Freud e la percezione extra-sensoriale

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Sigmund Freud, il fondatore della psicoanalisi, come numerosi altri scienziati che vissero e operarono nel periodo storico che sta a cavallo tra diciannovesimo e ventesimo secolo, fu affascinato da quel campo di ricerche che attualmente viene definito “parapsicologia”, la disciplina che ha a che vedere con fenomeni come trasmissione del pensiero e telepatia, vi­sione a distanza, previsione del futuro e altri ancora.

Occuparsi di simili argo­menti era un rischio per chiunque fosse nella condizione di Freud, quel­la cioè di uno studioso che aveva già affrontato diverse battaglie per l’affermazione scientifica della psicoanalisi. Occuparsi di telepatia e di occultismo non avrebbe giovato sicuramente all’immagine della psicoa­nalisi come scienza. Infatti, a fronte di ricerche scientifiche di tutto ri­spetto, esi­steva un vasto e potente “movimento spiritico” fondato sulla credenza che si potesse comunicare con il mondo dei defunti e che i fenomeni “paranormali” fossero al tempo stesso una sorta di mezzo di comunica­zione con questa realtà trascendente e una sua manifestazione; insomma, una serie di credenze e ipotesi tutt’altro che scientifiche. Tale movi­mento, peraltro, ruotava intorno a figure spesso molto discutibili sul piano mora­le, i cosiddetti medium, che non raramente frodavano per accrescere o mantenere il loro prestigio. La scoperta di queste frodi non aveva certa­mente favorito la nascita di un serio movimento di ricerca, anzi aveva allontanato ancora di più gli studiosi seri da questo campo. Vi erano a questa regola ben poche eccezioni, rappresentate da personaggi che rite­nevano di avere sufficiente prestigio e autorità accademica per potersi dedicare disinvoltamente a questi studi, senza correre per questo il ri­schio di essere considerati di scarsa serietà. Anche l’interesse più sincero non poteva che cedere di fronte a questa obiettiva situazione. Il che spiega come mai all’interesse espresso da Freud in via privata non corrispose un uguale impegno pubblico.

Freud aveva incontrato fenomeni misteriosi nel corso della sua pratica di anali­sta. Il confronto con questa realtà misteriosa e aliena alle conoscenze scientifiche del suo tempo fu, per un certo periodo, sicuramente critico. Nel 1899 egli aveva già scritto una breve nota su un caso occorso ad una sua paziente, che aveva sognato di incontrare una persona, cosa che poi realmente avvenne il giorno dopo nelle stesse circostanze del sogno.

L’interpretazione che egli diede di questo fenomeno non fece alcun ri­ferimento alla sua presumibile obiettività: la paziente, cioè, non avreb­be incontrato realmente l’amico sognato bensì un’altra persona, alla quale per esigenze psicologiche specifiche, avrebbe attribuito l’iden­tità dell’altro. Egli considera un’impressione il fatto d’avere ricordato un sogno presunto profetico e lo ritenne un falso ricordo.

Un altro riferimento ai sogni profetici si trova nella prima edizione della Interpretazione dei sogni, ed ha lo stesso carattere critico: “E il valore del sogno per la conoscenza del futuro? Naturalmente non è il caso di pensarci”. Anche nella Psicopatologia della vita quotidiana vi è un ac­cenno ai fenomeni “occulti”, in particolar modo ai sogni precognitivi e ai presagi.

Nel 1907, egli espose pubblicamente le sue credenze in fatto di telepatia e fenomeni paranormali. Dopo aver dato la sua interpretazione della su­perstizione, egli pone un problema fondamentale:

“Ammettendo di non aver affatto esaurita con queste osservazioni la psicolo­gia della superstizione, dovremo d’altra parte almeno sfiorare il problema se sia da negare assolutamente che la superstizione abbia radici nella realtà, se sia cer­to che non esistano presagi, sogni profetici, esperienze telepatiche, manifesta­zioni di forze sovrannaturali e simili. Sono lungi dal voler rigettare in blocco questi fenomeni, sui quali si hanno molte osservazioni accurate anche da parte di intellettuali eminenti e che molta opportunamente dovrebbero formare og­getto di ricerche ulteriori. È anzi da sperare che una parte di queste osservazio­ni trovi chiarimento in base alla nostra incipiente conoscenza dei processi psichici inconsci, senza imporci radicali alterazioni delle nostre concezioni odierne”.

