Dietro lo pseudonimo affascinante ed enigmatico di “Professor X” si svela Guendalina Middei, un’insegnante, una scrittrice e divulgatrice culturale capace di trasformare la letteratura in un dialogo vibrante e coinvolgente. Con oltre cinquecentomila lettori che la seguono sui social, la sua pagina è diventata un cenacolo virtuale dove i grandi classici smettono di essere reliquie polverose per diventare compagni di viaggio, amici con cui discutere, ridere e persino dibattere.
Nata a Roma nel 1992, Guendalina, che vive tra Roma e Livigno, ha coltivato fin da giovanissima un amore profondo per la letteratura che l’ha accompagnata lungo un ricco percorso di crescita e trasformazione.
Laureata in lettere e con un master in giornalismo culturale, ha dedicato la sua carriera a combattere l’indifferenza e a promuovere quella che lei stessa definisce una “Resistenza culturale”.
La sua passione per la letteratura si riflette nelle sue collaborazioni con rinomate riviste come “Critica Letteraria”, “Culturificio” e “Sintesi dialettica”, dove ha condiviso il suo sguardo acuto su opere classiche e contemporanee.
Nel 2019 ha dato vita alla pagina Professor X, che in breve tempo ha conquistato una vasta comunità di lettori appassionati. Il suo esordio narrativo risale al 2021 con il romanzo storico Clodio, seguito nel 2023 da Intervista con un matto. Entrambi i libri, pubblicati da Navarra Editore, riflettono la sua abilità nel mescolare storia e introspezione umana. Con Feltrinelli, ha poi firmato saggi come Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera (2024) e il recentissimo Sopravvivere al lunedì mattina con Lolita (2025), opere in cui invita i lettori a rispolverare i classici e riscoprirne la sorprendente attualità.
La scrittura di Guendalina Middei è intrisa di una profonda ricerca della bellezza nelle fragilità umane, offrendo uno sguardo incisivo e realistico sulla vita. Con il suo stile elegante e coinvolgente, rende ogni pagina un invito a riflettere e a sentirsi parte di una narrazione universale.
Dietro ogni pseudonimo si cela un’intenzione, una suggestione, forse persino un enigma. Perché ha scelto di farsi conoscere come “Professor X”? Qual è la storia dietro questa identità?
L’idea di uno pseudonimo è nata da un bisogno di protezione, un desiderio di esplorare nuovi territori espressivi senza timore di mettermi a nudo. La timidezza, compagna di una vita, mi frenava. Così è nato il “Professor X”: un omaggio alla mia professione di insegnante, un rifugio sicuro in cui sperimentare, crescere, e la “X” come simbolo di un’identità ancora da svelare.
E poi, il tempo ha fatto il suo corso. L’affetto e l’interesse di un pubblico sempre più numeroso, curioso di conoscere la persona dietro lo schermo, hanno acceso in me una nuova consapevolezza. Così, un po’ alla volta, il Professor X ha iniziato a svelarsi. Dietro lo pseudonimo, c’è Guendalina, una donna appassionata di letteratura e arte, un’insegnante che crede nel potere salvifico della cultura, una persona che ha trovato il coraggio di condividere le proprie passioni con gli altri, consapevole, appunto, della preziosa opportunità di poter creare un dialogo autentico e profondo con il prossimo.
I suoi spazi virtuali si sono trasformati in un vero e proprio salotto artistico-letterario contemporaneo, frequentato da migliaia di persone. Come si crea una comunità culturale autentica in una realtà dominata dalla velocità e dalla sintesi?
Fin dall’inizio, il mio intento era di creare un luogo accogliente e stimolante, dove la cultura fosse accessibile a tutti, indipendentemente dal loro livello di istruzione o dalla loro familiarità con le discipline umanistiche.
Nel mio percorso sui social media, ho percepito una sorta di vuoto: mancava uno spazio in cui la letteratura e l’arte fossero raccontate in modo semplice, coinvolgente e soprattutto emozionale. Così, ho deciso di colmare questa lacuna, condividendo le mie passioni e le mie riflessioni in modo personale.
