Da sempre l’uomo si pone una domanda che a volte assume toni ossessivi: cosa avviene dopo la morte? Permane qualcosa dell’uomo dopo il suo decesso fisico, o tutto ineluttabilmente viene annientato?
Si tratta di una domanda che ammette solo due risposte: una affermativa, fondata sulla fede sulle personali credenze, e l’altra negativa, anch’essa fondata su convinzioni personali. E’ una storia che continua da millenni, dal momento stesso nel quale i nostri più remoti progenitori si posero la domanda, seguendo le linee di quel dibattito tra fede e ragione, credenze religiose e razionalità scientifica che sembra proprio caratterizzare il pensiero umano. D’altra parte, con l’evoluzione delle conoscenze e del pensiero stesso, si sono stabiliti dei limiti precisi, dei confini fra credenze religiose e scienza, che non posso essere travalicati. La scienza si deve occupare dell’immanente, la religione del trascendente. Punto e basta. Per parafrasare Sciascia, “a ciascuno il suo”. Ma, questa regola ferrea fu trasgredita nella seconda metà dell’Ottocento, quando un gruppo, piuttosto vasto e composito, di studiosi, di tendenze filosofiche spiritualistiche – un vero e proprio ‘movimento’, decise di tentare di dimostrare scientificamente la sopravvivenza dell’anima. Le denominazioni che vennero date di questo movimento, al di fuori o dentro lo stesso, furono ‘spiritismo’, ‘ricerca psichica’, ‘metapsichica’. Ma cosa studiare? E come?
Il ‘movimento’ decise di occuparsi di spiritismo e sedute spiritiche, entrambe in quel momento storico in gran voga. Attraverso i medium, che sostenevano di essere in contatto col mondo dell’aldilà pensarono si potessero ottenere prove scientifiche della sopravvivenza della personalità umana. Durante le sedute medianiche veniva riferita la produzione di imponenti fenomeni fisici (a cominciare dalle celebri levitazioni del tavolo attorno al quale sedevano i partecipanti alle sedute), ma anche comunicazioni che si sosteneva pervenissero dall’aldilà.
I medium spesso sembravano fornire prove impressionanti del loro potere. Era abbastanza facile in quegli anni a strabilianti casi di materializzazioni di fantasmi durante le sedute; ma, ovviamente, tali pretesi fenomeni suscitavano, al di fuori del cerchio dei ‘credenti’, un forte scetticismo nell’opinione pubblica e nel mondo scientifico in particolare, anche perché in un buon numero di casi ricercatori scettici avevano scoperto trucchi clamorosi. Insomma, come si dice, avevano sorpreso i medium con le mani nel sacco. Altra cosa invece erano invece le ‘comunicazioni’ che sembravano giungere dall’aldilà. Le più frequenti erano relative a contatti con parenti defunti dei partecipanti, spesso impressionanti visto che di fronte ad esse anche scienziati famosi, che si accostavano per curiosità a queste pratiche ne rimasero talmente sconvolti da diventare ferventi spiritisti (valga per tutti il caso del celebre psichiatra Cesare Lombroso, che dopo aver ottenuto una comunicazione della madre defunta di venne un formidabile sostenitore dello spiritismo). Ma c’errano anche comunicazioni molto più complesse: intere opere letterarie venivano ‘ricevute’ attraverso i medium.
Il medium e Dante
Un caso molto interessante è avvenuto proprio in Italia, alcuni decenni fa, negli anni ’70 del Novecento. Nel corso d’una serie di sedute medianiche, i membri di una associazione spiritica, il Centro «Lux in Tenebris» di Camerino, in provincia di Macerata, ottennero da una entità definitasi «Dante Alighieri», la dettatura della prima cantica di un poema intitolato «Dalla terra al cielo». In esso la presunta entità del poeta espone le sue esperienze vissute nel post-mortem.
E, in effetti, a leggere quei versi non si può sfuggire almeno alla suggestione del tocco poetico tipico del grande fiorentino.
