Tracce del rito di “Catabasi” negli ipogei della Gurfa di Alia

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Per quanto ne ho potuto capire, per “l’incartamento istruttorio della perizia tecnica” che ho in corso agli ipogei della Gurfa di Alia, almeno tre sono gli indizi probanti che depongono per il tracciamento del rito antichissimo della Catabasi in quel luogo di grande sapienza ancestrale. 1. La vasca triangolare per le abluzioni appena fuori dagli ingrottati, con “letto di posa” per il “sonno d’incubazione” adiacente (foto 1); 2. Il “vano ad utero” con sovrastante cisterna, sospeso a mezza altezza dal pavimento della seconda “stanza”/Megaron del primo livello, dove doveva praticarsi la ritualità per la de-costruzione del candidato allo stato larvale per affrontare il “viaggio” psichico e fisico (foto 2); 3. Il “pozzo di discesa” di collegamento verticale (foto 3), con il sottostante “vano a tenda”/cripta funeraria dinastica con 12 segnaposto sulle due “banchine” laterali ed “abside” quadrilatera ad incasso centrale sulla parete nord.

La mia risposta per dotare queste strutture di un minimo di senso e sottrarle alla banalità interpretativa di un loro semplice uso contadino la trovate di seguito.

I riti di Catabasi-Anastasi , discesa nella Morte e risalita di Rinascita, nei culti mediterranei sicuramente sono stati praticati in Sicilia a partire dalla Preistoria, almeno per quanto riguarda le “prove iniziatiche” collegate con la gestione del potere sacrale/politico del Basileus dei Sikani, o Minos Minoico, o Wanax Miceneo. Figure che esercitavano poteri di vita e morte presso le loro comunità; proprio per questo dovevano essere eroicizzate dimostrando di essere capaci di sopravvivere dopo avere toccato il regno prossimo alla morte senza essere morti. Elemire Zolla ne ha scritto un testo formidabile nel 2002 “Discesa all’Ade e resurrezione”, dal quale riporto la parte più illuminante, che mi ha fatto capire tante cose dell’ipogeo Tomba dinastica/Tempio/Santuario della Gurfa di Alia, in particolare per la presenza del “pozzo” di discesa alla “stanza a tenda” sottostante. “In greco il di’u accadico si chiamò mégaron, parola di etimo misterioso, forse risalente alle radici dell’ebraico me’arah. Ciò che vi deve accadere è un movimento della psiche, che si denomina ‘discesa’, catabasi. Erano cripte dove si scendeva per prepararsi all’ascesa in cielo. La meglio nota stava nel santuario di Trofonio a Lebadea e ne parla Pausania. Ci si calava scivolando prima su una corda, penetrando quindi in un buco, dove un turbine avvolgeva il corpo spegnendo la coscienza e sospingendolo all’interno: lì sopravvenivano visioni …Chi giunge a questo luogo mortuario senza essere morto prima dà prova di essere iniziato. …Lì si sognava e si poteva guarire mercé un sogno guaritore. Era la catabasi, l’immersione nel regno prossimo alla morte, dal quale era possibile ritornare in vita riabilitati alla salute”.

Carmelo Montagna