Le “stanze perdute” della Gurfa di Alia e quelle antiche scale

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Arrivati a questo punto del percorso, avviandoci alla conclusione dell’itinerario dopo la sessantina di interventi che Esperonews  ha ospitato, sulla Via della Thòlos, alla ricerca del significato che gli ipogei della Gurfa di Alia celano “in piena luce”, brevemente riassumo quello che ne ho capito dopo un ventennio abbondante di studi confronti e riflessioni. In breve: con moltissima probabilità, è il Telesterion/”Palazzo delle iniziazioni”per la figura del Minos/Re del Mondo, architettura di “Tradizione Dedalica” Egeo-Sikana, sintesi monumentale di altre centinaia di ambienti accomunabili per ragioni progettuali di forma e genealogia. Un ragionamento semplice e di prima approssimazione potrebbe essere questo: se Paolo Orsi nella sua sapienza riconobbe nella Thòlos monumentale di Sant’Angelo Muxaro la “Tomba del Principe”, da qualche parte doveva trovarsi una “Tomba del Re”; che potrebbe benissimo essere la nostra della Gurfa, per monumentalità e sapienza costruttiva. Sulla Tomba/Tempio/Santuario del Minos nella “Chora di Kamikos” abbiamo acquisito la ragionevole certezza che doveva esser un monumentale ambiente liturgico/funerario annesso ad un Tempio di Afrodite, di scala dimensionale e territoriale adeguata alla grandezza di uno dei più importanti Re della protostoria mediterranea. Da “Telesterion liminare” doveva essere situato in un punto strategico di contatto, per le relazioni geopolitiche che gestiva nella probabile “anfizionia/dodecapoli” degli Indigeni, fra la costa del Tirreno e quella del Canale di Sicilia. Per quanto riguarda la forma doveva avere a che fare con la tradizione costruttiva della coeva architettura Egeo-Minoica: cioè un Palazzo con una struttura a thòlos. Si trovava nella “Chora di Kamikos”, attuale entroterra agrigentino delle idrovie Platani e Salso. Per una operazione militare in risalita del Platani/Halykos verso Himera, quella Tomba/Tempio/Santuario venne “rinvenuta” e distrutta nel 480 a.C. dal tiranno di Agrigento Terone, che restituì con operazione di abile propaganda politica i resti mortali del Minosse di cui parlano le fonti storiche ai Cretesi (circa mille anni dopo i “fatti”!). Questi indizi, assieme al “Limen della Chora di Kamikos” posizionato ragionevolmente da Pietro Griffo al displuvio di confluenza dei bacini idrografici Platani-Torto, da Heraclea Minoa a Mura Pregne, ci portano in zona di contatto di età greca fra i sistemi territoriali di Akragas ed Himera. Questi elementi probanti di “archeologia del paesaggio” spiegano da soli l’ubicazione degli ipogei della Gurfa; del perché quella thòlos, la più vasta del Mediterraneo, con i suoi ambienti di servizio, si possa trovare proprio la. In attesa di più precisi dati archeologici e datazioni su reperti, che purtroppo ancora non arrivano, questa è la mia posizione di sintesi.

Dopo la catastrofe culturale della perdita della sua memoria storica, alla Gurfa di Alia c’è quello che resta di un impianto ipogeico monumentale dell’età del Bronzo, di sofisticata progettazione e realizzazione, dove è possibile rintracciare l’uso di moduli di “geometria aurea”. L’impianto viene ricavato, “tre generazioni prima della guerra di Troia”, ristrutturando radicalmente una precedente area sacra con necropoli Eneolitica e del Bronzo Antico di cui restano tracce di “stanze perdute” ed alcune tombe a grotticella nella parte sommitale. Un sistema di scale esterne intagliate in roccia, ancora leggibile, collega tutti i livelli. Il suo “dedalico” costruttore mostra di conoscere la memoria dei modelli di case-tombe a thòlos ciprioti di Choirokotia e del Megaron ligneo anatolico-frigio di Gordion. Sembra essere una struttura unitaria che ha al piano inferiore una vasta camera funeraria dinastica collegata ad un grandioso ambiente a thòlos per il culto, con sovrapposte le “stanze” di un Santuario, in cui si praticava il rito dell’ “incubazione” e della “catabasi”: rimandi straordinariamente simili alle descrizioni larvali che le fonti storiche fanno per l’Heroon e tomba-tempio della figura “Misterica/Sacrale” del Minos/Re del Mondo in Sikania, da ricercarsi nella valle del fiume Halykos-Platani. La Gurfa si trova infatti in un importante sito nel cuore della Sikania dell’età del Bronzo, nel punto di snodo strategico fra i sistemi fluviali Platani-FiumeTorto, che in antico collegava Himera, sul Tirreno, con Heraclea Minoa, sul Canale di Sicilia; da lì dovette passare il tiranno agrigentino Terone nel 480 a.C. quando, in marcia su Himera per la sua conquista, “rinvenne” e distrusse la tomba-tempio che si attribuiva alla figura del Minos, che trovò la fine dei suoi giorni in Sicilia. In assenza di reperti archeologici da scavi ufficiali, oltre la quantità impressionante di indizi che mi hanno orientato nell’attribuzione, le tracce evidenti di distruzione ed incendio dei rivestimenti lignei alla Gurfa , assieme al “Tridente” inciso che vi ho rinvenuto a parete, ancora aspettano una datazione.

