La contrada Caràcoli è nota soprattutto per la stazione di servizio dell’autostrada Palermo-Catania (A19), tra gli svincoli di Termini Imerese e Buonfornello.
Si tratta di un toponimo storico, relativo ad una contrada campestre che designa un pianoro, elevato tra una sessantina ed un centinaio di metri sul livello del mare, ubicato nel settore centro-orientale del territorio di Termini, a ridosso delle pendici settentrionali del Monte San Calogero (1326 m s.l.m., la più alta vetta dei Monti di Termini Imerese) e prospiciente sul mar Tirreno. Il pianoro, dal punto di vista geomorfologico non è altro che un lembo di un’ampia superficie terrazzata di origine marina, come attestano i relativi depositi conglomeratici e sabbioso-conglomeratici, prodotta dagli effetti combinati dell’interazione fra le oscillazioni glacio-eustatiche del livello del mare durante il Pleistocene medio, ed il sollevamento tettonico regionale a lungo termine (cfr. M. Agate, L. Basilone, C. Di Maggio, A. Contino, S. Pierini, R. Catalano, Quaternary marine and continental unconformity bounded stratigraphic units of the NW Sicily coastal belt, Journal of Maps, vol. 13 (2), pp. 425-437).
Il toponimo Caràcoli è ben documentato sin dal Quattrocento, nelle fonti archivistiche e, nello specifico, nei rogiti notarili, redatti essenzialmente in lingua latina, dove appare menzionato soprattutto in relazione ai vigneti presenti nella contrada, particolarmente ricercati. Attestazioni si riscontrano soprattutto nei rogiti degli anni 80’ del Quattrocento di notar Antonio De Michele di Termini (cfr. Archivio di Stato di Palermo, Sezione di Termini Imerese, fondo notai defunti, notai di Termini Imerese, atti di notar Antonio De Michele, registro, anno indizionale 1484-1485, vol. 12848). In tali rogiti, nonché in quelli successivi, la forma storica del toponimo è attestata generalmente nel caso genitivo plurale: «Contrata Caraculorum», che quindi va opportunamente tradotta in «Contrada dei Caràcoli». Ciò trova puntuale riscontro, innanzitutto nella versione siciliana orale del toponimo: «I Caràculi» o «Li Caràculi», nonché «Vaḍḍuni ri Caràculi». Tale grafia è attestata ancora nel primo Ottocento in un’opera del poligrafo termitano Baldassare Romano Palmisano (1794 – 1857), studioso particolarmente attento anche agli aspetti toponomastici. Infatti, il Romano nel suo saggio sull’acquedotto Cornelio di Termini Imerese, edito nel 1827, menziona «la contrada de’ Caracoli» (cfr. B. Romano, Saggio sopra alcuni antichi avanzi recentemente scoperti e sulle rovine dell’acquidotto Cornelio in Termini, presso Filippo Solli, Palermo 1827, 74 pp., in particolare, p. 41). Ancora nel Dicembre dell’anno 1866, il naturalista termitano Saverio Ciofalo Geraci (1848-1925), in suo pionieristico studio sulla topografia del Termitano, rammenta la contrada «dei Caracoli» (cfr. S. Ciofalo, Topografia di Termini-Imerese e suoi dintorni, Stamperia di Rosario Perino, 1868, 60 pp., in particolare, p. 16).