«O popol che t’appresti al grande passo/ per superar la soglia della morte/ non cadere nel tragico collasso / de li peccata e fa che tu sia forte:/ fuggi quindi l’invito e quinci il ghigno/ accioché tu possa salir festoso/ nel regno di Colui giusto e benigno». Sono i primi nove versi della cantica (in totale 91 versi), che sembravano non poter essere usciti che dalla penna del «divin poeta».
Sempre con dettatura medianica l’equipe di Camerino, diretta dal professor Raoul Bocci, ha ottenuto il commento alla cantica; commento a cura di Giambattista Giuliani, famoso dantista che ricoprì nella seconda metà dell’800 la cattedra dantesca all’Istituto Superiore di Firenze. Il commento perveniva per via medianica al termine d’ogni seduta alla quale interveniva «l’entità Alighieri». Note e poema destano stupore, almeno al primo impatto, nel lettore medio, ma pongono una serie di domande. Ad esempio: chi ha potuto dettare questi versi? Dovremmo dedurre che sia stato realmente Dante Alighieri. E a questa conclusione sono giunti alcuni studiosi di letteratura che hanno analizzato l’opera. Il professor Bocci, principale protagonista delle comunicazioni, esclude l’ipotesi che possa trattarsi d’un qualche messaggio psichico. Per lui la soluzione è una soltanto, e talmente evidente da non avere bisogno di commenti.
Un fenomeno altrettanto impressionante, e correlato alla letteratura medianica, è quello delle «corrispondenze incrociate», nel quale uno stesso messaggio proveniente da una sola, presunta entità viene ottenuto attraverso gli scritti automatici di diversi medium. Questo particolarissimo fenomeno sembra che sia stato « inventato» dallo stesso Myers, grande grecista e pioniere della ricerca psichica inglese. Circa tre mesi dopo la sua morte, avvenuta nel 1901, una medium inglese, Mrs Varral, ottenne una comunicazione medianica attraverso scrittura automatica. Subito dopo presso altri automatisti in Inghilterra, in USA, in India, saltarono fuori motivi simili, o allusioni agli scritti ottenuti medianicamente dalla Varral. Si trattava fondamentalmente di frammenti di poesia classica, greca e latina, che si intromettevano negli scritti di altri automatismi in maniera assolutamente incomprensibile. «Si dava l’impressione», scrisse lo psichiatra Nils Jacobson, «che qualcuno volesse dimostrare la propria identità facendo un “puzzle” classico, e precisamente con un metodo che ci si sarebbe aspettato da Myers». Si potrebbero citare decine di altri casi simili. Lo stesso fondatore dello spiritismo, il francese Hyppolite Rivail, più noto come Allan Kardec sostenne di aver ottenuto medianicamente persino il testo di un “Vangelo secondo gli spiriti”. Ma la domanda fondamentale è sempre la stessa: questa straordinaria, complessa, “letteratura medianica” prova inconfutabilmente che la sopravvivenza esiste?
Il caso Gordon Davis
In realtà, la credibilità dei messaggi medianici fu, già ai primi del Novecento, compromessa da un altro caso, passato alla storia della parapsicologia col nome di «caso Gordon Davis». Durante una serie di sedute compiute dal noto ricercatore psichico inglese Samuel Soal con una medium inglese, Blanche Cooper, lo studioso vide presentarsi un’entità che dichiarò d’essere suo fratello, Frank Soal, morto in Francia a diciannove anni per le ferite riportate nel corso d’una azione di guerra il 5 settembre 1918.
