Non è difficile sentir parlare dei fenomeni paranormali come espressione di una realtà quasi parallela che sembrerebbe indicare la possibilità di una connessione con un’area di conoscenza spirituale, in grado di farci comprendere il vero significato dell’universo e del nostro essere nel mondo, se non addirittura mistica, capace di sollevare lo spirito umano dagli abissi del materialismo alla spiritualità più pura, in grado di fargli comprendere il vero e mistico significato dell’universo.
Poco male se queste interpretazioni si prendono per quelle che sono e cioè se si attribuisce loro il valore che hanno, quello di semplici opinioni più o meno motivate, espresse sulla base di convinzioni personali. Ognuno può essere convinto che il futuro della civiltà umana dipenda dall’incontro coi marziani e può anche stabilire, con la stessa tranquillità, un «galateo» per questi incontri. Altri possono essere convinti della necessità di andarsi a stabilire sulla Luna per ricevere meglio ineffabili messaggi mistici dai seleniti. Altri ancora possono ritenere opportuno il rifugiarsi tra i componenti di oscure sette magiche, portatrici dei veri significati (dal loro punto di vista, naturalmente!) della realtà. Si tratta di opinioni: si possono accettare o meno, comunque vanno rispettate, e in quanto tali non opinabili.
Da sempre sono esistiti i sedicenti profeti dell’umanità, capaci, a loro dire, di proporre nuove soluzioni per i problemi materiali e spirituali della società; da sempre c’è stato chi si è improvvisato «illuminato» e, a sua volta, illuminatore di realtà incomprensibili agli individui normali, dando magari il via alla sua predicazione. I problemi, però, quando questi sedicenti profeti appartengono alla élite scientifica o tecnologica. Personaggi dai quali ci si aspetterebbe una robusta difesa del pensiero scientifico.
Telepatia nello spazio
Nel 1971, la NASA, com’è noto l’Ente spaziale americano, lanciò una nuova missione spaziale per sbarcare nuovamente, per la terza volta, sulla Luna. La sessione fu denominata ‘Apollo 14’. Fra gli astronauti selezionali figurava Edgar Dean Mitchell. Nato nel 1930, laureato in gestione industriale presso il Carnegie Institute on Technology, subito dopo la laurea entro nella scuola ufficiali della Marina Statunitense, e, dopo essere diventato pilota ricercatore, ricoprì diversi incarichi di responsabilità, come la guida della divisione navale del Manned Orbiting Laboratory un a importante stazione spaziale, lanciata per finalità militari: doveva infatti spiare dallo spazio il territorio dell’Unione Sovietica. Ulteriormente laureatosi di scienze aeronautiche prese anche di dottorato di ricerca in aeronautica ed astronautica presso il prestigioso Massachussetts Institute of Technology nel 1964. Nel 1966 venne assunto alla NASA entrando a far parte del quinto gruppo di astronauti americani che, nel 1971, portarono a termine la missione Apollo 14, raggiungendo la superfice lunare. Nel corso della missione fu il pilota del modulo lunare (il famoso LEM) e compì anche attività fuori bordo per oltre nove ore. Fu il sesto uomo a mettere piede sulla Luna. Ma fece anche qualcos’altro: partecipò infatti ad un esperimento di percezione extrasensoriale: dalla Terra tentarono di ‘trasmettergli’, per via mentale, dei ‘bersagli’ che egli doveva indovinare. I risultati furono, a quanto pare positivi e vennero pubblicati su una rivista ‘di settore’, il Journal of Parapsychology, sempre nel 1971. La notizia fece, allora, un certo clamore. Ma la cosa più rilevante, non furono tanto i risultati di questi esperimenti, bensì i cambiamenti psicologici che l’esperienza spaziale ebbe su Mitchell. Non era la prima volta che Mitchell andava nello spazio: c’era già stato durante la missione Apollo 10, come pilota di riserva del modulo lunare. Ma durante la missione dell’Apollo 14. Mitchell ebbe delle importanti esperienze che potremmo definire mistiche.
Ecco come lui stesso le descrive: «Tutto incominciò dalla favolosa sensazione che ricevetti osservando il pianeta Terra fluttuare nello spazio. La prima cosa che pensai fu che la Terra era incredibilmente bella e che neppure le spettacolari fotografie che le erano state fatte rispondevano al vero. Era una visione superba, uno splendido gioiello blu e bianco sospeso sul velluto nero del cielo. Gustai personalmente il meraviglioso sincronismo e l’armoniosa pace dell’ordine universale. All’apice di queste mie sensazioni, la presenza della divinità si fece quasi palpabile e seppi che la vita nel cosmo non era nata per caso.