La versione del toponimo attualmente codificata nelle fonti cartografiche ufficiali, risale alla nascita della cartografia unitaria tardo-ottocentesca, edita dall’Istituto Geografico Militare di Firenze (cfr. Carta topografica d’Italia alla scala 1:25000, Tavoletta Monte S. Calogero 259 I NO, varie edizioni, dove la contrada è designata Caràcoli). In tal modo il toponimo si è definitivamente ed irrimediabilmente cristallizzato in «Caràcoli» con la perdita delle altre forme attestate dalle fonti documentarie più antiche che, invece, almeno sino da oggi, sopravvivono ancora nella toponimia “parlata” e, che auspichiamo non vadano perdute, ma siano trasmesse alle generazioni future. Urge, infatti, salvaguardare e custodire questi preziosi beni culturali immateriali che sono i toponimi (e soprattutto i microtoponimi, dei quali non vi è generalmente traccia cartografica) dal concreto pericolo della loro rapida e inesorabile scomparsa dalla trasmissione orale, interrompendo l’avvicendarsi da una generazione all’altra, depauperando di questo incalcolabile patrimonio le comunità locali, venendo meno tale cospicuo patrimonio identitario.
Curiosamente, Giampiero Finocchiaro ha collegato l’origine del toponimo Caràcoli allo spagnolo Caracòl ‘lumaca’, ‘chiocciola’. Secondo Finocchiaro, «sarebbe rimasta «una traccia di elegante [?] memoria spagnola nel nome di una contrada nota ormai per una stazione di servizio: Caracoli. E caracoles, appunto, son dette le lumache nella lingua dei vecchi padroni» (cfr. G. Finocchiaro, Tornare ad Isnello, “Nuova Antologia”, vol. 604, 2001, pp. 341-347, in particolare, p. 341). La diversa accentazione tra il toponimo termitano ed il lemma spagnolo, invocato come origine della denominazione, induce a ritenere non plausibile tale chiave di lettura etimologica. Del resto non vi sono attestazioni di una particolare abbondanza di lumache nella nostra contrada termitana che possano giustificare il presunto etimo.
L’etimologia di questo toponimo, a nostro giudizio, invece, deriva dal greco bizantino charakion (χαρακιον) diminutivo (ma anche utilizzato come sinonimo) di charax (χάραξ, genitivo χάρακος) nella forma maschile con il significato di «sulcum», nel senso sia di ‘solco’, sia di ‘fossato’; «vallum» nel senso sia di ‘palo’, sia di ‘trincea’ (cfr. E. Maltby, A New and Complete Greek Gradus, Or, Poetical Lexicon of the Greek Language: With a Latin and English Translation, an English-Greek Vocabulary, and a Treatise on Some of the Principal Rules for Ascertaining the Quantity of Syllables and on the Most Popular Greek Metres, Longman, Brown, London 1850, 830 pp., in particolare, p. 716; J. Donnegan, A New Greek and English Lexicon: Principally on the Plan of the Greek and German Lexicon of Schneider, Carey, Lea & Blanchard, Philadelphia 1834, ad vocem; H. G. Liddell, R. Scott, A Greek–English Lexicon, Clarendon Press, Oxford 1940, ad vocem).
I due lemmi precedenti, a loro volta, derivano dal verbo greco charasso (χαράσσω) che significa generalmente ‘incido’, ‘taglio’ in solchi (cfr. R. S. P. Beekes, χαράσσω, in Etymological Dictionary of Greek, Leiden Indo-European Etymological Dictionary Series, 10, with the assistance of L. van Beek, Brill, Leiden-Boston 2010, pp. 1614-1615). Secondo alcuni filologi, charasso (χαράσσω) deriverebbe dalla radice proto-indoeuropea “ger-”, ‘raschiare’ o ‘graffiare’. Inoltre, questo verbo greco ha il medesimo significato di quello ebraico harash (חרש), ‘incidere’. Da charasso (χαράσσω), inoltre, deriva anche il sostantivo charádra (χᾰρᾰ́δρα) «torrente, torrente di montagna, gola, burrone, torrente che si taglia (χαράσσει) una via giù per il fianco di una montagna» (cfr. H. G. Liddell, R. Scott, A Greek–English Lexicon, cit., ad vocem).
