In un nostro precedente contributo (cfr. P. Bova, A. Contino, Dalla “Superba alla “Splendidissima”: nuovi documenti sui liguri La Barbera a Termini Imerese nel Cinquecento, “Esperonews”, 23 Dicembre 2023, on-line su questa testata giornalistica) abbiamo fornito nuovi ed inediti riscontri documentari riguardanti la casata ligure dei Barberi o Barbieri o de Barberis, trapiantatasi a Termini Imerese nel Cinquecento, grazie all’Honorabilis Magister Bartolomeo Barberi, nonno del ben noto artista manierista termitano Vincenzo La Barbera. Quest’ultimo fu architetto civico, ingegnere militare, pittore e scenografo, avendo avuto i natali a Termini Imerese nel 1577 circa, secondo di sei fratelli, da Mastro Pietro, artigiano-mercante e da Domenica de Michele (figlia del costruttore Mastro Domenico e di Pietra Xillufo), già vedova di Mastro Vincenzo Lo Consolo (cfr. A. Contino, S. Mantia, Vincenzo La Barbera Architetto e pittore termitano, presentazione di M. C. Di Natale, GASM, Termini Imerese 1998, pp. 35-36, 47-48 e 69-70; Idem, Architetti e pittori a Termini Imerese tra il XVI ed il XVII secolo, presentazione del rev. P. Francesco Anfuso, GASM, Termini Imerese 2001, p. 97).
Il nonno paterno di Vincenzo La Barbera, Bartolomeo Barberi, anteriormente al 1545, aveva sposato a Termini Imerese, una donna del luogo, Lucrezia (della quale, allo stato attuale delle ricerche non si conosce il casato), acquisendo la cittadinanza termitana propter ductione uxoris (cfr. A. Contino, S. Mantia, Vincenzo La Barbera…cit., p. 19 e pp. 35-36).
Gli scriventi hanno scoperto un nuovo ed importante tassello nella storia del ramo siciliano della casata ligure dei Barberi (barberj o barverj) trapiantati a Termini Imerese, il cui originario cognome, per assonanza con le forme locali affini, divenne (La) Barbera. Questa famiglia immigrata seppe ben integrarsi in seno alla fiorente comunità coloniale (Natione Genojsa) dei Januenses a Termini Imerese, già allora dotata di propri consules ed abbastanza consistente da possedere una propria cappella dedicata a S. Giorgio Martire, sita nella chiesa di S. Maria di Gesù dei frati minori osservanti (della quale sopravvive la tempera quattrocentesca, raffigurante il santo eponimo, opera del pittore ligure Nicolò da Voltri).
Grazie alle investigazioni archivistiche effettuate dagli scriventi, all’interno di uno dei corposi volumi manoscritti della locale Comunia del Clero, che si conservano nella biblioteca comunale Liciniana di Termini Imerese (d’ora in poi BLT), è stato possibile scoprire la copia autenticata di un rogito datato 1° (10 secondo il vigente calendario gregoriano) Marzo IV Indizione 1575 (1576 secondo l’indizione), sinora assolutamente inedita, che per la prima volta attesta l’ubicazione topografica delle case che una volta erano appartenute al fu Mastro Bartolomeo Barberi, site nella parte bassa della cittadina imerese, nell’antico Borgo litoraneo. Alla data del rogito, tali case non erano più appannaggio degli eredi di Bartolomeo, cioè dei suoi quattro figli (Mastro Benedetto, Mastro Pietro, il Signor Leonardo e Gerolama) sinora noti attraverso le indagini archivistiche, essendo stati devoluti ad altri.
Il rogito manoscritto, da noi rintracciato in copia conforme all’originale (quest’ultimo collezionato tra gli atti di notar Matteo Miroldo di Termini: Pro Hon. Antonio Santoro cum nob. Calogero de India) è inserito nel Mazzo IIII degli Atti della Comunia del Clero di Termini Imerese (cfr. ms. BLT, ai segni Atti 231, f. 152 e segg.). Nel manoscritto scoperto si legge che il Nobile Calogero de India, civis Panormi, era erede universale del fu Honorabilis Antonino Petralia alias lo Denticibus, suo avo per l’intermedia persona della fu Margherita Lo Dentichj alias Petralia, sua ava e quale erede della fu Antonella Lo Dentichj alias Petralia, nonché quale donatario del nobile Giuseppe de India, suo fratello (come da atto di donazione rogato in notar Pietro Antonio de Amodej di Palermo del 28 Luglio XVa Indizione 1572).