«Questa sicurezza la percepii direttamente, poeticamente. Non si trattò di un ragionamento logico, ma di una intuizione. Fu una conoscenza di tipo soggettivo, ma il suo impatto e la sicurezza della sua realtà mi diedero la sensazione di essere tanto oggettivi quanto i complicati calcoli che ci avevano portati laggiù. L’universo mi si mostrò chiaramente finalizzato ad una meta; mi parve di immettermi in una dimensione sconosciuta, al di là della realtà visibile, nella quale era tracciato il disegno dell’universo. Poi pensai alla vita sul nostro pianeta».
A questo punto Mitchell fa delle debite osservazioni sulla civiltà del nostro pianeta, sulla crisi in cui versa la civiltà umana e sulla necessità di cambiare le prospettive di questa civiltà. Come? Semplicemente con una rivoluzione delle coscienze. Fu in seguito a questa decisione che Mitchell decise di occuparsi di parapsicologia. «In quella situazione drammatica un mio carissimo, scienziato di chiara fama e logicamente pragmatista, mi fece osservare la possibilità di prendere in considerazione, come chiave risolutiva del mio assillo, i fenomeni paranormali». Mitchell scelse quindi l’«esplorazione psichica» come uno dei mezzi coi quali sottrarre l’umanità alla barbarie, provocando una rivoluzione delle coscienze che stesse alle basi di una rivoluzione anche di natura sociale, caratterizzata dalla giustizia, per esempio, e da tutti quei valori che da tempo – in effetti – sono stati dimenticati. «La ricerca psichica – continua Mitchell – (…) può essere il tramite attraverso il quale avverrà una eventuale evoluzione della razza umana, con la nascita dell’uomo universale dotato di coscienza cosmica. Molto semplicemente le esperienze psichiche, come quelle religiose e mistiche, se intese nel verso giusto, potranno rilevarsi la molla adatta a far scattare nel cuore dell’umanità il desiderio di rinnovamento».
È un discorso a dir poco affascinante e, in alcune sue parti, certamente vero. Quando Mitchell parla di cambiamento delle coscienze per un cambiamento almeno di alcuni modelli della nostra civiltà, non possiamo che essere d’accordo. Altrettanto affascinante è la «crisi mistica» di questo tecnologo che improvvisamente, con una di quelle illuminazioni ben conosciute dagli studiosi di questi problemi, scopre aspetti della realtà che aveva trascurato, scopre che la conoscenza soggettiva ha un valore equiparabile alla conoscenza oggettiva.
Mitchell – un tecnologo, quindi teoricamente poco incline alla fantasia…- si convinse, insomma, che esisteva la necessità di attuare una sorta di «rivoluzione mentale», nel tentativo di cambiare le coscienze degli uomini, per cambiare anche le prospettive della civiltà umana. Nel 1972 lasciò la NASA, fondò una società personale, la Edgar Mitchell Corporation a Palm Beach, Florida e successivamente l’Institute of Noetic Science (l’Istituto di Scienze Noetiche), con sede nel Nord California, per approfondire ulteriormente le problematiche relative ai fenomeni paranormali, agli stati di coscienza e alle esperienze mistiche. Sotto l’egida di questo istituto, diede alle stampe una ponderosa antologia sui fenomeni parapsicologici, «Psychic Explorations», un’opera che, all’epoca della sua pubblicazione, nel 1975, può essere considerata un primo passo per la realizzazione del suo progetto ‘noetico’.
Nell’esperienza di Mitchell esistono due momenti, secondo chi scrive. Un primo momento, rispettabilissimo è quello in cui questo scienziato si trova a contatto della infinità del cosmo e ne viene sconvolto: questo fatto produce in lui una più alta consapevolezza ed una determinata presa di coscienza. E un secondo momento nel quale le sue riflessioni sfociano nella convinzione ritiene che il significato degli studi su paranormale o delle esperienze ‘mistiche’ personalmente vissute, per fondare la mistica di una nuova società, incentivando la spiritualità umana e rinnovando le coscienze. Il primo momento è ampiamente soggettivo e quindi non opinabile, in quanto rappresenta – o potrebbe rappresentare – una personale evoluzione spirituale che, proprio per la sua soggettività non è sindacabile. Il secondo per quanto benevolmente lo si valuti, è erroneo.
