Uno sciamano come terapeuta

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Gli sconosciuti artisti che, in piena era glaciale, dipinsero sulle pareti delle grotte di Altamura, in Spagna, e di Lascaux, in Francia, le immagini straordinariamente vivide e realistiche del loro mondo quotidiano non immaginavano certo che migliaia di anni dopo, quegli affreschi avrebbero fornito una chiave di lettura per la comprensione dell’enigma dello sciamanesimo. Enigma perché a tutt’oggi gli studiosi non concordano sulla natura di questo antichissimo insieme di culti e riti. Pratica religiosa, culto magico, metodo terapeutico, abile inganno: forse lo sciamanesimo è tutto questo, arte e scienza, mitologia e rito, pratica grossolana e culto dello spirito.

Nel linguaggio comune il termine sciamanesimo viene utilizzato per designare qualunque forma di pratica magica primitiva, comprese quindi le pratiche mediche tipiche dello stregone e del medicine-man. Questa accezione del termine, sebbene non errata, è sostanzialmente imprecisa. Lo sciamanesimo, in senso stretto, è infatti un fenomeno religioso storicamente e geograficamente determinato, circoscritto all’area siberiana e centroasiatica. La stessa parola sciamano deriva del tunguso shaman, un termine che, a sua volta, sembra, sia stato importato dall’India (sebbene al riguardo esistano diversi problemi interpretativi).

In ogni caso, lo sciamanesimo si pone come complesso con caratteristiche sue proprie. Per dirla con Eliade «benché lo sciamano sia, fra l’altro, un mago, non ogni mago può essere qualificato come sciamano». Diffuso nel mondo in diverse regioni (in Siberia, in Canada, in Mongolia, in altre zone dell’Unione Sovietica, in Ungheria, e via dicendo) il culto sciamanico consente di dare uno sguardo a quella che deve essere stata l’arte medica in tempi remotissimi, quando la specie homo sapiens si aggirava ancora tra le prime brumose albe della preistoria. In questo senso lo sciamanesimo incarna lo spirito stesso della medicina come arte, colto nel momento in cui baluginava timidamente nello spirito dell’uomo preistorico.

Un mondo animistico

Questo significato dello sciamanesimo diviene pienamente comprensibile solo se ne valutano le premesse culturali. «Il fondamento, la premessa ideologica dello sciamanesimo – scrive Marazzi – sono costituiti dalla ricerca del rapporto, dall’instaurazione del contatto con il mondo soprannaturale attraverso l’esperienza estatica di un intermediario professionale, lo sciamano. Lo sciamano è un esperto nella comunicazione estatica tra il naturale e il soprannaturale. Il suo compito è quello di trovare i mezzi più adeguati a risolvere una crisi già in atto o a prevenire crisi future. Il rito sciamanico è un tentativo di risolvere i problemi del mondo naturale attraverso un contatto estatico con il soprannaturale».

Proprio in questo significato di legame tra due realtà diverse è possibile trovare una ragione all’antichità dei riti sciamanici, sino – forse – ai dipinti rupestri di Altamura e Lascaux. Nel dipingere l’animale, l’uomo primitivo credeva che il suo disegno contenesse un po’ dello spirito dell’animale stesso.

Questa parte di spirito può essere trasportata in un altro animale, e favorire la caccia. Non c’è dubbio sul fatto che l’animale abbia, infatti, uno spirito; è il solo modo che l’uomo primitivo ha di cacciare e uccidere senza sentire su di sé il peso della colpa: uccide il corpo dell’animale, per necessità, ma l’animale è immortale e può sempre rinascere. Ma se l’animale è immortale esiste anche un luogo ove esso abita. È la prima, forse, rudimentale visione dell’aldilà.

Stabilire un contatto con questo mondo dei morti diventa allora necessario per poter controllare gli eventi che riguardano l’individuo e la tribù, la siccità e le malattie, la caccia e il raccolto. Lo sciamano, in questo mondo animistico, abitato da esseri visibili e invisibili, ha il compito di fare da mediatore. Sarà egli a convincere le anime degli animali a tornare agli uomini, sfamarli e provvedere ai loro bisogni. Sarà egli a intervenire ogni qualvolta la comunità necessiterà di un intervento degli spiriti per qualunque evento che la riguardi.

Il suo modo per entrare in contatto con l’altra realtà è la trance, l’estasi, uno stato di coscienza non ordinario che consente alla stessa anima di staccarsi dal corpo – come quella dell’animale dipinto nelle grotte – viaggiare nel mondo dell’aldilà, raggiungere i suoi scopi, che sono poi gli scopi del gruppo (ora chiedendo gli aiuti degli spiriti, ora obbligandoli) e affermare così il suo potere nel gruppo. La trance, l’estasi è il suo strumento di potere, è il mezzo che egli adopera per penetrare in mondi che altrimenti gli sarebbero inaccessibili.