ll Nobile Calogero de India, per sé e per i suoi successori, concedette all’Honorabilis Antonio Santoro, civis thermarum, ed ai suoi eredi, una casa solerata (con ambienti separati da solai), costituita da tre corpi (stanze) sovrapposti, scanditi da un piano terra, solaio e sopra solaio, sita nel quartiere detto delle Botteghelle (apotecellar[um]), a Termini Bassa. La detta casa solerata era confinante con l’abitazione che una volta era del fu Mastro Giovanni Cagliari (Cagliarj) ed a quel tempo di Mastro Antonino Occurri (de Occurrj) nonché con le case già del fu Bartolomeo Barbera (q[uonda]m bar[tolom]ei barbera) ed a quel tempo dell’Honorabilis Gregorio Li Belli (gregorij li bellij), che erano sia contigue, sia in frontespizio (evidentemente a chiudere un cortile). Inoltre, ancora di fronte alla detta casa vi era l’abitazione di tal Mastro Antonino di Novo (de novo) ed altri confini non dettagliati nel rogito. La casa in questione, un tempo era appartenuta a Margherita Lo Dentici alias Petralia, ava del nobile Calogero de India, ed era stata in precedenza concessa a censo ad un certo Mastro Geronimo de Vara, come da rogito agli atti di notar Bartolomeo Zizzo di Palermo, addì 29 Aprile VIa Indizione 1548, gravando su di essa la somma di onza 1, tarì 22 e grana 7, da versarsi il 15 di Agosto di ogni anno e che una volta erano pagati dagli eredi del detto fu Geronimo di Vara ed a quel tempo da Mastro Nicolò Antonio de Fusco.
Riepilogando, da questo rogito del 1575 (secondo l’indizione 1576), apprendiamo che a Termini bassa, le case che un tempo erano appartenute al fu Bartolomeo Barbera (senza alcun dubbio da identificare con il ligure Bartolomeo Barberi), che andavano a chiudere un cortile, erano site nel quartiere delle Botteghelle, gravitante sull’omonimo asse viario (attuali vie Errante, Santuario della Consolazione e Porta Erculea, quest’ultima, popolarmente ancora indicata come Strata ri Putièddi o Strata Putièddi), nonché sullo slargo dallo stesso nome (oggi Piazza Liborio Arrigo) che fungeva da raccordo tra i due diversi settori (Botteghelle di Sopra e di Sotto). Tali case di Barbera, dovevano costituire probabilmente un vero e proprio tenimentum domorum, cioè un accorpamento di più abitazioni disposte intorno ad una corte. Esse confinavano da un lato con l’abitazione posseduta dal nobile palermitano Calogero de India, data in concessione al detto Mastro Antonio Santoro (già accordata in precedenza a Mastro Geronimo di Vara, appartenente ad una famiglia di ascendenza ligure, derivando il cognome dal fiume e dall’omonima valle, oggi in gran parte nella provincia di La Spezia) e dall’altra con quella di Mastro Antonino di Novo (anche questo cognome di origine ligure, derivando da Novi Ligure, oggi in Piemonte in provincia di Alessandria). Il rogito, inoltre, ci informa che le case che un tempo appartenevano al detto Bartolomeo Barbera, erano divenute appannaggio di un certo Honorabilis Gregorio Li Belli.
Ricordiamo che, come si evince dal nostro precedente contributo (cfr. P. Bova, A. Contino, Dalla “Superba alla “Splendidissima”: nuovi documenti sui liguri La Barbera a Termini Imerese nel Cinquecento, cit.), Bartolomeo Barberi, fu padrino di battesimo di due figlie di un certo Antonio La Bella o Li Belli (Filippa, il 14 Ottobre IIa Indizione 1543, Caterina, il giorno 11 Novembre IIIa Indizione 1544), che molto probabilmente era congiunto del detto Gregorio Li Belli. Ancora il 25 Settembre VIa Indizione 1547, al battesimo di Gerolama (Gilorma) figlia di Bartolomeo Barberi furono presenti come padrini Mastro Antonino Fulco e il precitato Mastro Gerolamo (Gilormu) di Vara (ms. erroneamente dj Vana). I due padrini, non a caso, erano entrambi di indubbia origine ligure.
