cultura del vaso campaniforme, in tombe dinastiche a grotta ‘di tipo Castellucciano’, accanto ed in commistione con ceramiche ed elementi di corredo sicuramente appartenenti alle culture siciliane del tempo. … Proprio nel carattere rigorosamente esoterico dei rituali funerari deve ricercarsi il sostegno più attendibile della tesi secondo la quale la costante intrusione nelle tombe dinastiche protosicane di elementi culturali campaniformi può trovare una logica spiegazione sol se si ammette la syncrasis dei culti e dei rituali importati dalla civilizzazione del vaso campaniforme con quelli delle popolazioni locali. La commistione delle tecniche ceramiche del beaker con quelle indigene – che si manifesta nelle reciproche ‘traduzioni’ dei motivi ornamentali- è una chiara prova e nello stesso tempo una conseguenza materiale dell’avvenuto sincretismo religioso. … il fenomeno della diffusione della cultura del bicchiere campaniforme costituisce probabilmente –a dottando la accezione Spengleriana del termine ‘zivilisation’ – il più remoto episodio documentabile di espansione civilizzatrice di dimensioni continentali nella Europa antica, nel cui ambito la mitica origine iberica delle popolazioni Sicane – riportata da Tucidide e Filisto – sembrerebbe trovare una ulteriore suggestiva conferma. (p .470)

(P. Veneroso, Osservazioni tecniche sulle ceramiche campaniformi siciliane, in: AA.VV., La preistoria del Basso Belice e della Sicilia meridionale nel quadro della preistoria siciliana e mediterranea, edito dalla Società per la Storia Patria di Palermo, 1991, pp. 461-481.)

Mi piace ricordarne l’impegno coraggioso a sostegno delle mie ricerche con questi stralci di un suo scritto inedito: “La Sicilia si venne…a trovare al centro delle due rotte mediterranee principali, foriere di scambi di merci e di diverse culture: una proveniente dall’ovest iberico, che…diffuse…una ideologia – forse la più antica, fra quelle conosciute, di portata paneuropea – detta del “bicchiere campaniforme” (da un reperto-guida, che è un bicchiere a forma di campana rovesciata); l’altra, proveniente dal Medio e dal Vicino Oriente, in prevalenza dall’area “egeo-micenea”, interessata alle risorse minerarie ed alle derrate che la fertile Isola offriva in abbondanza. …Le ceramiche e le suppellettili del “corredo campaniforme” si sono insinuate nelle sepolture sicane, accostandosi, con reciproci scambi di forme, tecniche e decori, ai corredi rituali indigeni, ma senza influire sul tipo di sepoltura collettiva in ingrottamenti, caratteristico delle culture locali… I Micenei hanno invece lasciato evidenti e talvolta monumentali tracce del loro passaggio modificando il sepolcro “in grotta” indigeno ed introducendo in Sicilia l’idea della cupola, la “tholos”, tipica della propria ideologia funeraria…Prima dell’arrivo dei Greci, il bacino dell’Alikòs – l’odierno Platani – costituì l’effettiva linea di separazione, al centro della Sicilia, fra l’area degli indigeni “Sicani”, permeata dalle influenze culturali iberiche (simboleggiate dal “bicchiere campaniforme”) – ad ovest della vallata- e, ad est, l’area occupata dai Siculi, influenzata dai portatori delle correnti culturali Egeo-Micenee, che hanno lasciato nelle “tholoi” la traccia più evidente del loro passaggio. … Di recente è stata valorizzata nei dintorni di Alia (Montagna , Alessi et alii)  una gigantesca struttura “a cupola”, scavata nella roccia, le cui monumentali dimensioni gareggiano vittoriosamente con  la “Tomba di Atreo”  di Micene, la “tholos” di gran lunga più famosa  di tutto il  continente Europeo. …..E’ stato detto che la Tholos di ALIA poteva essere stata, in origine la  tomba di un sovrano, nel nome di Minosse, morto nella reggia di Kokalos, il leggendario re dei Sicani.  Anche  la mancanza di prove su questa circostanza pareggia il conto con  la “tholos“ di Micene, dato che nessuno ha potuto – né riteniamo potrà mai  –  provare che essa sia in effetti appartenuta ad Atreo. Ma la attribuzione  a Minosse potrà esercitare un fascino  di  non minore intensità.  …..”

Sono gli estratti da un suo scritto del 2005, che ho fra le mie carte, per una idea/progetto di Distretto Culturale che pensammo proprio di chiamare “Via delle thòloi”. Regolarmente scritta e proposta ufficialmente in forma adeguata agli “addetti ai lavori”, come capita a tante altre buone idee, è rimasta lettera morta nel sistema istituzionale siciliano, preso nelle “cose urgenti” al punto tale che nessuno ha il tempo di occuparsi delle “cose importanti”.

E’ sempre stata questa la via maestra per la pianificazione del sottosviluppo. Questo è il motivo principale, vero “mistero della Gurfa” (!) per cui i nostri ipogei protostorici di “Tradizione Dedalica” sono ancora “invisibili” nel capitolo imbarazzante della Grande Architettura Clandestina (G.A.C.) che prima o poi saremo costretti ad esporre con clamore nella elaborazione della necessaria “Dottrina del Risveglio”.

Primo Veneroso (1933-2014), con uno dei suoi Bicchieri Campaniformi.

Carmelo Montagna

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