In accordo con il linguista e filologo austriaco Leo Spitzer (Vienna, 7 Febbraio 1887 – Marina di Pietrasanta, 16 Settembre 1960), riteniamo che il lemma greco charàkion, sarebbe poi passato come prestito, non attestato da fonti documentarie, al latino *caracŭlum/characŭlum (cfr. L. Spitzer, Lexikalisches aus dem katalanischen und den übrigen iberomanischen Sprachen, Biblioteca dell’«Archivum Romanicum», serie II, Linguistica, vol. I, L. S. Olschki, Firenze 1921, 162 pp., in particolare, p. 36; Idem, A New Spanish Etymological Dictionary (Cont’d), “Modern Language Notes”, John Hopkins Press, vol. LXXI, n. 4, Avril 1956, pp. 271-283, in particolare, p. 280; W. Meyer-Lübke, Romanisches etymologisches Wörterbuch, C. Winter Heidelberg 1911, ad vocem).
In definitiva, la contrada prendeva nome dal duplice Vallone dei Caràcoli, che trae origine dalla coppia di pittoresche e strette gole che ritagliano il versante settentrionale calcareo-dolomitico del Monte San Calogero. Un terzo impluvio torrentizio, ubicato più ad occidente che, come i precedenti, doveva originariamente solcare il ripiano terrazzato, invece, appare deviato (catturato), in conseguenza di processi erosivi, dal contiguo vallone Calcasacco (nella cartografia ufficiale erroneamente designato Valcasacco). Il solco vallivo del torrente decapitato è diventato un’effimera “valle morta”, sopraelevata rispetto al nuovo percorso, testimoniata anche dalla presenza di depositi torrentizi, disposti a ventaglio, ubicati allo sbocco nel pianoro.
L’assetto morfologico della dorsale di Monte San Calogero è caratterizzato da valli torrentizie ad andamento generalmente lineare che frequentemente appaiono incassate in gole. Ognuno di esse esibisce generalmente un unico canale di magra, intagliato direttamente nel substrato roccioso. Si tratta, pertanto, di alvei torrentizi in roccia, nella quale sono marcatamente incisi ed in grazia di ciò tendono ad essere molto persistenti nel tempo, con una bassa rapidità evolutiva ed un’elevata capacità conservativa delle caratteristiche forme vallive a “V”. Questi corsi d’acqua, in termini di portata sono di modesta entità, dal regime marcatamente torrentizio e, quindi, stagionale, ma che in occasione di eventi meteo-climatici di una certa entità, possono ingrossarsi sino a divenire anche minacciosi nei confronti delle attività e delle strutture di origine antropica. Il regime idrologico, infatti, è francamente legato alla stagione piovosa, ma anche alla nascita di nevai temporanei, la cui fusione fornisce un’ulteriore aliquota alle acque di ruscellamento, originando portate soprattutto primaverili. Nella stagione estiva, invece, le portate tendono decisamente ad azzerarsi. Occorre però puntualizzare che in tale stagione possono verificarsi improvvisi e talvolta violenti fenomeni temporaleschi in quota, di tipo convettivo-orografico, che possono fungere da innesco a delle colate detritiche molto repentine e pericolose per il loro possibile impatto su eventuali infrastrutture poste a valle.
Il rilievo geomorfologico da noi effettuato, soprattutto attraverso l’analisi di foto aeree e satellitari, permette di distinguere nel decorso di questi due torrenti tre tratti caratterizzati da gradienti topografici marcatamente differenti. Nel primo tratto, francamente montano e ad elevata acclività, si osservano due canaloni ad andamento circa N-S, intagliati nel versante settentrionale del Monte San Calogero, profondamente incisi nella roccia lapidea, rappresentata da carbonati mesozoici che costituiscono l’ossatura del rilievo, superando un dislivello topografico dell’ordine di un migliaio di metri. Il loro andamento planimetrico appare chiaramente legato a dei lineamenti tettonici (faglie estensionali e/o trastensive) che hanno dato origine a zone di fratturazione nella roccia carbonatica, più erodibili, esercitando in tal modo un marcato controllo strutturale sul decorso dei valloni. Essi si dipartono dalla cima del rilievo sino a sboccare nel pianoro, dove hanno depositato il materiale che avevano in carico, in conseguenza del rallentamento e dell’espansione improvvisa della corrente, a causa della brusca diminuzione della pendenza topografica e per il venir meno del confinamento laterale, formando un caratteristico ed ampio ventaglio. Allo sbocco del canalone occidentale, infatti, è presente un vasto conoide composito di origine mista. Utilizziamo la dicitura “misto” perché i materiali detritici accumulati, sono legati non solo al trasporto solido da veloci apporti torrentizi, ma anche all’azione di eventi parossistici di trasporto in massa a carattere impulsivo (debris flows) nonché, in alcune circostanze, di correnti a comportamento “ibrido”, i cosiddetti deflussi iper-concentrati (hyperconcentrated flows). Invece, allo sbocco del canalone orientale si osserva appena un blando conoide.
