Nata due volte: esiste la reincarnazione?

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L’idea che dopo la morte del corpo l’anima sopravviva è forse la più antica speranza del genere umano. Sono diverse però le modalità pensate secondo le quali ciò possa avvenire. Una delle più antiche convinzioni è quella che l’anima si possa reincarnare, trasmigrare cioè da un individuo all’altro. Si tratta di una credenza antichissima e comune a molti filosofi e pensatori del passato. Che l’anima dei defunti si reincarnasse furono sostenitori Pitagora, Platone, Plotino, Origene. Ne accennano in qualche modo anche filosofi più moderni, come Hume, Kant, Fichte, Schopenhauer. Ognuno naturalmente a suo modo, in maniera diretta e indiretta, ma comunque si tratta di una visione della sopravvivenza diffusa in modo ubiquitario, non solo in Oriente, dove è parte integrante delle più importanti dottrine religiose, come il Buddismo o l’Induismo, ma anche in Occidente. A questa ipotesi si aggiunge, quasi come un corollario, la convinzione che la personalità, le circostanze e le esperienze di ogni esistenza successiva siano correlate alla qualità delle azioni compiute, dalle conoscenze acquisite e dall’evoluzione spirituale e delle esperienze vissute nella vita precedente. Questo concetto è ben riassunto nella dottrina orientale del Karma, la legge universale dell’evoluzione spirituale che implica, in poche parole, che nella vita noi siamo ed agiamo in base a chi eravamo e come abbiamo agito nelle vite precedenti. La legge del Karma infatti regola una progressione spirituale, che si evolve nel corso di vite diverse sino a quella perfezione che consentirà all’anima il distacco definitivo da questa ‘catena delle esistenze’. Esistono ovviamente delle differenze fra una dottrina e l’altra, ma si tratta di sfumature filosofiche o di varianti culturali perché il concetto di base è sempre lo stesso.

Casi di presunta reincarnazione sono stati frequentemente rilevati in quei Paesi dove un certo tipo di educazione religiosa ed un certo humus culturale rendono l’accettazione dell’idea stessa della reincarnazione meno problematica che altrove, il che sembrerebbe quindi in qualche modo poter essere correlato alla maggiore o minore propensione di una cultura ad accettare l’idea di altre vite. Risulta quindi evidente la difficoltà di riscontrarne in Occidente. e in particolar modo in Italia. Proprio per tale motivo il “caso” della signora Alessandra Samonà appare di particolare interesse.

Nata due volte

La signora Adele Monroy (di Pandolfina), agli inizi del ‘900, apparteneva ad una delle più nobili famiglie di Palermo, imparentata con i più illustri casati nobiliari del tempo, come i Borboni, i Ruffo, i Torlonia. Aveva trascorso la fanciullezza fra Napoli, Palermo, Mistretta, Lucerna e Rigi Kaltbad, in Svizzera. Poi si era stabilita a Palermo, che in quel periodo era una delle più sfavillanti capitali della Belle Epoque, oltre che città di enorme vivacità culturale. Ne descrisse gli sfavillii in un libro, “Diario di una giovane principessa”, dove decanta quel periodo di splendore mondano e intellettuale. Nel 1897 sposò il Dr. Carmelo Samonà, anch’egli nobile, ed anche noto intellettuale, e uno dei più rilevanti studiosi del “paranormale” italiani degli inizi del Novecento. Amico dell’astronomo Camillo Flammarion e di tanti altri studiosi dell’argomento a lui contemporanei, i fenomeni medianici. Spiritista convinto, era stato uno degli studiosi palermitani che avevano sperimentato con la Palladino nelle sedute della medium del 1902. Medico e professore all’Università di Palermo, Samonà era anche un noto studioso di esoterismo e fenomeni spiritici (poi definiti ‘paranormali’, tanto aver dedicato ad essi, fra i primi al mondo, la sua tesi di laurea in medicina, poi pubblicata in volume col titolo di “Psiche misteriosa” (edito da Alberto Reber, 1910). Aveva anche fondato a Palermo una ‘Società di Metapsichica’, nell’ambito delle cui attività erano state organizzate le sedute con Eusapia Palladino, di cui abbiamo già parlato. Dal matrimonio nacque una bambina, Alessandra, vezzosamente chiamata Alessandrina. Qualche anno dopo, il 15 maggio 1910, all’età di cinque anni, la bambina morì a causa di una meningite.

