C’è chi paga un detective per far controllare certi movimenti sospetti della propria moglie, (o del proprio marito, beninteso) chi vuole sapere se è utile fare affari con la tale o talaltra azienda, chi desidera essere rassicurato sulle compagnie dei propri figli. Tutto banale, risaputo. Da qualche anno però si sta diffondendo, anche se timidamente, l’abitudine a raccogliere informazioni sulla casa, sia che ci si viva già, sia che ci si appresti ad abitarla. Si tratta di un costume insolito e ancora poco conosciuto, che si basa sulle teorie e gli esperimenti di una strana disciplina.
Alcuni la chiamano «medicina dell’habitat», altri, con un termine più tecnico, geobiologia; comunque la si definisca, questa disciplina per metà medico-psicologica e per metà architettonica, si occupa della relazione tra il luogo dove abitiamo e il nostro stato di salute. Anche se relativamente non proprio nuovissima (se ne parla con una certa insistenza dagli anni ottanta del secolo scorso), la geobiologia ha in fondo radici molto antiche, visto che il nesso tra la salubrità dell’abitazione e il nostro benessere non sfuggì nemmeno ai grandi medici dell’antichità. Lontana come origini, ma decisamente attuale per interesse. Oggi, infatti, la concezione dell’abitare è mutata in modo profondo; la propria casa, giustamente, non è solo considerata un luogo di riparo, bensì un posto privilegiato, un ambiente dove distendere i nervi, scaricare le tensioni accumulate, favorire la creatività e la vita affettiva.
Mentre per l’uomo preistorico la casa era un luogo nel quale ripararsi dalle aggressioni delle belve e da altre insidie naturali, con il progredire della civiltà si è guardato sempre più all’abitazione che si occupa come a un ambiente importantissimo, nel quale ridurre le tensioni di qualunque natura esse siano e nel quale «ricaricarsi».
Eppure, in pratica, non sempre è così. Spesso, questo luogo «privilegiato» non assolve affatto alla sua funzione ideale; insomma, nervosi in casa allo stesso modo che fuori, poco sereni nel proprio rifugio così come in ufficio o sul luogo di lavoro. È ormai diventato di moda attribuire tutto allo stress, parola magica che, in effetti, può essere responsabile di un buon numero di malesseri; ma proprio lo stress (almeno quello che si accumula quotidianamente per adeguarsi ai ritmi della vita moderna) dovrebbe essere efficacemente contrastato da un soggiorno in un ambiente confortevole, quale appunto la casa. Se ciò non accade, e così è nella maggior parte dei casi, è allora opportuno spostare l’attenzione verso altri fattori di disturbo. E perché non pensare prima di tutto all’abitazione?
La medicina dell’habitat sostiene proprio questo, cioè che il luogo nel quale si abita, il modo in cui una casa è arredata, la disposizione delle stanze e dei mobili possono avere sulla salute un effetto benefico o, al contrario, provocare dei danni. Le basi teoriche di questa nuova disciplina si fondano su una serie di ricerche che hanno fornito risultati veramente interessanti. Si sa, innanzitutto, che l’uomo – e tutto l’ambiente nel quale vive – è costantemente sottoposto a un bombardamento di energie: campi elettromagnetici, raggi di origine cosmica, campi di forza galattica e così via.
Inoltre, è stato sostenuto che l’uomo è soggetto anche all’azione di una particolare forma di energia che si irradia dalla stessa terra: si tratta di correnti telluriche, i cui effetti vengono avvertiti sottilmente dall’organismo, specialmente se tali correnti – insieme ad altre energie di natura cosmica – interferiscono, producendo delle risonanze, con l’acqua.
Una pericolosa rete invisibile
Il prezioso liquido, infatti, è in grado di accumulare queste energie, riproiettandole all’esterno: tutto ciò si ripercuote sulla salute delle persone che, per esempio, vivono in prossimità di acque sotterranee, vere e proprie «pile» cariche di energie capaci di provocare degli squilibri nell’organismo.
Queste energie telluriche si trovano su tutta la superfice del globo e disegnano una sorta di rete invisibile. Il dottor Ernst Hartmann, dell’università di Heidelberg, uno studioso pioniere dell’argomento, le descrive come una serie di griglie reticolari, sovrapposte tra loro, formate da «linee di forza» che rappresentano quasi dei muri invisibili. Nei punti queste linee geometriche si forma un «nodo», cioè una zona nella quale esiste un eccessivo irraggiamento di energie provenienti dall’interno della terra e dal cosmo, in grado di danneggiare l’organismo. In base a questa teoria, risulta chiaro perché in certe abitazioni si sta male, ci si stanca, non ci si ricarica: evidentemente si tratta di ambienti nei quali si risente particolarmente della presenza di questi «nodi geopatogeni».