Il mio approccio si basa sull’idea che la cultura non debba essere un qualcosa di elitario o di riservato a pochi. Al contrario, essa può e deve essere un’esperienza umana condivisa. Per questo motivo, cerco sempre di parlare dei libri che ho letto, delle opere d’arte che mi hanno colpito, mettendo in luce le emozioni che essi mi hanno suscitato.
Il mio obiettivo è di mostrare come i grandi classici possano, ancora parlarci oggi, emozionarci, farci riflettere sulle nostre inquietudini e aiutarci a comprendere meglio noi stessi e il mondo che ci circonda. In fondo, le emozioni sono universali: una bella storia, una trama avvincente, uno stile elegante possono affascinarci, ma ciò che veramente ci fa innamorare di un libro o di un’opera d’arte sono le emozioni che i personaggi o gli artisti riescono a trasmetterci.
Credo che questa sia l’anima più autentica della letteratura e dell’arte: la capacità di farci vivere esperienze intense, di farci sentire parte di una comunità umana che condivide gli stessi sentimenti, le stesse paure, le stesse speranze.
Viviamo in un’epoca di frammentazione dell’attenzione, in cui la lettura sembra scontrarsi con la rapidità dell’intrattenimento digitale. Cosa può imparare la letteratura dai social e cosa, invece, i social dovrebbero imparare dalla letteratura?
La lettura dei classici, con il loro ritmo più lento e la loro profondità di pensiero, può rappresentare un vero e proprio antidoto ai mali del nostro tempo. La letteratura ci educa alla lentezza, alla capacità di osservare il mondo con occhi diversi, a cogliere le sfumature e le emozioni che altrimenti ci sfuggirebbero.
Quando leggiamo “Guerra e pace”, ad esempio, Tolstoj ci accompagna attraverso descrizioni minuziose di personaggi, paesaggi, momenti di vita. Il suo ritmo lento ci permette di immergerci nella storia, di fare nostro uno sguardo diverso sulla realtà. In una società che ha fatto della velocità un valore assoluto, la lettura dei classici ci invita a fermarci, a riflettere, a interrogarci sul significato della nostra esistenza. Ci aiuta a sviluppare un pensiero critico, a coltivare la nostra interiorità, a comprendere meglio noi stessi e gli altri. I social media, d’altro canto, ci offrono la possibilità di comunicare in modo rapido ed efficace, di raggiungere un pubblico vasto e variegato. Essi ci permettono di “sfrondare”, di andare dritti al cuore del messaggio, come quando ho pubblicato, in un post, un verso di Ulisse: “Sopportai e rimasi”. Due verbi che accostati danno vita ad un messaggio potente, che racchiude in sé un significato profondo, una lezione di resilienza e di coraggio. Questo esempio, tra l’altro, dimostra come i classici greci, pur nella loro immensità, possano offrire brevitas ricchi di spunti di riflessione intensi e significativi.
Nel suo penultimo libro, Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera, lei invita i lettori a scoprire i grandi classici con occhi nuovi, considerando il loro potere trasformativo sulla persona. Spesso, purtroppo si ha la percezione che questi testi siano sacralizzati e distanti, quasi inaccessibili. E allora, in che modo possiamo liberare i classici da questa patina museale e renderli di nuovo pericolosi, rivoluzionari e spregiudicati come lo erano in origine?
In “Innamorarsi di Anna Karenina il sabato sera”, ho voluto invitare i lettori a riscoprire i grandi classici della letteratura con uno sguardo nuovo, libero da preconcetti e timori reverenziali. Spesso, purtroppo, questi testi vengono percepiti come qualcosa di lontano, di inaccessibile, quasi fossero relegati in un museo. Ma i classici sono tutt’altro che “imbalsamati”: essi racchiudono una forza dirompente, una capacità di interrogarci e di metterci in discussione che li rende ancora attuali.