Tre giorni questo gravissimo evento luttuoso, la madre Adele sognò la bimba, che, apparsale come se fosse perfettamente in vita, le diceva: “Mamma non piangere, io non ti ho lasciata, non ho fatto altro che allontanarmi da te, io sono divenuta piccola così”, facendo un gesto con le dita per indicare le minuscole dimensioni dell’embrione. Ovvio il turbamento della donna, che divenne ancor più rilevante quando, tre giorni dopo, il sogno si ripeté. Il turbamento era giustificato non solo dal sogno insolito, che preannunciava una reincarnazione della piccola Alessandra, ma anche da un fatto personale: Adele Samonà, infatti, non nutriva più alcuna speranza sulla possibilità di avere altri figli. Poco tempo prima, il 21 novembre 1909 la donna aveva avuto un aborto che aveva reso necessaria un’operazione chirurgica, seguita da frequenti emorragie. I medici erano convinti che non potesse in alcun caso sopravvenire a una nuova gravidanza. Il che sembrava chiudere il discorso. Adele, turbata, racconta il sogno al marito e ai parenti.

Una mattina presto – qualche giorno dopo che s’erano verificati questi strani sogni – Adele discuteva col marito della possibilità che l’apparizione della bimba potesse realmente preludere ad una sua reincarnazione. La donna era angosciata dalla necessità di credere in un evento tanto meraviglioso, che la logica negava a priori. E fu proprio mentre discutevano di questi fatti che i coniugi Samonà udirono tre forti colpi, come se le nocche d’una invisibile mano battessero contro la porta del salotto. Convinti inizialmente che fosse stata una loro parente a bussare, dovettero poi constatare che si trattava di colpi senza alcuna origine fisica conosciuta. Così, per avere un’eventuale conferma della possibile origine spiritica di quello strano messaggio, quella sera stessa fu organizzata la prima d’una lunga serie di sedute medianiche con Adele che fungeva da medium. Durante l’arco dì circa tre mesi si presentarono sempre due entità: la prima era quella di Alessandrina, che si attribuì la responsabilità dei fenomeni verificatisi sino ad allora: la seconda era quella d’una sorella del dottor Samonà, Giovanna, chiamata anche “Giannina”, morta all’età di quindici anni, che fungeva da spirito guida.

La bambina, durante una delle sedute tiptologiche, precisò: “Mammina non piangere, perché io ritornerò per tuo mezzo e prima di Natale sarò con voi,..”. E aggiunse che avrebbe potuto comunicare solo per tre mesi, poiché da aprile in poi – si era nel mese di marzo – sarebbe stata troppo attaccata alla materia e non sarebbe più stata in grado di presentarsi in seduta. Agli inizi del mese di maggio, la signora Adele constatò i primi segni di una gravidanza. Nonostante il primo avvertimento dell’entità, le sedute continuarono e il 4 maggio la piccola Alessandra annunziava alla madre: «In te se ne trova ancora un’altra”. Il messaggio non fu compreso. L’altra entità – la sorella del dottor Samonà – ritenne quindi opportuno specificare: “La bambina non si sbaglia, non sa esprimersi. essa vuole dire che un altro essere ronza accanto a te, mia cara Adele e vuole ritornare su questa terra”. Ovviamente, se era possibile credere ad una reincarnazione singola, non era tanto facile credere ad una reincarnazione … multipla. insomma ad una comitiva di anime che si fosse presa la briga di reincarnarsi.

Le due gemelle

La signora Adele, infatti, rimase ancora più perplessa. Pensò addirittura che, ad onta delle comunicazioni medianiche, tutto dovesse risolversi con una bruciante beffa. Perché si concretizzassero gli eventi preannunciati per via medianica bisognava che si realizzassero tre condizioni: 1) che Adele Samonà rimanesse realmente incinta; 2) che partorisse eventualmente due gemelle; 3) che precedentemente non avesse avuto quell’aborto che aveva compromesso qualsiasi possibilità di nuove gravidanze. La terza condizione sembrava non potersi realizzarsi in alcun modo, e i coniugi Samonà lo sapevano benissimo.

Ma in agosto – cioè al quinto mese di presunta gravidanza – Adele mostrava i segni esteriori della maternità. Fu visitata da un valente ginecologo di allora, di Spadafora, dove lei villeggiava nel castello di famiglia, il dottor Cordaro. Dopo la visita questi, perplesso, si limitò ad affermare testualmente: “Io mi guarderei bene dall’affermarlo in modo assoluto (perché in questo periodo di grassezza non è possibile constatare con certezza), ma un insieme di fatti mi induce a diagnosticare una grassezza di gemelli”.

Al settimo mese lo stesso Cordaro riuscì ad evitare un nuovo aborto. Un altro ginecologo, considerato un luminare nel suo campo il dottor Gigli, constatò subito che si trattava d’una gravidanza gemellare, in una donna che non avrebbe più potuto avere figli. Certo, bisogna tener conto che la medicina dell’epoca aveva un certo grado di approssimazione diagnostica… Il parto avvenne la mattina del 22 novembre 1910 e vennero alla luce due bambine. Le due gemelle non si rassomigliavano per niente: differivano per colore della pelle. forma, corporatura. La madre invece notò, esterrefatta, la straordinaria somiglianza di una di esse con la bambina morta qualche anno prima. Non si trattava di una rassomiglianza vaga, ma dell’identità di precise caratteristiche fisiche: ambedue le bambine – la piccola defunta e la neonata – presentavano una iperemia all’occhio sinistro. una leggera seborrea all’orecchio destro e una leggera asimmetria nel viso.