Nel secondo tratto, di attraversamento del pianoro, in un contesto di acclività molto bassa, il decorso dei due torrenti appare francamente molto sfumato e poco visibile, anche a causa dell’attività antropica plurimillenaria.
Nel terzo tratto, invece, i due torrenti sono nuovamente ben riconoscibili, anche per la presenza di una fitta vegetazione ripariale. Essi decorrono affiancati e dovendo superare un dislivello di una cinquantina di metri, esibiscono un profilo francamente a “V”, fortemente inciso non solo nei depositi marini del pianoro terrazzato, ma anche nei sottostanti livelli argillosi. Il loro andamento, pur essendo blandamente tortuoso, si dispone sempre lungo una direzione media N-S, cosa che induce, anche in questo caso, a sospettare l’esistenza di un controllo tettonico. I due torrenti si ricongiungono poco prima del sottopasso ferroviario della strada vicinale delle Chianche, oltre il quale sfociavano un tempo in mare. La realizzazione della litoranea (Viale Targa Florio) ha purtroppo profondamente alterato il tratto terminale del torrente, incrementando i fattori di pericolosità idraulica a causa di scelte di pianificazione territoriale poco oculate.
Soprattutto nei secoli XV e XVI, il progressivo sviluppo della coltivazione della canna da zucchero, specialmente nella piana di Buonfornello, determinò un incremento notevole dell’impatto antropico, affiancandosi alle preesistenti attività agro-silvo-pastorali. La produzione della canna da zucchero richiedeva enormi quantità di legna e ne fecero le spese proprio i Monti di Termini Imerese e, in particolare, la vasta area boscata della dorsale di Monte San Calogero che si spingeva sino agli immediati dintorni di Caccamo [cfr. A. Contino, Aqua Himerae. Idrografia antica ed attuale dell’area urbana e del territorio di Termini Imerese (Sicilia centro-settentrionale), Giambra editori, Terme Vigliatore, Messina, 2019, 300 pp.].
I maggiori rilievi, pertanto, rimasero in gran parte privi del loro manto boschivo e gli effetti nefasti di ciò non tardarono a farsi sentire nei secoli successivi.
