Si è tenuta ieri una visita guidata all’Antiquarium di Himera nel Comune di termini Imerese, dedicata alla presentazione della Phiale aurea di Caltavuturo. Questo straordinario reperto archeologico, di eccezionale pregio e valore, ha avuto una lunga e complessa vicenda giudiziaria che lo ha visto viaggiare dall’entroterra siciliano a New York e poi ritornare in Sicilia.
L’evento, che ha vantato una significativa partecipazione di pubblico, è stato introdotto dal direttore del Parco Archeologico di Himera, Solunto e Iato, Domenico Targia. Successivamente, l’archeologa Laura Di Leonardo ha condotto i partecipanti attraverso una dettagliata esposizione del reperto, fornendo preziose informazioni sul suo contesto storico e culturale. La visita ha offerto un’importante opportunità per valorizzare e promuovere il patrimonio culturale locale, nonché per approfondire la comprensione della storia e garantire la celebrazione e la preservazione della vasta eredità culturale siciliana.
La serata si è conclusa con un tocco di raffinatezza, grazie alla performance della pianista Oksana Pavlova, che ha incantato il pubblico con un elegante recital pianistico. Questo momento musicale ha completato l’evento, offrendo un’esperienza culturale completa e memorabile. Il successo dell’iniziativa ha certamente contribuito ad arricchire il prestigio dell’Antiquarium e del Parco Archeologico, consolidando il loro ruolo nella valorizzazione del patrimonio storico e culturale.
“La phiale mesomphalos (latino patera umbilicata) è una forma ben attestata nel mondo greco, sia con esemplari in ceramica che metallici. Come scrivono nel 2005 Francesca Spatafora e Stefano Vassallonel libro “La phiale aurea di Caltavuturo” Breve guida a cura della Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Palermo. La sua funzione, prevalentemente legata alle libagioni ed alle offerte alle divinità nel corso della celebrazione di riti religiosi, fa sì che in taluni casi le phialai siano particolarmente preziose ed entrino a far parte dei tesori dei templi e dei santuari. Con ombelico centrale largo cm 3,9 e profondo cm 2,7; bordo pressoché verticale, alto cm 1,8 e spesso cm 0,35, con orlo leggermente inspessito. Ad esclusione del bordo, la vasca è interamente decorata a sbalzo, con la tecnica della punzonatura e della cesellatura, e ad incisioni ottenute con microbulini a punta sottilissima. La decorazione, in rilievo sul lato esterno del vaso, consiste di quattro fasce concentriche, ciascuna costituita da 36 elementi continui e di misura crescente dal centro verso il bordo. Il cerchio interno, più vicino all’omphalos, è formato da una fila di faggine, le altre tre fasce concentriche sono costituite da ghiande.
Mentre gli spazi tra i frutti delle tre fasce interne sono definiti da eleganti linee, nodi e perline, le ghiande della fascia esterna si alternano ad un delicato motivo costituito da api e fiori di loto stilizzati. La fascia intorno al profondo omphalos centrale, è decorata all’esterno con un raffinato motivo vegetale con grappoli, foglie e tralci di vite, che si sviluppa con elegante andamento curvilineo.
Nella parte interna della coppa, quasi a circondare l’omphalos, è applicato un sottile collarino zigrinato che segna e ricopre, verosimilmente, il punto di saldatura della vasca e dell’omphalos. Attorno ad esso vi è un cerchio di piccoli semicerchi decorati internamente con motivi lineari e tra il cordoncino e l’omphalos una fascia circolare in cui si alternano quindici palmette a sette petali tra cui si riconoscono fiori di loto stilizzati. Seconda metà IV-prima metà III sec. a.C. La storia del “recupero” della phiale è lunga e complessa, trattandosi non soltanto della riscoperta di un eccezionale reperto archeologico ma, ancor prima, del frutto di un’importante e difficile inchiesta giudiziaria che ha segnato un rilevante traguardo dello Stato Italiano nel recupero del patrimonio storico-artistico illegalmente trasferito all’estero”.
Salvina Cimino