Nel 1913 la bambina, chiamata Alessandra – copia fedele della piccola Alessandrina, presentava una fisionomia totalmente diversa da quella della gemella Maria Pace, e una rassomiglianza fisica e psichica impressionante con la sorellina defunta. Alcuni particolari sono peraltro estremamente interessanti. Lo stesso dottor Samonà ebbe a dire per esempio: “La prima Alessandra morì senza essersi potuta correggere interamente dal difetto di essere mancina, adesso l’attuale Alessandra dimostra di essere già ostinatamente mancina, e noi naturalmente abbiamo usato lo stesso sforzo nel correggerla. Nessuno dei miei figli. compresa la gemella, ha mai mostrato una tendenza di tale natura”.

Vennero rilevati anche altri curiosi particolari. In casa Samonà vi era un armadietto dove venivano conservate delle scarpe con le quali la prima Alessandra aveva l’abitudine di giocare: infilava il piedino in una scarpa e la trascinava per la stanza. La seconda Alessandra aveva la stessa tendenza a compiere l’identico gioco. Ambedue avevano un terrore istintivo per il rumore delle carrozze. Quando ne sentiva passare qualcuna la bambina cercava rifugio nel seno materno, dicendo: “Alessandra ha paura”, stessa espressione usata dalla sorellina defunta nelle medesime circostanze. L’altra gemella non aveva invece alcuna di queste abitudini. Tali fatti fecero pensare al dottor Samonà di trovarsi di fronte ad un caso di reincarnazione, tanto che ebbe a scrivere sul Journal Aesculape, una rivista medica dell’epoca: “L’evoluzione di Alessandra attuale ci fa l’effetto dello svolgimento dello stesso film cinematografico che noi abbiamo già sotto gli occhi della vita della prima Alessandra”. La bambina ricordò, sino all’età di cinque anni, fatti legati ad una sua precedente esistenza. Per esempio, un giorno la madre disse alle due gemelle che aveva intenzione di portarle a Monreale, una cittadina siciliana nota per il suo Duomo del periodo normanno. Alessandra sostenne di esserci già stata e, di fronte allo stupore della madre, raccontò di avere già incontrato in quella cittadina dei piccoli preti rossi”. Solo allora Adele Samonà ricordò di essere stata precedentemente a Monreale insieme ad Alessandrina e che nel corso di quella gita avevano in effetti incontrato un gruppo di preti greco-ortodossi con i tipici costumi blu e rossi .

Il primo studioso fu, come è scontato, lo stesso Dr. Carmelo Samonà, che pubblicò un dettagliatissimo resoconto del fenomeno, ed elaborò nel 1911 e 1913 un rapporto che poi inviò a noti cultori dell’argomento, come Charles Lancelin, supportato da tutta la documentazione in suo possesso, persino sei lettere di testimoni autorevoli e attendibili che confermavano tutti i racconti, i sogni e i messaggi che aveva avuto Adele prima ancora che la stessa sapesse della sua gravidanza.

Questa è la storia, una delle tante raccolte in tutto il mondo. E’ inevitabile chiedersi: “La reincarnazione, allora, esiste?”. E’ una domanda che non può essere posta alla scienza. Non esistono prove sufficienti, non esistono evidenze tali da superare ogni ragionevole dubbio, affascinanti resoconti a parte. Come scrisse Ian Stevenson, un celebre psichiatra americano e, al contempo il più autorevole studioso al mondo di casi presunti di reincarnazione: “Si deve, ricordare che tutti i casi si fondano su testimonianze umane e per questa ragione tutti hanno delle pecche e nessuno di essi è perfetto. Mi sono talvolta domandato se ero riuscito a trovare qualche prova di reincarnazione e la risposta è sempre stata decisamente negativa. Né da un singolo caso, né da tutti presi insieme, si ha alcunché che sia una prova di reincarnazione”.

Poniamoci allora una domanda alternativa: “Ma anche se non abbiamo prove scientifiche, la reincarnazione potrebbe esistere?”. La credenza nella reincarnazione è un atto di fede. E così come la fede non può interferire con la scienza, la scienza non può porre ostacoli alla fede. La risposta, pertanto, la lasciamo al lettore, ricordando semplicemente quel che dice il mago Prospero ne “La tempesta” di Shakespeare: “Noi siamo della stessa stoffa di cui sono fatti i sogni”.

Giovanni Iannuzzo

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