Mie recenti indagini con ricognizione fotografica da un drone hanno confermato l’evidenza di grandi strutture murarie di sommità, totalmente inedite, a servizio della parte più antica della necropoli rupestre, con intagli e pareti di ‘stanze perdute’ che meritano accurate indagini (Fig. 1). Un sistema di gradini esterno in roccia collega ancora adesso tutti i livelli fino alle ‘cisterne superiori’ passando per le ‘stanze’ del primo piano. Sono presenze strutturali di grande interesse e mai in precedenza attenzionate dal punto di vista archeologico.

Quel percorso di accesso con scale, dalla “vasca triangolare con letto di posa” in basso (Fig. 4) fino alle tombe a grotticella antichissime di sommità (Fig. 5), è argomento che da solo indica un intervento unitario sul ‘prospetto’ attuale degli ipogei, per accedere alla necropoli più antica del livello superiore, con i gradini meno usurati rispetto a quelli di accesso al primo livello delle quattro ‘stanze’, che presentano livello di usura doppio o triplo; cosa che logicamente non dovrebbe accadere per ambienti dati come ‘medievali’ e quindi molto più recenti. (Figg. 2-3) E’ questo l’indizio certo di un originario percorso di ascesa-discesa su tutti i livelli agibili del costone roccioso, con uso successivo e molto più intenso per l’evidente usura dei gradini delle “stanze” del primo piano in età post-antica medievale e contemporanea.

Il ragionamento sulla “stranezza” della differente usura del rapporto “alzata-pedata” nel confronto fra la diverse scale, evidentemente di matrice unitaria, porta alla conclusione che il primo livello delle “quattro stanze” ha una continuità d’uso intenso abitativo in epoche successive alla primitiva fattura di tutto l’impianto rupestre e fino al nostro tempo. La presenza di “rope-holes/fori da fune” a parete esterna sulle scale (Fig. 3), in posizione poco pratica per uso contadino, suggerisce anche l’ancoraggio di cordami carpenterie e strutture lignee verticali andate perdute.

Fig. 1 – Gurfa: sesti d’intaglio e strutture murarie esterne di sommità, con il percorso di accesso gradinato alle ‘stanze perdute’, dalla thòlos ‘piccola’, in basso, alla necropoli rupestre più antica con ‘cisterne’ per le ‘stanze’ sottostanti del primo livello. (Foto cortesia di Roberto Lumia, da riprese con drone effettuate il 24.3.2024)

Figg. 2 e 3 – Immagini da riprese con drone dei sesti delle strutture murarie esterne di sommità, con evidenziato il percorso unitario di accesso gradinato alle ‘stanze perdute’, dalla thòlos piccola (A) alla necropoli rupestre più antica con ambienti di ‘servizio’ (B) e ‘cisterne’ collegate con le ‘stanze’ sottostanti del primo livello. Da notare la presenza di ‘fori passanti/rope holes’ a parete sulle scale “molto usurate”. (Foto cortesia di Roberto Lumia, da riprese con drone effettuate il 24.3.2024).

Fig. 4 – Primi scalini superstiti intagliati, “poco usurati” ad inizio del percorso di accesso in salita per la sommità.

Fig. 5 – Scalini “poco usurati” a parete laterale di accesso fra il primo livello delle “stanze” e quello superiore delle tombe preistoriche a grotticella.

La cosa certa è che, vista la tristezza dei tempi, non possiamo più permetterci di trascurare una presenza di straordinaria importanza per la stessa Storia dell’Architettura antica in Sicilia, anche per farne volano di sviluppo socio-economico per tutta l’area di riferimento indotta dell’entroterra siciliano “povero”, fra il Platani ed il Salso. Ma questa è un’altra “materia”.

Carmelo Montagna