Naturalmente più «a rischio» sono le stanze in cui si soggiorna a lungo, come la camera da letto, lo studio o l’angolo lavoro. Qui, la nostra esposizione all’azione delle energie geobiologiche diventa prolungata e può dare origine a disturbi più o meno gravi, quegli stessi che, spesso erroneamente, vengono ricondotti allo stress.
Gli studi di geobiologia, comunque, non forniscono solo dati teorici sull’influenza delle energie sull’organismo; permettono anche di intervenire con soluzioni pratiche. Infatti, con le informazioni oggi acquisite sull’argomento, è possibile strutturare una casa ideale, che sia veramente un luogo nel quale rilassarsi e ricaricarsi, che abbia insomma delle caratteristiche genuinamente ecologiche.
Come orientarsi per scegliere un’abitazione e come modificare in base a essi la propria casa? Ecco una serie di consigli pratici.
Una casa salubre, geobiologicamente parlando, non deve essere posta al di sopra di corsi d’acqua sotterranei, come già accennato. Se invece lo è, alcuni dettagli permettono di scoprirlo. Innanzitutto la presenza di crepe sui muri (che compaiono, secondo gli studiosi di geobiologia, quando «sotto» scorre un corso d’acqua a forte portata); poi le macchie d’umidità che si manifestano specialmente dopo piogge e temporali e che compaiono alla verticale di corsi d’acqua poco profondi. All’interno di questi alloggi insalubri l’aria è umida e appiccicosa, i vetri d’inverno grondano acqua, anche in presenza di un riscaldamento adeguato, e sulle tappezzerie e dietro i mobili si formano delle macchie nerastre, costituiti da funghi microscopici. Anche all’esterno dell’edificio, macchie d’umidità possono essere accompagnate da funghi nerastri o da muschi, specialmente nelle zone meno soleggiate.
Inoltre, questi ambienti sono pervasi da una tipica puzza di muffa e tendono a trattenere a lungo qualsiasi altro odore.
Elettrodomestici lontano dal letto
Un fattore di disturbo nell’abitazione può essere rappresentato dalle fonti di energia esterne (linee di alta tensione, ripetitori radio, radar, eccetera). Recenti ricerche, inoltre, hanno dimostrato un effetto inquinante delle onde elettromagnetiche: un motivo in più per «tenerle lontane» dalla nostra abitazione.
Ma non finisce qui. L’inquinamento elettromagnetico può essere anche interno all’ambiente, e non per questo meno nocivo: apparecchiature come caldaie, frigoriferi, lavatrici, scaldabagni, televisori e computers non dovrebbero stare, quindi, nelle stanze nelle quali trascorriamo la maggior parte del nostro tempo domestico. La stessa regola vale per la sistemazione di grosse strutture ferromagnetiche (recipienti metallici, casseforti, automobili): il loro effetto sul potenziale elettrico dell’aria va a sommarsi alle eventuali azioni geopatogene della zona, rendendo tutt’altro che ecologico l’habitat.
Un altro fattore da tenere in considerazione è la disposizione dei cavi elettrici: la corrente elettrica all’interno dei muri ionizza, in misura più o meno elevata, l’aria contenuta negli alveoli dei mattoni e all’interno degli isolanti. Questa ionizzazione può anche estendersi a intere pareti e provocare, se la permanenza nell’ambiente è prolungata, uno stato di eccitazione del sistema nervoso che può comportare cefalee e insonnia. Gli stessi fenomeni possono essere causati da radio o televisori. Categoricamente da evitare quindi la collocazione di questi apparecchi nella camera da letto. Per precauzione, comunque, è sempre bene tenere il letto lontano almeno 40 centimetri dalla parete. L’ideale sarebbe poter «isolare» gli ambienti nei quali si soggiorna più a lungo (in particolare la stanza dove si dorme) dai locali presumibilmente inquinati da onde elettromagnetiche, quelli cioè con molti apparecchi inquinanti. In ogni caso, una messa a terra corretta, il collegamento tra i ricevitori e le parti metalliche degli apparecchi, l’allontanamento delle apparecchiature elettriche dalla zona «notte» della casa e una accurata disposizione delle canaline dell’impianto elettrico fuori dall’area occupata dai letti sono i mezzi consigliati per limitare questa forma subdola di inquinamento.