Freud, insomma, fu inizialmente scettico nei confronti delle tematiche “paranormali”, ma successivamente subentrò qualche cambiamento. Il più importante risale probabilmente al 1907, e coincide con l’inizio dei suoi rapporti personali e pro­fessionali con Carl Gustav Jung. Freud e Jung si erano conosciuti perso­nalmente nel marzo del 1907. Se le loro opinioni, allora, coincidevano su molti argomenti, sicuramente erano abbastanza dissimili per quanto si riferiva ai fenomeni “paranormali”.

Jung era non solo un entusiasta sostenitore della realtà di tali fenomeni, ma egli stesso ne era un attivo studioso, probabilmente anche un protagonista. D’altra parte sembra che egli avesse delle solide tradizioni di famiglia in questo campo; aveva inoltre studiato una medium quindicenne, dimostrando, alla fine, che i fenomeni spiritici in realtà non esistevano e che, invece, le diverse personalità che si presen­tavano nel corso delle sedute medianiche non erano entità di defunti, bensì un prodotto della dissociazione della personalità della medium, che dava vita a personalità alternanti. Su questo argomento elaborò la sua tesi di laurea in medicina.

L’incontro tra Jung e Freud, ebbe come, comunque, come conseguenza un rinnovato interesse di quest’ultimo verso i fenomeni “paranormali”, come è dimostrato dalla loro corri­spondenza fra il 1907 e il 1912. Freud, però, non si era fatto convincere dagli entusiasmi del suo “allievo” preferito. Spesso espresse anzi il suo disappunto per questi ingombranti di Jung, come dimostra un di­vertente episodio.

Nel corso di una visita di Jung a Freud, mentre questi contestava al­l’allievo ancora una volta certi aspetti non condivisibili delle sue creden­ze, avvenne un fenomeno singolare: nella libreria si udì un fortissimo schianto, che non poteva essere spiegato in alcun modo normale. Jung sostenne allora che ce ne sarebbe stato molto probabilmente un altro, il che puntualmente avvenne, a testimonianza, quasi, che lo stesso Jung aveva capacità insolite – come si potrebbe peraltro evincere da quanto egli stesso descrive nella sua autobiografia. Freud rimase molto im­pressionato dall’episodio. Il suo turbamento però non durò molto a lun­go. Quando Jung, in una lettera datata 2 aprile 1909 gli ricordò’ l’episodio, Freud tentò di fornire una spiegazione meccanicistica e razio­nale, un po’ secondo i criteri che lui stesso aveva enunciato nella “Psico­patologia della vita quotidiana”:

“Dapprima – rispose – volevo considerare come una prova se il rumore, così frequente durante la sua visita, fosse completamente cessato in sua assenza; invece da allora si è ripetuto alcune volte, ma mai in connessione con i miei pensieri e mai quando pensavo a lei o a questo suo problema specifico (anche in questo momento no, aggiungo come sfida)”.

Se ]ung aveva contribuito a mitigare la durezza di alcune sue posizio­ni precedenti, su Freud ebbero comunque una influenza ben più deter­minante sia i rapporti con un altro allievo, Sandor Ferenczi, con quale partecipò ripetutamente ad incontri ed esperimenti, studiando in particolar modo il caso di una medium indovina di Berlino, e rimanendo sufficientemente convinto della realtà delle sue capacità. Mantenne però questo interesse e queste sue convinzioni rigorosamente nella sfera del “privato”, perché occuparsene in pubblico avrebbe potuto ave­re conseguenze non irrilevanti.

Bisognò quindi attendere il 1921 perché Freud si decidesse ad esporre in un articolo le sue idee sulla telepatia in maniera meno sfuggente di quanto avesse fatto sino ad allora. Si sentiva più sicuro di poterlo fare.

Da poco, nel 1919, Freud era stato nominato professore dell’Università di Vienna, un titolo acca­demico di grande prestigio. La psicoanalisi come movimento aveva an­che avuto il suo momento di gloria: dopo la rivoluzione ungherese, a Budapest, su richiesta degli studenti, era stata istituita la prima catte­dra universitaria di psicoanalisi che era stata affidata a Ferenczi. Nello stesso tempo il movimento aveva ricevuto una sostanziosa donazione da un paziente, il dottor Von Freund: questo contributo economico, nelle speranze di Freud, avrebbe potuto generosamente sovvenzionare tutte le attività della Società di Psicoanalisi da lui fondata. Inoltre, la psicoanalisi era ormai stata riconosciuta come scienza clinica e sociale. Oltretutto, i pochi pa­zienti consentivano a Freud di impegnarsi maggiormente nella sua atti­vità teoretica e speculativa.