È questa sua capacità a dargli una serie di specifiche funzioni sociali. Una delle fondamentali è quella di medicine-man, medico del suo gruppo, in quanto mediatore del rapporto tra il mondo umano e quello degli spiriti. Ed è dal mondo degli spiriti che proviene la malattia.

Le cause della malattia sono sostanzialmente due: la perdita dell’anima e l’intrusione. La perdita dell’anima comporta l’abbandono del corpo da parte dell’anima, che si perde o viene rubata dagli spiriti maligni, spesso da quelli della morte. Nel caso dell’intrusione, invece, la causa della malattia risiede in un oggetto o in uno spirito che sono penetrati nel corpo del malato. I disturbi causati dalla perdita dell’anima sono quelli nei quali vi è perdita della coscienza (coma, febbre, delirio e via dicendo), mentre all’altra grande categoria appartengono tutti i disturbi fisici o psichici nei quali la coscienza è inalterata.

Il viaggio estatico

Lo sciamano fa diagnosi invocando gli spiriti. Poi provvede alla terapia. Se si tratta della perdita dell’anima, lo sciamano viaggia in forma extracorporea nel mondo degli spiriti, e va a recuperare l’anima del malato, sottraendola agli spiriti che la trattengono. Esistono diverse varianti di questo rito, comunque unico nella sua struttura, che dipendono dalla popolazione presa in esame.

Così, gli Indios Apinayè credono che lo sciamano vada nel paese dei morti, che fuggono presi dalla paura, e in questo modo egli può recuperare l’anima del malato riconducendola al suo corpo. Talvolta, come nel caso della gente araucana, si ritiene che lo sciamano possa anche limitarsi a supplicare l’anima di tornare e riconoscere i suoi parenti, anziché andarla a cercare. Si tratta comunque di una eccezione, in quanto alla base della cura sciamanica sta il viaggio estatico, mediante il quale lo sciamano, più o meno in tutte le culture, riesce a operare una guarigione.

Per questo viaggio nel mondo degli spiriti, egli indossa il suo vestito sciamanico, che rappresenta un uccello o una renna. Si servirà del suo tamburo, che utilizzerà come un cavallo o una renna, e del suo mazzuolo, che si trasformerà in frusta (presso altri popoli il tamburo viene utilizzato come una barca, sulla quale lo sciamano compie il suo percorso estatico). Mentre compie il viaggio in cerca dell’anima del malato, lo sciamano narra ai presenti le vicissitudini della propria anima nei vari cieli che attraversa.

Il viaggio estatico è presente anche quando la malattia è dovuta all’intrusione di uno spirito e non al furto dell’anima. È la trance dello sciamano, infatti, che rappresenta il nucleo centrale della terapia, lo strumento mediante il quale egli fa la diagnosi e trova gli opportuni strumenti terapeutici. Cambiano, comunque, le strategie rituali.

Nel caso in cui la malattia sia causata da intrusione, lo sciamano chiederà aiuto ai suoi spiriti “auditori” per scacciare l’oggetto o lo spirito che possiede il malato. Metterà in atto procedimenti rituali tra i più vari (scopare con delle piume, succhiare, tirare) per raggiungere il suo obiettivo. Quando questo procedimento non basta – quando lo spirito maligno è troppo forte – allora ricorrerà a complesse pratiche di esorcismo rituale.

Sarebbe comunque riduttivo pensare che la medicina sciamanica sia rappresentata solo da una serie di risultati magici. In realtà, lo sciamano ha delle conoscenze specifiche e spesso abbastanza complesse, relative all’anatomia umana e alle sostanze animali che possono essere utilizzate in terapia. Ma, naturalmente, la grande maggioranza delle malattie è, nella sua visione del mondo, di origine magica e in quanto tale va trattata con mezzi magici.

Conoscenze anatomiche

Le conoscenze empiriche degli sciamani sono molto più precise di quanto comunemente non si pensi. Shirokorogoff, celebre studioso dello sciamanesimo dei tungusi siberiani, constatò che essi ricavavano delle conoscenze anatomiche piuttosto precise dalla pratica della caccia. «Quando uccide un nuovo animali  – scrive – il tungus prima di tutto si preoccupa di individuarne le peculiarità anatomiche, cosa questa essenzialissima, perché egli deve scorticare e a volte sezionare l’animale senza rompere né la pelle ne le ossa. Il tunguso appare allora quell’ anatomo che è ».

