Sessualità e salute: la filosofia taoista

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L’interesse della scienza occidentale, in particolare della medicina moderna, nei confronti della sessualità è piuttosto recente.

In realtà i testi antichi non mancano di descrizioni di disfunzioni sessuali cui tentavano di dare un’interpretazione eziopatogenetica; ma è solo verso la fine del diciannovesimo secolo che si è cominciato a studiare la sessualità dal punto di vista medico. Brown-Sequard, un pioniere nell’ambito dell’endocrinologia, nel 1887 aveva presentato una relazione, alla Società di biologia di Parigi, nella quale descriveva gli effetti benefici che un estratto acquoso di testicolo di cane poteva esercitare sulla funzione sessuale – effetti, peraltro, che egli aveva sperimentato direttamente su se stesso!

Questa ricerca può essere considerata il primo passo verso lo studio della sessualità sul piano organico.

Si devono poi certamente a uomini della statura di Havelock Ellis e Sigmund Freud le prime speculazioni e le prime ricerche scientifiche su tale argomento, nonché il tentativo in genere di ‘dare un senso’ al sesso, astraendolo da quel mare magnum di pressapochismo e pregiudizio nel quale sino ad allora era stato immerso.

Basti pensare che, nella sua Psychopatia sexualis, Kraft-Ebing, uno dei più autorevoli psichiatri dell’Ottocento, riteneva che la masturbazione femminile fosse una grave perversione; e Fliess, amico e maestro del padre della psicanalisi, era convinto che la si potesse e dovesse curare con una fantasiosa, quanto irresponsabile operazione al nasi delle povere pazienti isteriche.

Si può dire che, sino alla metà del Novecento, le conoscenze sul sesso, sulla sua natura e gli aspetti psicofisiologici, erano semplicemente relegati al luogo comune, alla tradizione o addirittura sentito dire. Poi, con i primi studi (il rapporto Kinsey e successivamente le ricerche di Masters e Johnson), il sipario si cominciò a levare sul misterioso palcoscenico del sesso, interessando numerose discipline scientifiche, dall’endocrinologia, all’etologia, alla psichiatria.

Eppure ancora oggi manca, in occidente, una vera scienza – o forse sarebbe più opportuno dire una vera cultura – della sessualità: anche la recente sessuologia sembra solo un’astrazione e una sintesi di nozioni sul sesso troppo arraffazzonate e diseguali per poter costituire un corpus di conoscenze omogeneo.

Non accade così in altre culture, dove lo studio attento della sessualità ha sempre costituito una parte integrante della medicina, ma soprattutto una parte integrante della vita individuale e sociale, per cui appare del tutto scontato e consequenziale che essa rivesta un grande interesse per la scienza medica.

D’altra parte, trattandosi in genere di medicine olistiche, unitarie, una corretta valutazione della sessualità fa parte del retroterra culturale di queste civiltà. Non deve perciò stupire che la medicina tradizionale e la filosofia cinese hanno suggerito, per secoli, un’immagine della sessualità decisamente differente da quella occidentale.

Fra mito e realtà

Si è molto a lungo favoleggiato sulle conoscenze e le tecniche sessuali dell’Estremo Oriente; probabilmente ciò è dovuto al fascino esotico che sempre esercita questa parte del mondo, rivelandosi particolarmente stimolante per l’immaginario dell’uomo occidentale medio. Se ancora non bastasse, bisogna ricordare il grande contributo dato dalla prima traduzione, a opera dell’eclettico Sir Richard Burton, in piena epoca vittoriana, del Kama Sutra, un testo religioso indiano.

Il libro contiene tutte le norme che il dio Prajapati diede agli uomini per regolare il ‘kama’, l’amore, ai fini del raggiungimento della perfezione spirituale. Inevitabilmente, la stragrande maggioranza degli occidentali lo lesse come un vero e proprio prontuario delle posizioni amorose.

Burton, peraltro, non risparmiò commenti insoliti e piccanti sui costumi sessuali cinesi (sostenendo fossero omnifuentes, che si accoppiavano cioè con tutto), sollecitando un’immagine decisamente insolita circa il modo di vivere la sessualità in quella parte del mondo. Così l’Estremo Oriente in genere – dall’India, alla Cina, al Nepal – ha finito per rappresentare una sorta di mito sessuale per l’uomo medio. Viceversa, ben pochi sono stati gli sforzi compiuti al fine di comprendere cosa si celasse dietro le favole e i vaneggiamenti erotici (ed esotici) degli occidentali.