Una parte delle riflessioni di Freud fu dedicata alla telepatia, in un periodo che vide, tra l’altro, la formulazione di importanti concetti teorici (esposti nell’opera Al di là del principio del piacere). Ancora una volta furono riflessioni comunque molto caute. Nel 1921, durante una serie di colloqui, in novembre, con i suoi più stretti collaboratori, espose un lavoro che aveva preparato quell’estate, durante una vacanza a Gastein. Il lavoro, dal titolo Psicoanalisi e telepatia, non fu pubblicato, se non postumo nel 1941. Lo scritto è di grande interesse perché mostra dal un lato il cambiamento nelle idee di Freud relativamente all’argomento e dall’altro le sue costanti perplessità nei confronti del movimento “occultista”.

Freud interpretava la forte affermazione dell’occultismo come ri­sposta ad una perdita di valori dovuta alla guerra e alla necessità di “un tentativo di compensazione volto a trasporre in una sfera diversa, ultra­terrena, le gioie della vita che su questa terra hanno perduto il loro fa­scino”.

Freud non sottovaluta comunque i rischi dell’eccesso di credenza acritica nel paranormale. Un tale atteggiamento fideistico ricorda le antiche fedi religiose e la psicoanalisi, che tutto sommato deriva “dall’ambito delle scienze esatte” non può che guardare con diffidenza a queste pretese”. Egli era molto preoccupato non tanto dalle pre­tese dell’occultismo, quanto dalla possibilità che esse incontrino un fa­vore sempre maggiore:

“È praticamente certo che l’occuparsi di fenomeni occulti porterà ben presto alla conferma che un certo numero di essi si verifica effettivamente; c’è tuttavia da presumere che ci vorrà molto tempo prima che si giunga a una teoria accet­tabile riguardo a questi fatti nuovi. Cionondimeno coloro che stanno lì a spiare con avida attenzione non attenderanno tanto a lungo. Ottenuto un primo con­senso, gli occultisti dichiareranno che la loro causa ha vinto, estenderanno il convincimento relativo a una singola affermazione a tutte le altre, lo faranno passare dai fenomeni alle spiegazioni dei fenomeni che sono da essi predilette e che sono loro più congeniali. I metodi della ricerca scientifica devono servire infatti agli occultisti esclusivamente da trampolino per portarsi al di sopra del­la scienza. Ma guai se salgono così in alto!”

“E non sarà – continua Freud allarmato – lo scetticismo degli astanti e de­gli ascoltatori a farli esitare, né una protesta collettiva a farli desistere. Verran­no salutati come chi è venuto a liberarci dalla pesante costrizione intellettuale, e tutta la credulità che ancora sopravvive dai giorni infantili della storia umana e dagli anni infantili dei singoli individui si farà loro incontro con esultanza. Potrà allora essere imminente uno spaventoso collasso del pensiero critico, del postulato deterministico, della scienza meccanicistica: riuscirà il metodo scien­tifico a evi tarlo non abbandonando per nessun motivo i concetti quantitativi della forza e della massa e le qualità della materia?”.

Le perplessità di Freud erano fondamentalmente relative a quello che potremmo definire l’impatto sociale e filosofico di queste scoperte sulla nostra cul­tura e sulla visione scientifica del mondo. L’occultismo gli sembrava una bomba il cui scoppio avrebbe potuto incoraggiare un ritorno al pen­siero magico infantile, all’irrazionalismo in tutti i suoi molteplici aspet­ti. L’interesse di Freud per alcuni fenomeni misteriosi, come la telepa­tia, era insomma abbondantemente controbilanciato dalla paura che questi studi sfuggissero dalle mani degli scienziati per costituire quasi una nuova religione dell’irrazionale. Egli stesso è perfettamente coscien­te di questi due aspetti del suo pensiero in proposito: “Il mio atteggia­mento personale rispetto a questa materia continua ad essere riluttante e ambivalente”. Eppure, per quanto riguardava la telepatia, la reputava una ipotesi degna di considerazione.

E infatti nel 1922 pubblicò il suo primo contributo sul tema: l’articolo Sogno e telepatia, nel quale Freud tenta di chiarire quali possano essere le relazioni tra il sogno e i fenomeni telepatici., stabilisce alcuni fatti fondamentali: anzitutto “il fatto incon­testabile che la telepatia è favorita dallo stato di sonno”, che comunque non è una condizione insostituibile per il verificarsi del fenomeno tele­patico. Poi il fatto che un messaggio telepatico possa essere inconscia­mente percepito anche con una notevole dissonanza temporale rispetto a quando il sognatore ne diventa cosciente.

“Si può benissimo pensare che un messaggio telepatico giunga nello stesso momento in cui si svolge l’evento ma venga percepito dalla coscienza solo du­rante il sonno, nella notte successiva, o anche durante la veglia, ma dopo un po’ di tempo, in una pausa dell’attività intellettuale”.