Nella casa «ecologica», l’arredamento deve essere impostato in modo tale da consentire un uso funzionale dei locali e una certa mobilità delle persone: bisogna quindi limitare il numero dei mobili, sceglierli semplici e poco ingombranti (ideali allo scopo gli armadi a muro), lasciare il più possibile spazi aperti (per intenderci, sul modello giapponese tradizionale). Anche la disposizione dell’arredamento, comunque, deve tener conto delle caratteristiche geobiologiche del luogo: la poltrona dove ci si siede per guardare la televisione non dovrebbe, per esempio, essere posta su un «nodo». In ogni caso è consigliabile una certa versatilità, vale a dire un arredamento in grado di cambiare funzione – e quindi necessariamente semplice – per assecondare con naturalezza le proprie sensazioni e i propri stati d’animo. Da tenere in maggiore considerazione è, anche in questo caso, la camera da letto. Prima di tutto va controllato l’orientamento: deve essere rivolte verso est. La levata del sole, infatti, ha effetti energetici vitalizzanti (ne troviamo in effetti testimonianza anche nelle antiche tradizioni). L’ideale sarebbe poter abitare in un luogo nel quale si possa assistere al sorgere del sole; possibile forse in campagna, ma non certo in città. Di rigore comunque la posizione della camera verso oriente.
Il letto, come già detto, deve essere tenuto lontano dalle pareti e non appoggiato come avviene generalmente. Dal locale dove si dorme andrebbero aboliti gli specchi, poiché sembra che, per le loro qualità riflettenti, possano amplificare gli effetti delle onde presenti nell’ambiente.
Seguendo questi criteri ecologici, dettati dalla medicina dell’habitat, si evita di cadere nella pericolosa rete H. Ma come è possibile individuare in un’abitazione l’eventuale presenza di nodi geopatogeni, che possono col tempo provocare qualche danno al nostro organismo?
Come identificare le zone buone
Naturalmente, la soluzione migliore sarebbe quella di rivolgersi a un esperto in grado di rilevare una mappa geobiologica con l’uso di particolari apparecchiature, ma figuriamoci: se ai tempi d’oggi è difficile trovare un idraulico e un elettricista, figuriamoci quanto lo possa essere trovare un esperto di geobiologia! Però qualche metodo semplice ed efficace a nostra disposizione ci potrebbe essere.
Per prima cosa bisognerebbe «ascoltare» le proprie sensazioni di benessere o malessere negli ambienti che abitiamo: chi dorme, per esempio, sembra sia attratto istintivamente verso le zone neutre, non perturbate dalla rete di Hartmann; se il letto è attraversato dai raggi tellurici, si tarda ad addormentarsi, ci si rigira continuamente sul dorso o sul ventre, si soffre d’insonnia soprattutto tra la mezzanotte e le due del mattino (che è il periodo durante il quale la rete tellurica registra la sua massima attività), si è soggetti a crampi o si prova una sensazione di elettrizzazione agli arti. Tutti questi fenomeni inducono spesso a spostarsi in un’altra zona della casa. Quindi, se si soffre di un’insonnia con simili caratteristiche, conviene, tra una camomilla e una tisana, cambiare la posizione del letto o addirittura stanza. Un altro metodo di rivelazione si basa sulle diverse reazioni che hanno gli animali nei confronti della rete di Hartmann. I gatti, per esempio, prediligono i posti della casa caratterizzati dalla presenza di un nodo geopatogeno, in quanto sono capaci di neutralizzare e di equilibrare queste radiazioni per mezzo delle «fusa». Infatti durante questi miagolii emettono spontaneamente delle microonde di frequenza variabile tra 1,5 e 6 gigahertz, che contrastano quelle geopatogene. Ecco perché, secondo la tradizione popolare, non si deve dormire in camera con un gatto.
Anche le formiche ricercano i nodi geopatogeni, sui quali spesso costruiscono dei grossi formicai, mentre il cane li evita accuratamente. Un altro segnale di zona pericolosa può essere fornito dalle piante verdi: nelle vicinanze dei nodi e nelle vicinanze di un nodo di Hartmann o comunque in un ambiente perturbato ingialliscono e cominciano ad appassire.
Particolarmente sensibili alle influenze geopatogene sono il capelvenere e il prezzemolo che possono quindi fungere da ottimi «detectors».
Per quanto empirici, questi metodi possono aiutarci – dicono gli esperti – a creare un ambiente più favorevole alle nostre esigenze fisiche e psichiche, in attesa che vengano messi a punto, accanto ai misuratori di radioattività, dei rilevatori di «geopatogenità». Che poi, ohibò!, dovremmo però decidere dove collocare, visto che si presuppone che possano emanare campi magnetici anch’essi…
Giovanni Iannuzzo