Dopo qualche tempo «l’entità Frank Soal» agì come l’intermediario per chiamare un’altra entità, un tale Gordon Davis, vecchio compagno di scuola di Samuel Soal, ritenuto morto in guerra. Davis nel corso di alcune sedute pregò Soal di fare avere sue notizie alla moglie, indicandone con una certa esattezza l’indirizzo e descrivendo alcuni particolari della casa con una precisione inconfutabile. Davis si esprimeva addirittura con forme idiomatiche tipiche del suo modo di parlare. Insomma, sembrava che si trattasse realmente del soggetto in questione. Soal rintracciò la moglie e il figlio di Gordon. Andò a trovarli, poiché l’entità sembrava sperare che il parapsicologo si prendesse cura della loro sorte. Il caso sembra non avere alcuna particolarità degna di nota. Tranne una: al momento dei messaggi Gordon Davis era vivo e vegeto e progettava di trasferirsi con la famiglia nel Southend. Ma se Davis era vivo da dove provenivano i messaggi? Il caso si tentò di spiegare in vari modi. Si pensò addirittura che Gordon Davis avesse avuto al momento delle sedute una esperienza fuori dal corpo e che, ritenendosi morto, si fosse presentato in seduta. Ma i fatti non concordano con le speculazioni. Rimane un fatto: Davis era vivo. Questo basta ad evidenziare la scarsa attendibilità dei messaggi medianici. Essi non possono dimostrare in alcun modo la realtà della sopravvivenza. C’è la necessità, quindi, d’un approccio più scientifico al problema.
Stati di coscienza
Se qualcosa sopravvive, questo qualcosa deve essere presente nel vivente. Se esiste nei viventi deve essere osservabile. Dalle esperienze registrate in oltre un secolo di ricerca psichica, sembrerebbe che ciò che sopravvive sia la coscienza. Studiamo allora la coscienza nei viventi tentando di scoprire quali sue caratteristiche potrebbero sopravvivere nel post-mortem e come esse potrebbero evolversi. Ma sorge a questo punto un problema: quale coscienza sopravvive? L’uomo ha vari tipi di coscienza. C’è la coscienza di veglia, cioè quella normale; c’è la coscienza onirica, che si manifesta nei sogni; c’è la coscienza alterata, ovvero quella particolare condizione psichica nella quale esiste un impedimento alla comunicazione col mondo esterno (esempi di stato alterato di coscienza sono dati per esempio dagli effetti delle droghe allucinogene, da particolari tecniche meditative). La ‘trance’ medianica è uno stato alterato di coscienza. In questi stati ‘altri’ si può evidenziare capacità creative straordinarie, caratterizzate da una sensibilità finissima e da una percezione del mondo assolutamente diversa da quella che avviene nello stato di coscienza normale. Possono aversi anche frequenti esperienze mistiche.
Ecco una descrizione delle proprie percezioni fatta da uno studente della Duke University negli USA, Blue Harary che, negli anni ’70 del secolo scorso, si sottopose ad esperimenti sugli stati alterati di coscienza:
«… Intorno a me potevo vedere pianeti e particelle minori in un movimento ritmico. La mia visione sembrò infine focalizzarsi davanti a me e nello stesso tempo coprire un raggio di 360°. Tutti i miei sensi funzionavano in maniera analoga. Potevo udire una meravigliosa armonia che sembrava accompagnare ogni particella. Sentivo una corda suonare dall’interno della totalità del mio essere… sentivo di non star solo sperimentando la natura; io ero la natura. Ovunque c’era il movimento incredibilmente armonioso e bilanciato dell’universo…». In alcune esperienze di meditazione (caratterizzate da stati alterati di coscienza) il soggetto ritiene, analogamente, di potersi identificare con tutto lo spazio e il tempo. Questa sensazione viene chiamata FC, campo di coscienza. Se poi diamo uno sguardo alle comunicazioni medianiche ci rendiamo conto di come quasi tutte ci dicano che nel post-mortem si realizza la fusione con le forze dell’universo, con tutta la natura, una fusione che permea di sé tutto l’essere. conosciuto…. Non è difficile scorgere analogie con le dichiarazioni del giovane Harary.
Sembra, insomma, che la coscienza possa esistere lungo una scala di valori che vada da una coscienza ristretta ad una molto ampia. Sull’ultimo gradino, il più basso, starebbe la nostra coscienza normale, quella che ci permette di agire nella realtà.
Alcuni soggetti, dotati di capacità particolari, potrebbero riuscire a percorrere molti altri gradini verso l’alto, sulla scala della coscienza, sino ad attivare in se stessi una capacità creativa a loro stessi sconosciuta. Questo, forse, potrebbe spiegare il fenomeno della letteratura medianica. E il forse, è d’obbligo…
Giovanni Iannuzzo