Alla fine dell’articolo, tenta ancora di scusarsi:

“Vi ho forse dato l’impressione di essere segretamente incline a sostenere la realtà della telepatia in senso occulto? Se sì, sono molto spiacente che sia così difficile evitare una simile impressione. Perché io desideravo davvero mantene­re un’assoluta imparzialità. E ho tutte le ragioni di voler essere imparziale, dato che non mi sono fatta un’opinione precisa e di queste cose non so nulla”. Ancora una volta si tratta di un’affermazione “diplomatica”. Insomma, come si dice, un colpo al cerchio e uno alla botte.

Dal 1925 in poi Freud, per diversi anni, si astenne dal fare commenti su questo argomento. Era una prudenza scientifica più che giustificata. A fronte di pochi studiosi motivati da ragioni scientifiche, gli studi sui fenomeni paranormali continuavano ad essere sostanzialmente un calderone nel quale trovava­no posto tutti gli aspetti dell’irrazionalismo moderno: spiritisti, Chri­stian Science, cultori del pensiero magico che costituivano la stragrande maggioranza di coloro che si occupavano di questi argomenti. Gli stu­diosi seri, decisi a comprendere la natura di alcuni peculiari e misteriosi fenomeni (come, appunto, la telepatia) erano in netta minoranza. Minoranza, però, alla quale ammise di appartenere:

“Se qualcuno dice che ho ceduto al pec­cato gli rispondo calmo, che la mia conversione alla telepatia è un affare privato, come il fatto che sono ebreo, come la mia passione per il fumo e come molte altre cose, e che il tema della telepatia è in sostanza alieno dalla psicoanalisi”.

Con queste affermazioni il discorso sulle convinzioni di Freud sulla telepatia si chiude, senza alcuna apertura a irrazionali pratiche spiritiche e occultistiche.

Freud pubblicò il suo ultimo lavoro sull’“occultismo” nel 1932. Si tratta del contributo più completo e maturo, nel quale egli riassume le sue opinioni derivate da riflessioni che duravano, ormai, dal 1899. Si tratta della trentesima lezione della Introduzione alla psicoanalisi, dedica­ta proprio al rapporto tra sogno e occultismo. Ed è meno diplomatico del solito. Scrive infatti:

“Forse dite dentro di voi: “Ecco un altro uomo che nella sua vita ha lavorato onestamente a indagare scientificamente la natura e che, invecchiando, è diven­tato debole di mente, devoto, credulone”. So che alcuni grandi nomi rientrano in questa categoria, ma non crediate di potermi annoverare tra costoro. Devoto, perlomeno, non lo sono diventato e, spero, neanche credulone. È però vero che chi si è tenuto chino tutta la vita per schivare uno scontro doloroso con I fatti, è disposto anche nella vecchiaia a curvare la schiena di fronte a nuove: realtà”.

Freud ipotizza, anche, che specialmente la trasmissione del pen­siero possa fornire una migliore base scientifica per interpretare in modo meccanicistico il mondo spirituale: se l’atto mentale di una persona su­scita il medesimo atto mentale in un’altra persona, può essere ipotizza­bile che qualcosa di mentale si trasformi, per potere essere “trasmesso”, in qualcosa di fisico che poi venga ritrasformato al suo “ingresso” in un’al­tra mente in un contenuto psichico. La telepatia inoltre offrirebbe la possibilità, per Freud, di comprendere comportamenti naturali altresì incomprensibili, come la comunicazione e la volontà collettiva in grandi insiemi di insetti. Ancora, la telepatia potrebbe aver avuto una specifica funzione di comunicazione nell’uomo primitivo e potrebbe anche essere un ideale mezzo di comunicazione tra madre e figli. Ormai Freud si sentiva libero di poter discutere di temi tanto controversi: la raggiunta stabilità del suo movimento, la sua enorme fama, la mancanza di ulteriori ambizioni accademiche gli consentivano una libertà di pensiero prima di allora impossibile.

Freud nel 1939 aveva dovuto raggiungere Londra. Aveva lasciato Vienna dopo l’Anschluss, ed era fortunosamente sfuggito alla Gestapo. Non sarebbe ritornato più sull’argomento; oltretutto ormai il problema della telepatia e dell’occultismo era ampiamente sopravanzato da altri e ben più gravi problemi. Con il suo ultimo contributo, nel 1932, Freud aveva sancito la legittimità di certe ricerche e la loro importanza per la comprensione della natura dell’uomo.

Giovanni Iannuzzo