Sta di fatto che, per quanto riguarda la Cina, esiste in realtà una ricca tradizione culturale medico-sessuologica. Si ha conoscenza di almeno otto trattati sull’argomento, risalenti alla prima dinastia Han (206 a.C. circa-220 d.C.), i quali non ci sono giunti intatti, e noti in genere come Fang-zhonq (dentro la camera da letto) e Fanq-Zhong-shu (arte della camera da letto).

Quello che ci interessa, in questa sede, è discutere brevemente di quella che potremmo chiamare la ‘filosofia sessuale’ della cultura cinese tradizionale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute sessuale come  “l’integrazione degli aspetti somatici, affettivi, intellettuali e sociali dell’essere sessuato, in modo da pervenire a un arricchimento della personalità umana, della comunicazione e dell’amore”. Ed è proprio questa la chiave di lettura con la quale osservare, nel suo insieme, la cultura sessuale cinese, e mettere a confronto i due diversi modelli.

Una lotta contro il tempo

Per comprendere senza equivoci il senso della sessuologia tradizionale cinese, bisogna studiare la filosofia che in qualche modo ne rappresenta l’anima: il taoismo. Movimento di pensiero sulle cui origini storiche gli studiosi si sono ripetutamente interrogati, senza trovare risposte unanimi, esso ha una prima codificazione nel Tao Te Ching di Lao Tzu, risalente al VI secolo a.C. circa. Tradotto e interpretato in un numero incalcolabile di versioni, il Tao Te Ching detta le norme fondamentali di una filosofia che riportiamo con le belle parole di Jolan Chang:

“…Alla base della filosofia taoista c’è la credenza che l’energia e il momentum sono le fonti di tutta la vita. Nello schema universale delle cose noi esseri umani siamo piccole creature insignificanti e vulnerabili. A meno che non siamo in armonia con quelle fonti – la forza infinita della natura – non possiamo sperare di durare a lungo… Il Tao è la forza infinita della natura. La filosofia del Tao è il durare”.

In questa lotta contro il tempo – una lotta parsimoniosa, comunque, e sempre armonica – la sessualità aveva una funzione importantissima. Non a caso uno degli aspetti principali della filosofia taoista è il raggiungimento della longevità, e la storia dell’antica Cina è disseminata di esempi di imperatori che ne andavano alla ricerca. Le pratiche sessuali taoiste vanno inserite in tale contesto. Nell’antica medicina taoista si pensava che l’uomo potesse vivere centoventi anni e più, ma per raggiungere questo scopo (la longevità del cielo) bisognava seguire alcune e precise norme. Anzitutto difendersi dalle aggressioni esterne (caldo e freddo, per esempio), quindi da quelle interne (sentimenti eccessivi o inadeguati, alimentazione scorretta), infine era necessario rinvigorire la propria essenza vitale. L’uomo, o la donna, doveva nutrire lo spirito con la meditazione e la contemplazione, il proprio soffio vitale con una corretta respirazione, il corpo con alimenti e piante toniche, e infine nutrire l’essenza vitale con i cosiddetti esercizi della camera gialla, in altre parole: praticare il sesso secondo i criteri del Tao (la camera gialla era quella del mitico Huant.ti, il leggendario imperatore autore del testo forse più celebre dell’antica medicina cinese). È per questa ragione che la medicina taoista considerava l’atto sessuale come uno dei fattori più importanti per il mantenimento della salute psicofisica e spirituale, così come l’alimentazione, l’esercizio fisico o la meditazione.

Un modello olistico

Ovviamente, queste convinzioni si basavano su alcuni concetti teorici fondamentali della medicina tradizionale, che soli consentono una corretta interpretazione della sessualità, e che ci limiteremo appena ad accennare, data la complessità della teoria medico-filosofica cinese.

Ci rifaremo ai concetti di yin e di yang, la dottrina dell’opposizione delle forze cosmiche. Tale opposizione permea tutti gli aspetti della natura e del mondo, e domina quindi anche la sessualità. Da questo punto di vista lo yang può essere identificato con il seme, e con l’essenza seminale (jing). L’eiaculazione porta ad una perdita di jing e a una diminuzione dello yang. L’ideale sarebbe allora di avere rapporti senza eiaculare, non solo per conservare lo yang, ma anche per assorbire lo yin della donna, che ha una funzione fortificante. D’altra parte anche alla donna i canoni taoisti suggerivano di non raggiungere l’orgasmo, per conservare il proprio yin e accumulare lo yang dell’uomo.

L’astinenza non è invece consigliabile perché non accresce lo yang, e conduce alla morte. Da qui il consiglio di avere una vita sessuale molto attiva, ma con poche eiaculazioni. Questa pratica – nota in occidente come coiutus reservatus è la parte della tradizione sessuale cinese sicuramente più nota.