Già a partire dalla metà dell’Ottocento, l’area d’indagine venne funestata da eventi alluvionali e dall’attivazione di intensi e vistosi processi di erosione lineare, con conseguente approfondimento degli alvei torrentizi, in special modo nei tratti impostati su substrati argillosi, particolarmente soggetti agli effetti dei processi erosionali. Il restringimento delle sezioni di deflusso, prodotto dall’incisione, inoltre fu responsabile dell’attivazione di processi di erosione verticale e laterale delle sponde torrentizie. A ciò si aggiungeva il progressivo depauperamento della copertura erbacea ed arbustiva. Emblematica, a tal proposito, appare una deliberazione, emanata dalla giunta municipale del comune di Termini Imerese, in data 22 Luglio 1872, da noi rintracciata e qui segnalata per la prima volta. In tale provvedimento, la giunta municipale, poneva giustamente l’accento sulla mancanza di un’adeguata copertura arborea alla base del versante settentrionali del Monte San Calogero e sui danni prodotti in passato da eventi piovosi estremi: nelle aree topograficamente soggiacenti «considerando i danni che la parte ubertosa dell’agro termitano risente dei frequenti alluvioni che si formano nelle dette terre a pendio, in modo che alcuni fertili tenimenti, i quali vi si mostrano, sono ridotti in condizioni di perfetta nudità, solcati da profondi burroni ove per il passato non esistevano che umili rigagnoli – mentre a uguali pericoli trovansi esposti il tronco ferroviario da Termini alla contrada Tonnarella, nonché lo stradale provinciale [attuale strada statale “Settentrionale Sicula” n. 113] che di sovente è stato colmato con rottura di argini e di ponti». La giunta, in maniera unanime, deliberò «di chiedersi al Governo un sussidio e mandar copia al Ministero d’Agricoltura Industrie e Commercio» della detta deliberazione che, in definitiva, chiedeva la realizzazione di urgenti opere di rimboschimento (cfr. Rinsaldamento delle terre a pendio della Montagna di S. Calogero, in Deliberazioni della Giunta Municipale di Termini Imerese, vol. 3, 1872-1876, ms. Biblioteca comunale Liciniana di Termini Imerese, ai segni DGM 3, pp. 45-46).
Negli anni 70’ del XX secolo, la realizzazione di un ampio tratto in trincea dell’autostrada Palermo-Catania e della stazione di servizio “Caràcoli”, ha comportato sbancamenti e conseguenti cospicui accumuli di materiali di risulta, ha stravolto del tutto l’assetto idrografico dell’area, determinando una cesura tra i tratti torrentizi a monte e quelli a valle dell’opera.
Tornando alle due pittoresche gole che anno dato origine alla denominazione Contrada dei Caràcoli, esse rappresentano non solo delle forme del paesaggio geologico, che caratterizzano il territorio di Termini Imerese, ma anche degli esempi spettacolari di geopatrimoni e di geotoponimi, quanto mai dimenticati, che contribuiscono a connotare nettamente il paesaggio termitano.
Questa nostra ricerca rappresenta un ulteriore esempio emblematico dei poliedrici aspetti geoturistici del Termitano. Quest’ultimo, infatti, mostra una cospicua varietà di potenziali geositi, elementi di elevato pregio scientifico, paesaggistico ed ambientale, che attendono ancora di ricevere una giusta valorizzazione, essendo una risorsa in grado di dare nutrimento a nuove forme di crescita socio-economica e socio-culturale, specialmente dal punto di vista geoconservativo e geoturistico. Pertanto, riteniamo che i canaloni del Monte San Calogero andrebbero opportunamente valorizzati essendo una risorsa non solo geologica in senso stretto, ma anche linguistica, attraverso il geotoponimo Caràcoli. Dal punto di vista geologico-geomorfologico sono dei veri e propri “monumenti naturali” nell’ambito del geoturismo, una forma di turismo “sostenibile”, orientato verso gli aspetti culturali e di conoscenza/coscienza del territorio.