Né si tratta della superficiale conoscenza dell’anatomia degli animali uccisi. «Va ricordato che il tunguso – scrive ancora Shirokorogoff – non è soltanto un macellaio; è un anatomo interessato allo studio comparato delle ossa e delle parti molli del corpo, che perviene a farsi un’idea precisa delle somiglianze e discrepanze anatomiche negli animali e anche nell’uomo. Ricordiamo che le occasioni di studio dell’anatomia umana si presentano con una certa frequenza e ancor più ciò era possibile in tempi andati, perché i tungus, soprattutto quelli della Manciuria, intervenivano in caso di lesioni traumatiche e, trascorso un certo periodo dal decesso, provvedevano alla pulitura delle ossa, per cui potevano e anzi dovevano conoscere sia lo scheletro che le parti molli dell’organismo».

Quella dei tungus non è un’eccezione. Gli abitanti delle Aleutine, per esempio, avevano conoscenze anatomiche abbastanza dettagliate, per quanto espresse in forma tradizionale (il piloro era per esempio «l’ombelico dello stomaco, il suo riccio»). E le conoscenze degli aleutini non si limitavano solo all’anatomia, ma anche alla terapia vera e propria. Conoscevano l’agopuntura, il salasso, il massaggio, oltre all’uso dei medicamenti vegetali. Simili conoscenze, naturalmente, erano possedute da tutti gli sciamani, per quanto la pratica terapeutica corrente fosse molto più di natura magica che empirica.

La forza terapeutica

Diventare sciamano è il risultato di un training specifico, ed in questo lo sciamanesimo nella sua espressione classica differisce da altre forme di medicina tradizionale, ed è ancora più antico. L’arte sciamanica è malattia, sofferenza e autoterapia. Lo sciamano è quello che definiremmo, in termini occidentali, un malato di mente, uno psicotico, uno psicopatico, talvolta un epilettico. Egli avverte la chiamata degli spiriti, e benché tenti di resistervi non ci riesce: dalla sua malattia mentale, sempre più acuta, potrà uscire solo in due modi: o diventando sciamano o morendo.

Le sue crisi iniziano con attacchi graduali, di tipo epilettoide, o isteroide.

Da questo stato di malattia lo sciamano riesce ad uscire solo dando origine alle immagini confuse e oniriche che lo ossessionano. In realtà è sostanzialmente impossibile – o perlomeno decisamente arduo – spiegare cosa realmente avviene, come lo sciamano da psicotico, epilettico, isterico, o comunque da individuo con personalità patologica, assuma il ruolo di guaritore e di sacerdote.

È un processo ancora ignoto alla psicologia occidentale che consiste in una sorta di misteriosa autoterapia che porta lo sciamano a passare da uno stato negativo, di crisi e confusione psicotica, a uno stato di lucidità, creatività che lo porta ad adempiere alla sua fondamentale funzione sociale.

Egli uscirà dalla sua psicosi con la capacità dell’estasi, di entrare cioè in uno stato di coscienza superiore nel quale è in grado di rivivere i miti e le tradizioni della sua gente, intensificandoli, reinterpretandoli e riproponendoli come strumento per il rafforzamento della psiche collettiva.

Ed è per questo che lo sciamano possiede uno straordinario potere di rassicurazione e di equilibrio per la sua gente, le cui aspettative costituiscono una base assai convincente per spiegare l’effettiva efficacia terapeutica dello sciamano in tanti casi. E questo è l’aspetto che più interessa dal punto di vista medico. Perché, in effetti, non c’è dubbio che spesso gli sciamani sembrano produrre realmente la guarigione dei loro pazienti.

Ci si trova di fronte a un fenomeno per il quale è difficilissimo trovare una spiegazione convincente, non perché di spiegazioni non ve ne siano (ne esistono, al contrario, anche troppe), ma soprattutto perché non esiste una sola spiegazione sufficiente. Sicuramente il particolare clima culturale, empatico, estremamente carico dal punto di vista emotivo, produce qualcosa, una vis terapeutica che è in gran parte sconosciuta dalla medicina moderna. Transfert, empatia, meccanismi: tutti questi fattori entrano in gioco, secondo sottili dinamiche che solo da poco la medicina psicosomatica occidentale sta iniziando a comprendere, e che sicuramente implicano persino l’attivazione del sistema endocrino. Di certo lo strumento terapeutico fondamentale dello sciamano è il suo potere, che gli ha consentito anzitutto di guarire se stesso, trasformando una (apparente) malattia mentale in un’arte incredibilmente perfetta e complessa, per esercitare la quale ha il pieno sostegno del suo gruppo.

Probabilmente è stato un potere come quello sciamanico a fondare la medicina nella preistoria, in quanto il potere terapeutico che lo sciamano esibisce nella sostanza è un rapporto medico-paziente di particolare intensità; ma è soprattutto un rapporto tra due uomini, rafforzato dalle aspettative del gruppo al quale entrambi sentono di appartenere, dalla credenza negli stessi miti e dall’assoluta certezza di avere la stessa visione del mondo, tanto nei suoi aspetti profani che nei suoi aspetti sacri.

Giovanni Iannuzzo

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