Ma il senso del discorso sessuale taoista non può certamente esaurirsi in così poco. Ha, al contrario, una dimensione ben più profonda, che lo connota come atto relazionale, come ricerca del piacere, dove non esiste repressione e senso di colpa, in cui l’aspetto fisico, psicologico e affettivo si integrano, in una visione olistica che non trova riscontro in occidente – e, tutto sommato, nemmeno in epoca moderna. La via che la sessuologia taoista indica è una via che conduce all’armonia, alla conciliazione degli opposti; un modello fusionale e universale dell’amore. Per citare ancora Chang: “Secondo il taoismo… non può esservi soluzione ai problemi del mondo senza un sano approccio all’amore e al sesso… senza l’armonia di Yin e Yang, fontana della vita e della gioia, non restano che morte e distruzione”.

Occidente e Oriente a confronto

Ben lungi dall’essere una serie di pratiche più o meno strane, la sessualità taoista poggia su un modello relazionale estremamente ricco e complesso.

E di sicuro la storia sembra dare ragione a questa visione. Scrive H.R. van Gulik, sinologo e fra i massimi studiosi della sessuologia tradizionale cinese: «Con ogni probabilità è stato grazie a questo atteggiamento mentale (considerare l’atto sessuale come parte dell’ordine della natura… mai associato con un senso di peccato o di colpa morale), unito alla quasi completa mancanza di repressione, che la vita sessuale degli antichi cinesi è stata, nel suo insieme, notevolmente sana, libera dalle aberrazioni e anormalità patologiche che troviamo in tante grandi culture antiche ».

Non solo. La stessa moderna cultura occidentale, come accennavamo in apertura, ha cominciato a occuparsi del sesso solo di recente; e se da un lato se ne è appropriato per farne oggetto di studio, dall’altro lo ha ancora più colpevolizzato e confinato nella medicalizzazione. La psichiatria ha avuto un bel da fare a catalogare una serie di aberrazioni, perversioni, devianze, che non trovano riscontro nell’antica cultura cinese, tranne, secondo l’autorevole parere di Needham, il feticismo e l’abitudine di bendare i piedi, “sconosciuta prima del X secolo e oggi totalmente scomparsa”.

Diverso è anche l’atteggiamento nei confronti della pornografia, totalmente ignorata nel senso occidentale del termine. L’immagine erotica veniva anzi utilizzata come strumento ‘pedagogico’ per le giovani coppie. Un esempio poetico di questa usanza ci viene offerto dal romanzo Il tappeto da preghiera di carne, di Li Tu, un poeta e drammaturgo cinese vissuto durante la dinastia Ming, contemporaneo di Shakespeare.

Il libro racconta la storia del rapporto di coppia di un giovane studioso, Wie-yang-sheng, e della giovane Yu-Hsiang. La giovane è stata educata con estrema severità di costumi e quindi rivela una eccessiva ‘pruderie’. Per educarla all’arte dell’amore, il marito compra un costoso album erotico, per sfogliarlo assieme alla moglie, e grazie a questa strategia la giovane Yu-hsiang riceve la propria educazione sessuale.

Una filosofia sostanzialmente fatta di accettazione e libera, quindi una visione della sessualità come dono, in un costante tentativo di riequilibrare gli opposti: questa la visione taoista del sesso. Riguardo alle pratiche specifiche, bisogna anche qui considerare quali effetti reali abbiano avuto.

“Le teorie taoiste dell’amore – scrive Gulik – hanno costituito in tutte le epoche il principio fondamentale dei rapporti sessuali cinesi, con la curiosa conclusione che per oltre duemila anni il coitus reservatus deve essere stato ampiamente praticato in Cina, senza che ciò incidesse negativamente, a quanto pare, sulla procreazione o sulla salute generale della razza.”

Per rendersi conto delle differenze culturali, basti pensare che persino Freud – sicuramente un pioniere indomito nel richiamare l’attenzione sull’importanza della sessualità – riteneva che il coitus reservatus fosse una pratica pericolosa che esponeva l’uomo o la donna al rischio di nevrosi d’angoscia.

Si tratta certamente di un’ulteriore testimonianza di due modi diversi di considerare la sessualità. D’altra parte lo stesso Freud riteneva che fosse la civiltà, con la repressione degli istinti sessuali, a produrre le manifestazioni del nervosismo moderno; intuendo qualcosa che era già ampiamente noto, in tutt’altra epoca, ai medici taoisti.

Forse, ancora una volta, la medicina tradizionale, e la filosofia che la sottende, può mostrarci modi diversi di valutare la realtà e di costruire un nuovo modello del mondo.

Giovanni Iannuzzo

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