Per liberare i classici da questa patina museale, è necessario innanzitutto cambiare il nostro approccio nei loro confronti. Non dobbiamo considerarli come “cimeli” o “monumenti” da ammirare con timore, bensì come interlocutori vivi e vitali, con cui possiamo e dobbiamo dialogare.
Un aspetto fondamentale è la scelta del libro giusto al momento giusto. Ogni classico ha un suo “tempo” per essere letto, un momento in cui può agire in modo particolare dentro di noi. Se, ad esempio, ci sentiamo persi e confusi come il Raskol’nikov di Dostoevskij in “Delitto e castigo”, egli, con la sua angoscia esistenziale potrà parlarci in modo diretto, aiutandoci a dare un nome alle nostre stesse inquietudini. Allo stesso modo, se ci sentiamo soli e isolati come “Il lupo della steppa”, le pagine di Hesse potranno farci sentire meno soli, meno incompresi.
La lettura, quindi, non è solo un atto intellettuale, ma anche e soprattutto un’esperienza emotiva, intima e profonda. Quando scegliamo un libro con consapevolezza, quando lo sentiamo nostro, quando le sue parole ci toccano nel profondo, allora la lettura diventa un viaggio interiore, un’occasione per conoscere meglio noi stessi, In questo senso, i classici possono essere davvero rivoluzionari, perché ci spingono a interrogarci sui valori, sulle convenzioni, sulle certezze che ci vengono proposte dalla società. Essi ci invitano a pensare con la nostra testa, a non accontentarci delle risposte facili, a mettere in discussione il pensiero dominante.
Con la loro capacità di scuoterci, di sorprenderci, di farci vedere il mondo con occhi nuovi, essi ci mostrano appieno la loro bellezza, la loro attualità, la loro capacità di parlare al cuore di ogni uomo, di ogni donna, di ogni epoca.
Ogni scrittore, ogni lettore, è il frutto di un’eredità letteraria. Quanto ha inciso la cultura italiana nel suo modo di leggere e interpretare la letteratura? E quale tradizione straniera sente più vicina?
La cultura italiana, con la sua ricca tradizione di pensiero e di bellezza, ha avuto un ruolo fondamentale nel plasmare il mio modo di leggere e di interpretare la letteratura. In particolare, sono due gli aspetti che mi hanno profondamente segnato: l’amore per la lingua, per la sua musicalità, per la sua capacità di esprimere concetti complessi con eleganza e chiarezza, e l’attenzione alla dimensione interiore, all’indagine dell’animo umano, che caratterizza tanta parte della nostra produzione letteraria. Leopardi, che mi è tanto caro, è stato per me un vero e proprio “palombaro dell’anima”, capace di scandagliare le profondità dell’animo umano con una lucidità e un coraggio ammirevoli. La sua opera, pur nella sua tragicità, è un inno alla vita, un invito a non arrendersi di fronte alle difficoltà, a cercare la bellezza e la verità anche nel dolore e nella sofferenza.
Per quanto riguarda la tradizione straniera, quella russa ha esercitato su di me un fascino particolare, con la sua capacità di penetrare nell’anima dei personaggi, di raccontare le loro emozioni e i loro conflitti interiori con una profondità che raramente riscontriamo altrove. Nei romanzi russi, la psicologia e la filosofia si fondono in un tutt’uno, creando personaggi indimenticabili, che ci accompagnano e ritornano anche a distanza di anni dalla lettura. Penso a Raskòl’nikov, a Ivan Karamazov, a Anna Karenina… figure complesse, tormentate, ma anche tremendamente umane, che ci invitano a riflettere sulla nostra stessa esistenza.
Nell’avvicinarci al suo ultimo lavoro pubblicato con Feltrinelli, Sopravvivere il lunedì mattina con Lolita, scopriamo quanto sia vero “che i libri ci leggono tanto quanto noi leggiamo loro”. Ecco, c’è un autore, in particolare, che l’ha saputa leggere ed interpretare, che l’ha accompagnata a lungo o in momenti particolarmente difficili della sua vita?