Lo studioso Willis Harman in un suo scritto ha suggerito la possibilità che lo studio dei fenomeni paranormali possa avere anche un preciso significato sociale, visto che un cambiamento dell’ordine scientifico del mondo implica anche un cambiamento dell’ordine sociale. Tutto ciò può avere significato, ma può anche non averne affatto. Ciò che vogliamo dire è che è assolutamente inutile tergiversare su quali potranno essere le conseguenze politiche e sociali della parapsicologia e il suo contributo ad un cambiamento della coscienza dell’uomo. Possiamo solo ipotizzarlo, ma, come abbiamo già detto, le pure opinioni esulano dal vampo della scienza, per entrare a far parte del gioco delle supposizioni che lasciano, naturalmente, il tempo che trovano.
Una rivoluzione spirituale?
Esistono numerosi esempi di studiosi qualificati che hanno fatto lo stesso errore di valutazione di Mitchell sulle conseguenze etiche della ricerca sul paranormale. Un esempio potrebbe essere quello di Ian Stevenson, il celeberrimo studioso americano, notissimo in tutto il mondo per i suoi studi sul problema della reincarnazione, dei quali abbiamo già scritto. Stevenson iniziando le sue ricerche ebbe l’impressione che la certezza dell’esistenza della reincarnazione e quindi della sopravvivenza della personalità umana dopo la morte potesse avere un valore etico. L’uomo, infatti, avuta la certezza della sopravvivenza, avuta la conferma scientifica di fatti religiosi, avuta una ragionevole conoscenza del post-mortem, avrebbe in un certo senso adattato il suo comportamento ad un’etica che tenesse debito conto di tali acquisizioni. Stevenson fu però deluso in questa sua aspettativa.
«Molte persone, scrive l’illustre studioso americano, sono convinte che se noi potessimo dare una prova della sopravvivenza, ne seguirebbe automaticamente una trasformazione morale dell’umanità. Una volta io stesso ero convinto di ciò, ma ora non lo sono più. Il mio entusiasmo per questa teoria venne scosso per la prima volta nel 1961, quando feci visita al Ramakrishna Swami Mukherjee, a Chandigarth, durante il mio primo viaggio in India. Quando lo Swami mi domandò che cosa stavo facendo in India, io risposi entusiasticamente che stavo cercando delle prove a sostegno della reincarnazione. Dopo che io ebbi concluso la mia esposizione, seguì un lungo silenzio; ed io credo di poter ricordare le sue esatte parole che penetrarono dentro di me profondamente: «Sì, qui in India noi sappiamo che la reincarnazione avviene. Ma, vede, ciò non comporta alcuna differenza. In India, dove tutti siamo convinti della reincarnazione, abbiamo tanti furfanti e bricconi quanti ne avete voi in Occidente».
Michell, al contrario, pensava che gli studi sul paranormale avessero un valore ‘noetico’, che implicassero una rivoluzione delle coscienze, fornendo un appiglio per la crisi di valori moderna, che sia allora si profilava, ancora timidamente, all’orizzonte della cultura occidentale, quasi lanciando una sfida al sistema di valori erronei della società. Poetico, ma non vero. Come scriveva J.G. Pratt, uno dei più accorti studiosi di fenomeni paranormali del Novecento: “Nella scienza – scrive John G. Pratt – l’eccezione confuta la regola, vale a dire che i concetti scientifici non possono tollerare le eccezioni. Un fatto che ostinatamente si rifiuta di adattarsi alle attuali teorie, deve, alfine, trasformare tali teorie. I fatti della parapsicologia hanno, per più di cent’anni rifiutato di conformarsi alle concezioni dell’uomo che hanno portato a diminuire, se non addirittura negare, il ruolo della mente umana. I fenomeni psi mantengono la promessa di un’avanzata rivoluzionaria nella comprensione che l’uomo ha di se stesso”. Ed è questa l’unica rivoluzione nella quale si si può legittimamente aspettare. Attribuirle un significato sociale sarebbe come sarebbe come pretendere di trasformare Copernico in in un politico o Galilei in un economista.
Giovanni Iannuzzo