Anche questa nostra indagine vuole fare opera di informazione e sensibilizzazione nei confronti dei nostri cittadini, delle autorità competenti e, non ultimi, degli amatori delle “bellezze” naturali, molte delle quali sinora pressoché dimenticate o misconosciute. Si tratta di valori estetici e scientifici che abbiamo il dovere inderogabile di curare, monitorare, valorizzare, anche allo scopo di trasmetterle alle prossime generazioni. Appositi percorsi geologico-paesaggistici, potrebbero essere opportunamente individuati al fine di poter permettere una fruizione di questi esempi di geodiversità, cioè della varietà e della diversità delle rocce, delle loro forme e dei processi in ambito geologico-geomorfologico, che le hanno generate e plasmate alla scala dei tempi geologici. Tali itinerari geologici potrebbero essere di supporto anche all’attività didattica e seminariale rivolta ai discenti di scuole d’ogni ordine e grado, in modo da fornire loro gli strumenti di base, indispensabili per acquisire ed affinare nel tempo la capacità di lettura in chiave geologica del paesaggio e della sua decodificazione secondo gli approcci ed i metodi propri delle Scienze della Terra. L’elevata variabilità morfologica, infatti, è legata in maniera stringente alla lunga ed affascinante storia geologica che ha plasmato i Monti di Termini Imerese-Trabia, originando un’ampia varietà di peculiarità geologiche, alcune delle quali ignote anche agli stessi addetti ai lavori. Del resto, manca ancora una sia pur minima impostazione culturale geologica “di massa”, nonostante l’attività di diversi valenti divulgatori scientifici che operano nell’ambito dei mass-media. Purtroppo, stenta a diffondersi una cultura veramente consapevole della grande valenza del territorio, nello specifico Termitano e, in particolare, dei suoi beni storici e naturali.
Il caso di studio rappresentato dai Caracoli, appare emblematico di come il territorio di Termini Imerese, esibisca una notevole e peculiare ricchezza geotoponomastica, che si coniuga con la sua notevole e peculiare geodiversità; aspetti questi, già messi in luce dagli scriventi in contributi precedenti (cfr. P. Bova, A. Contino, I “Pilèri”: sculture naturali rupestri nel territorio di Termini Imerese, “Esperonews”, 30 Gennaio 2023, on-line in questa testata giornalistica). Tale ricchezza geotoponomastica e geodiversità (che indubbiamente è peculiare dell’intero comprensorio Termini Imerese-Cefalù-Madonie), esibisce elevate valenze scientifiche, turistiche, naturali ed estetiche. Tutto ciò testimonia le cospicue ed ancora sottostimate potenzialità geoturistiche di tale ambito territoriale siciliano, che potrebbero richiamare frotte di geoturisti, attirati da tale cospicuo patrimonio sia geotoponomastico, sia geologico e, nella fattispecie, geomorfologico.
Questa nostra ricerca geotoponomastica e geologico-geomorfologica è stata realizzata applicando proficuamente il nostro ormai ben collaudato approccio intradisciplinare, interdisciplinare e multidisciplinare. Si è operato, infatti, attraverso un complesso lavoro di screening critico del corpus delle fonti archivistiche, cartografiche e orali disponibili, coniugato con peculiari osservazioni geologico-geomorfologiche da fotointerpretazione e da sopralluoghi sul campo.
Concludendo, ci preme sottolineare che il 6 ottobre 2024 è stata la Giornata internazionale della Geodiversità, centrata sul tema “Conservare il passato, sostenere il futuro”. La giornata, infatti è stata l’occasione per focalizzare, non solo sul geopatrimonio, che se non è opportunamente protetto e valorizzato rischia di essere distrutto, ma anche sul ruolo che la geodiversità dovrà assumere nel quadro di una corretta futura pianificazione ambientale. In tale giornata, la Direttrice generale dell’United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization (UNESCO), Audrey Azoulay, ha invitato tutti noi a “vedere paesaggi familiari con occhi nuovi”. In questo nostro studio, iniziato nel 2020, già allora avevamo cominciato a “guardare” il paesaggio termitano in una nuova “luce” e ciò ci ha consentito di arrivare alla “scoperta” dei Caràcoli, gole quotidianamente ben visibili sotto i nostri occhi, ma la cui storia era rimasta sinora invisibile, assieme alla loro importanza geologico-geomorfologica e geolinguistica.
Patrizia Bova e Antonio Contino
Ringraziamenti: vogliamo palesare la nostra più sincera gratitudine, per l’essenziale supporto logistico nelle nostre ricerche e per la consueta disponibilità, al direttore ed al personale dell’Archivio di Stato di Palermo – sezione di Termini Imerese e della biblioteca comunale Liciniana di Termini Imerese.