Il mio ultimo lavoro, “Sopravvivere il lunedì mattina con Lolita”, esplora il potere trasformativo dei libri, la loro capacità di leggerci tanto quanto noi li leggiamo. E, a proposito di autori che mi hanno “letta e interpretata”, non posso non citare Dostoevskij.
Ne ho parlato anche nei miei due libri precedenti, perché la sua scoperta è stata una vera e propria rivoluzione per la mia vita. Ogni volta che lo leggo, è come se lui camminasse sui miei stati d’animo, tra le mie emozioni più intime, riuscendo a farle rivivere con una forza sorprendente. Con nessun altro autore ho trovato una tale intimità, una tale capacità di farmi sentire e provare le emozioni che i suoi personaggi provano. È un’esperienza che va al di là della semplice lettura: è un vero e proprio dialogo con l’anima di un altro essere umano. C’è una scena in particolare che mi è rimasta impressa nella mente: quando Ivan Karamazov, parlando con il fratello, gli dice: “Amo le foglioline viscose a primavera”. E poi aggiunge: “Ama la vita più della sua logica, solo allora ne capirai il senso”.
Questa frase racchiude in sé l’essenza stessa dei romanzi di Dostoevskij: la vita è un mistero che non può essere compreso attraverso la ragione, ma solo attraverso il cuore. È un invito ad amare la vita nella sua interezza, con le sue gioie e i suoi dolori, con le sue luci e le sue ombre.
Dostoevskij ci insegna che la rinascita, il riscatto, non passano attraverso l’intelletto, ma attraverso il cuore. È un messaggio rivelatore, che mi ha profondamente toccato e che ha cambiato il mio modo di osservare la vita. Dostoevskij è stato, per me, un vero e proprio maestro di vita.
“Tutto ciò che ha il potere di turbare e sorprenderci finisce per salvarci.” In Sopravvivere il lunedì mattina con Lolita, lei ci offre una visione molto ampia sul potere salvifico dei classici, in un viaggio tanto lungo quanto antico, che giunge fino alla storia greca. Potrebbe offrire ai nostri lettori un’anticipazione della sua visione di Ulisse.
Proprio così, nel mio ultimo lavoro, “Sopravvivere il lunedì mattina con Lolita”, ho voluto offrire una visione quanto più ampia possibile, dal punto di vista spazio-temporale e, a proposito di eroi, non potevo non citare Ulisse, il coraggioso viaggiatore che ha saputo affrontare mille peripezie pur di raggiungere la sua Itaca.
L’Odissea è il racconto di un uomo che deve affrontare un lungo e travagliato viaggio di ritorno verso la sua patria, verso la sua casa, verso la sua famiglia. Un viaggio costellato di pericoli, di sfide, di momenti dolorosi, ma anche di incontri, di scoperte, di esperienze che lo arricchiranno profondamente. Ma cosa rappresenta Itaca per Ulisse?. Itaca è soprattutto una metafora dell’anima, il luogo interiore dove ci sentiamo veramente noi stessi, dove troviamo la nostra identità, dove ci sentiamo amati e compresi.
In ogni tappa del suo viaggio, Ulisse deve superare delle prove, affrontare delle difficoltà, risolvere degli enigmi. Ma ogni sfida è anche un’occasione per crescere, per imparare, per conoscere meglio sé stesso e il mondo. Come Ulisse, anche noi siamo alla ricerca della nostra Itaca, del nostro “glorioso porto”, come lo definirebbe Dante. Siamo alla ricerca di un luogo dove sentirsi a casa, dove trovare un senso alla nostra esistenza, dove realizzare i nostri sogni e le nostre aspirazioni. L’Odissea è un poema che tutti, adulti, giovani, giovanissimi, dovrebbero leggere. È un’opera che ci insegna il valore della perseveranza, è un invito a credere nei propri sogni, a non perdere mai la speranza, a continuare a lottare per ciò che amiamo e per raggiungere quello stato di benessere che ci faccia realmente “sentire a casa”.
