Di Alessandro Musco (1950-2014) questo si disse in occasione della sua prematura scomparsa sul sito ufficiale dell’Università di Palermo: Titolare di Storia della filosofia Medievale presso la Facoltà di Lettere e Filosofia e Presidente dell’Officina di Studi Medievali di Palermo. Uomo di indiscussa ed appassionata dedizione ai Saperi, ha indagato su vari aspetti delle culture mediterranee, delle tradizioni arabo-islamiche, ebraiche, greco-bizantine, greco-albanesi, armene, latino-cristiane e dell’Oriente cristiano. Grazie al suo instancabile lavoro sono state portate avanti innumerevoli attività formative, culturali, scientifiche ed editoriali per la promozione degli studi medievali con un approccio di studio multidisciplinare ed interdisciplinare. Tutti lo ricorderemo per la sua grande capacità di intessere relazioni tra tutte le persone che lo frequentavano, dagli studenti, ai colleghi, ad uomini politici. Creativo nel trovare ogni soluzione, anche nelle situazioni più complesse. È entrato in contatto con le più svariate Università Internazionali, sempre con l’intento di aprire le frontiere e seminare il campo per i suoi allievi. Membro della Reale Accademia di Spagna, docente presso l’Università di Leòn, nella quale ha inoltre gestito progetti per master internazionali. Ha organizzato innumerevoli convegni nel territorio di respiro mondiale, riuscendo a coinvolgere le più autorevoli personalità, che solo grazie al suo impegno e contagioso amore per la cultura, sono stati ospitati in Sicilia per la prima volta. Tra le altre collaborazioni, menzioniamo quelle con prestigiosi studiosi delle Università di Madrid, di Barcellona (Autonoma), di Leòn, di Oporto, di Freiburg, di Paris-Sorbonne, di Gerusalemme, di Bersheva (Israele), di Damasco.
Per quanto ebbi modo di conoscerlo e stimarlo dal 2004, con affetto reciproco, tutto vero e conforme al suo complesso profilo umano di sintesi fra pensiero ed azione. Addirittura venne a cercarmi, incuriosito dall’eco dei miei primi studi sulla Gurfa. Mi “rimproverò” bonariamente al telefono per avergli “creato problemi di credibilità scientifica” con i suoi colleghi medievisti stranieri, che gli chiedevano notizie più precise nella polemica che cominciava ad ingrossarsi sull’asserita “medievalità conclamata della fossa granaria” da parte degli archeologi di Soprintendenza accreditati, quando, mi disse grosso modo, nel suo parlato misto colorito ed efficace di siciliano colto: “io che sono del mestiere non ne so quasi niente e modestamente pensavo fossero strutture più antiche, tranne gli accenni alla sicura presenza dei Teutonici con preesistenze islamiche e bizantine che ho rintracciato qua e la nell’alta Valle del Platani-Fiumetorto…”.
Cercai allora di rendermi disponibile per tentare di alleviare almeno a parole le sue imbarazzate responsabilità accademiche e concordammo di discuterne di presenza; cosa che avvenne in tempi rapidi ed in più occasioni, fra testi specialistici e citazioni nelle sterminate biblioteche del suo Istituto a Lettere e dell’Officina Studi Medievali.
Poi mi chiese di andare alla Gurfa, di cui aveva solo vaghe notizie contraddittorie e dove non era mai stato.
Quella giornata fu memorabile: dopo un viaggio in cui parlammo d’altro mi chiese di entrare da solo nella thòlos portandosi appresso uno sgabello pieghevole, per i suoi acciacchi all’anca. Restai da solo fuori ad aspettare.
Passato un quarto d’ora circa mi chiamò ad alta voce dandomi del tu, rompendo il reverenziale distacco con cui lo avevo omaggiato. Sempre nel suo parlato misto colorito ed efficace di siciliano colto mi disse lapidario: “Pigliati carta e pinna e scriviti questa consulenza scientifica che ti dò. Primo: conoscendo il rapporto storico che c’è fra noi siciliani ed il lavoro, tutto stu scavo è opera sicura di architetti e maestranze forestiere. Secondo: dobbiamo cercarli nella prima cerchia di Dedalo e suoi seguaci. Terzo: i miei colleghi archeologi se ne sono usciti con la storia frumentaria del granaio medievale, io che sono studioso del medioevo ti dico che è cosa molto antica che sa di preistoria. Così stiamo uno a uno e palla al centro! E dobbiamo fare scrusciu se te la senti”.
Ripresomi dalla posizione inattesa che assumeva da accademico gli chiesi conferma e se per caso non si trattava di battute di sfogo occasionali per la fortissima emozione estetica che sprigiona normalmente quell’ambiente suggestivo.
Mi confermò con calma le sue opinioni e poi discutemmo per una settimana del seguito, giungendo alla sua conclusione di studioso ed editore, con la proposta di farne intanto un breve testo divulgativo bilingue … “per vedere l’effetto che fà” mi disse “poi ne faremo un’edizione definitiva corposa e completa”. Cercò quindi la collaborazione del prof. D. Gailor per la versione inglese del testo riassuntivo che mi chiese di elaborare, al di là delle polemiche contingenti.