Dal confronto tra i dati presenti nel rogito del 1575 (1576) e quelli degli atti battesimali del 1543 e 1544, precedentemente rintracciati e resi noti, appare evidente la notevole importanza che veniva data nel passato alla solidarietà reciproca, non solo tra vicini di casa, ma tra gli abitanti di un intero quartiere, talmente coesa da raggiungere livelli prossimi a quelli di consanguineità. Le interrelazioni di vicinato, cioè i legami sociali connessi soprattutto alla prossimità abitativa, sicuramente dovevano svolgere un ruolo essenziale nella vita delle famiglie, attraverso il generoso mutuo sostegno giornaliero, attraverso reciproci aiuti concreti in una molteplice e variegata gamma di necessità, sia ordinarie, sia straordinarie. I nuclei parentali contigui dovevano partecipare in maniera reciproca della loro vita quotidiana, condividendo i vari avvenimenti, sia lieti, sia tristi, ed intrecciando mutui rapporti di amicizia e di comparatico.
Tornando alle case dei (La) Barbera nel quartiere delle Botteghelle, allo stato attuale delle ricerche, non possediamo un numero tale di riscontri documentari sufficiente per poterle identificare in maniera incontrovertibile. In realtà, abbiamo soltanto un labile possibile indizio nel fatto che, negli anni Trenta del Seicento, gli eredi di un certo Mastro Giuseppe Occurri, avevano abitazione posta nelle immediate vicinanze della chiesa della Madonna della Consolazione (cfr. Libro di note e assenti di numero 1 e 2 del Collegio Gesuitico, mss. BLT ai segni Atti 156, n. 2, rogito del 12 Marzo II Indizione 1634). Da notare che la famiglia Occurri è documentata a Termini Imerese ancora agli inizi del Settecento, con gli eredi di Mastro Ignazio Occurri, i quali possedevano uno «stazzone» per la fabbricazione di terracotta, sito «nella contrada di Fiume S. Leonardo, sotto la Rupe nominata di Patara» (Cfr. Libro d’Assenti della rendita per la messa cotidiana disposta dal fu Sac. D. Antonino Vasco, ms. BLT ai segni Atti 261 f. 41).
Concludendo, questo nuovo riscontro documentario, cinquecentesco relativo al nucleo abitativo primigenio dei La Barbera, cioè le case di proprietà del capostipite del ramo termitano dei Barberi/Barbieri liguri, poste nel quartiere delle Botteghelle a Termini Bassa, apre nuovi sprazzi di luce, sulla storia di questa famiglia che diede lustro alla cittadina imerese soprattutto con l’artista Vincenzo, caposcuola di una nutrita serie di allievi dediti all’architettura ed alla pittura. La detta abitazione appare inserita in un’area animata da attività commerciali, caratterizzata da botteghe, mercati e magazzini, più o meno connessi con la febbrile attività del Caricatore, dove le eccedenze della produzione cerealicola venivano sottoposte a dazio prima dell’esportazione fuori del regno di Sicilia, attraverso l’importante scalo marittimo di Termini Imerese. La nostra cittadina, grazie alla sua vocazione mercantile, fu necessariamente poliedrica, cosmopolita, multiculturale e pluristratificata. In tale contesto operavano i mercanti di origine ligure, ben inseriti nella complessa trama economica urbana e periurbana, mantenendo tuttavia la propria identità nazionale e professionale. Una parte di questi immigrati liguri, attraverso la loro disponibilità finanziaria e mettendo in atto strategie molto differenziate, non di rado riuscì a costruire una progressiva ascesa sociale sino ad essere assimilata alle élites locali, entrando a far parte dello status nobiliare del patriziato termitano (si veda, a tal proposito, l’emblematico caso della casata ligure dei Priarùggia, già tratteggiato in un nostro precedente contributo, cfr. P. Bova, A. Contino, Dalla Liguria a Termini Imerese: la casata nobiliare dei Priarùggia tra Cinquecento e Seicento, “Esperonews”, 6 Giugno 2021, on-line in questa testata giornalistica).
Patrizia Bova e Antonio Contino
Ringraziamenti: vogliamo esternare la nostra più sincera gratitudine, per l’essenziale supporto logistico nelle nostre ricerche e per la consueta disponibilità, al direttore ed al personale della biblioteca comunale Liciniana di Termini Imerese.