In un mondo sempre più dominato dalle immagini, dai video e dall’intelligenza artificiale, il futuro della letteratura sembra un’incognita. Pensa che la parola scritta sia destinata a perdere centralità o troverà nuove forme per imporsi?
È innegabile che oggi ci sia sempre meno spazio per la lettura, e questo è un vero peccato. Leggere e guardare sono due atti profondamente diversi. La visione è spesso passiva: c’è un occhio esterno, una mano che ci guida attraverso le immagini, che può essere quella del regista o dell’autore del video. La lettura, invece, è un atto personale, intimo, profondamente soggettivo. Siamo noi a stabilire il ritmo, la velocità con cui ci immergiamo in un testo. Siamo noi a decidere quando fermarsi, quando riflettere, quando tornare indietro su un passaggio che ci ha colpito particolarmente. La lettura è un processo cognitivo attivo, che richiede concentrazione, attenzione, impegno. Ma è anche un’esperienza unica, capace di arricchirci interiormente, di farci crescere come persone, di aprirci nuovi mondi e nuove prospettive. Per questo, credo che sia fondamentale promuovere le “buone pratiche” della lettura, incoraggiare le persone a riscoprire il piacere di immergersi in un libro, di lasciarsi trasportare dalle parole, di dare spazio alla loro immaginazione. Sono convinta che la parola scritta abbia ancora molto da offrire, che possa trovare nuove forme per imporsi, per comunicare, per emozionare. Al di là delle nuove tecnologie, credo che la cosa più importante sia coltivare l’amore per la lettura fin dalla tenera età, educare i bambini e i ragazzi al piacere di leggere, di scoprire nuovi mondi e di conoscere personaggi indimenticabili.
Dai social ai libri, dal web alla carta stampata: il suo percorso è stato un continuo dialogo tra tradizione e innovazione. Dove la porterà il prossimo passo? Ha in mente un nuovo libro, un progetto multimediale o magari un format completamente diverso?
Non posso ancora svelare molto, ma posso dire che sto lavorando a un nuovo progetto, Ho in mente un nuovo romanzo, un’opera che spero possa toccare il cuore dei lettori, farli riflettere, emozionare, sognare. Ma non mi fermo qui! Ho anche altri progetti in cantiere, alcune idee che vorrei sviluppare in futuro, magari in ambito multimediale. Tutti i miei progetti, comunque, ruotano intorno alla cultura, alla scrittura, alla letteratura, che sono i miei grandi amori, le mie passioni più profonde.
Siamo giunti al termine di questa conversazione, ed è stato un autentico piacere immergerci nel suo universo letterario, tra riflessioni raffinate e passione per i classici. Prima di congedarmi, vorrei lasciarle uno spazio tutto suo: c’è qualcosa che le sta particolarmente a cuore e che non abbiamo toccato, un pensiero o un messaggio che desidera condividere con chi ci legge?
Giunti al termine di questa conversazione, desidero ringraziarvi di cuore per questo spazio. È stato un vero piacere condividere con voi le mie passioni, le mie idee, il mio amore per i classici. Se dovessi lasciare un messaggio, un pensiero che mi sta particolarmente a cuore, vorrei sottolineare l’importanza che le parole hanno nella nostra vita. Noi, in quanto esseri pensanti, abbiamo un bisogno innato di esprimerci, di comunicare con gli altri, di dare voce a ciò che abbiamo dentro. E le parole sono lo strumento fondamentale per farlo. La ricchezza più grande di una persona risiede nella sua capacità di parlare, di pensare, di trovare le parole giuste per dare un nome ai propri pensieri, alle proprie emozioni, anche a quelle più recondite. Per questo, vorrei invitare tutti a leggere, a coltivare l’amore per la lingua, a scoprire la bellezza e la potenza delle parole. Perché, al di là della letteratura, è proprio questa ricchezza interiore che ci portiamo dentro, nella vita di tutti i giorni, a fare la differenza.
Salvina Cimino