Mi comunicò pure il titolo per lui più adeguato, per scuotere una discussione importante sul sito: “Tesoro di Minos”. Vedendo la mia titubanza ad esporci nella prevedibile polemica archeologica con quell’attribuzione “forte”, in assenza di altri dati legittimi di scavo purtroppo mancanti, mi disse: “Capisco la prudenza, ma tu devi fare carriera accademica?” , alla mia risposta decisa “No”, replicò “Allura cafuddramu!”.
Andò esattamente così ed il seguito fu la stampa del testo, che mi disse “deve raccontare in breve la ‘leggenda vera’ di Minosse in ‘Sikania’ “, per giunta in una collana specialistica di testi filosofici importanti quale è Machina Philosophorum.
Fu così che da grande medievista ebbe il coraggio di sostenere la mia ricerca sulla “preistoricità” della Gurfa, definendola giustamente “architettura fisica e sapienziale”. Ecco il suo pensiero in breve: “… La storia della Sicilia e del Mediterraneo è stracolma di magazzini rinserrati e murati: si narra che vi siano raccolte solo cose note … schedate, catalogate, sapute e risapute. Si dice, appunto. Ma è poi vero che tutto abbiamo capito e che di tutto possediamo sapere e che di tutto c’è traccia sicura a partire dai libri di scuola? Su questa presunta sicurezza, i Carmelo Montagna ed, in piccolo, anche chi scrive, amano impiantare il proprio intrigante eros nel voler cucinare pietanze nuove e diverse, molto meno certe delle apparenti sicurezze della cultura accreditata… L’architettura fisica e sapienziale della Gurfa di Alia, santuario irripetibile di una sacralità tutta mediterranea che trova le sue ragioni proprie in diversi millenni alle nostre spalle, diventa un’occasione su cui si misurano taluni di questi inusitati sapori e saperi. Una sorta di DNA che, seppure di memoria antichissima, deve ancora svelare il suo più autentico mysterion e quanto di assolutamente inedito si nasconde tra le pietre, gli anfratti delle rocce e nelle luminose oscurità delle grandiose strutture scavate dalle mani degli uomini. E scavate con arte e tecniche sopraffine. La casualità, certamente segnata non dal caso, come avviene spesso nella strana terra di Sicilia…Questa casualità non casuale si incrocia … con la mia frequentazione con Carmelo Montagna… prima, organica, attenta riflessione su temi ed aspetti che … trova ora … più compiuta espressione in queste pagine che qui presento, con convinta partecipazione, nella collana Machina Philosophorum … Con questo studio, che proponiamo in italiano ed inglese, Machina inaugura una sezione espressamente intitolata Catasto Intellettuale Mediterraneo (CIM). Inventario delle Culture e dei Saperi Mediterranei, un progetto di ricerca internazionale che da qualche tempo ha preso l’avvio con significative collaborazioni scientifiche. … In questo largo scenario di riferimento la Gurfa di Alia occupa uno spazio di prima grandezza: si tratta … di un documento assolutamente unico per ciò che si vede e per ciò che, in quanto invisibile, chiede studio, indagine e ricerca a più mani. La sua arcaica ed aristocratica architettura sacrale che ha percorso tutta l’antichità e per intero l’età medievale e moderna, fino alle pecore cui dava rifugio e tana fino a pochissimi anni fa (!), è veramente un accumulo catastale di saperi in larghissima misura ancora inedito su cui vale la pena investire la sfida di chi, intellettuale per mestiere e professione, vuole ancora curiosare tra visibile ed invisibile, solo per capire. Per nient’altro che per capire se la linea dell’orizzonte è un limite o un confine o una sfida, oppure semplicemente ‘un punto di vista’ che richiama sempre il gusto e la passione del giudizio, dell’affermazione: in una parola, del criterio.” (Dalla Presentazione di A. Musco, in: C. Montagna, Il Tesoro di Minos. L’architettura della Gurfa di Alia tra Preistoria e Misteri, ed. O.S.M., 2009)
Fra le rrecensionii librarie che ebbe Il Tesoro di Minos mi piace ricordare questa: “Iniziativa intelligente quella di offrire un contributo così specifico e serio, ma al contempo del tutto godibile, in doppia lingua, italiano e inglese. …Il volumetto inaugura una collana, Catasto intellettuale Mediterraneo, offrendo studi su una perla: la ‘leggenda vera’ di Minosse in ‘Sikania’ ” (Marco Respinti, Perle di cultura mediterranea, in: Il Domenicale, settimanale, n°37-12.9.2009, p.5)
Fra le idee più importanti che ci lasciò Sandro Musco c’è quel formidabile progetto di ricerca interdisciplinare che volle chiamare Catasto Intellettuale Mediterraneo (CIM). Inventario delle Culture e dei Saperi Mediterranei. Ne varrebbe la pena di continuare a ragionarci, oltre quanto di meritorio già fatto dalla sua Scuola.
Alessandro Musco e la copertina de Il Tesoro di Minos.
Carmelo Montagna