Le “Ali d’angelo” del figlio di Franco Franchi: intervista a Massimo Benenato

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Massimo Benenato, nel suo nome l’eco di una memoria familiare, nel suo talento la luce di un’individualità inconfondibile. Nato a Palermo il 10 maggio 1965, Massimo è il figlio di Franco Franchi (Francesco Benenato), il celebre comico che, insieme a Ciccio Ingrassia, ha segnato la storia del cinema italiano. Cresciuto in un ambiente ricco di creatività e umanità, egli ha sviluppato una sensibilità che lo ha portato a esplorare il mondo attraverso la scrittura e ha saputo trasformare l’eredità paterna, quel guizzo comico e quella capacità di osservare l’umanità con uno sguardo penetrante, in una penna che scava nell’anima.

I suoi romanzi sono viaggi interiori, esplorazioni dell’animo umano, dove la risata si stempera in riflessione e la leggerezza si fa profondità.

Con “Ali d’angelo”, il suo ultimo romanzo pubblicato da Spazio Cultura Libreria Macaione, Massimo Benenato ci conduce in un territorio inesplorato, un luogo dove la realtà si fonde con la spiritualità, dove i confini tra il visibile e l’invisibile si fanno labili. Il suo protagonista, Angelo Cherubino, è un Ulisse dei tempi moderni, un uomo in cerca di se stesso, che intraprende un viaggio di trasformazione interiore, un’odissea dell’anima.

In questa intervista, Massimo ci svela i segreti di questo viaggio, ci accompagna tra le pagine del suo romanzo, ci fa partecipi delle sue riflessioni. Un dialogo che è un invito a guardare oltre l’apparenza, a scoprire le ali che ognuno di noi custodisce nel profondo del cuore.

Massimo Benenato vive e lavora a Roma, dove continua a dedicarsi alla scrittura e alla promozione della cultura.

Buongiorno Massimo, è un grande onore avere la possibilità di parlare con lei oggi. La sua carriera, che spazia dalla scrittura alla cultura in senso ampio, riflette una sensibilità rara e preziosa. Mi permetta di iniziare con una domanda che va oltre il suo lavoro letterario: da molti anni si dedica con passione alla divulgazione culturale e all’arte, ambiti che richiedono una percezione sottile e profonda della realtà. Come descriverebbe il suo rapporto con la cultura, e quale ruolo ricopre nella sua vita quotidiana?

Per me la cultura è di fondamentale importanza per la propria crescita ed evoluzione. Sapere il più possibile di ciò che ci circonda e soprattutto di noi stessi, sta alla base di una vita produttiva e significativa. Conoscere e conoscersi è la strada giusta per poter arrivare alla comprensione. L’importante è che la cultura non sia fine a se stessa ma venga condivisa con gli altri.

La sua sensibilità artistica emerge chiaramente nella sua scrittura, che si distingue per una raffinata capacità di evocare emozioni. Parlando d’arte, c’è qualche movimento, periodo o autore che l’ha particolarmente ispirata nel suo percorso di scrittore, e che sente di dover citare come fonte di ispirazione fondamentale per la sua penna?

Quando ero ragazzo non leggevo molto, nonostante i libri mi attraessero tantissimo. A scuola mi assegnavano da leggere classici importanti che però, a quell’età, non riuscivo ad apprezzare appieno, visto che non rispecchiavano il mio spirito avventuroso e sognatore. Così decisi di andare in una grande libreria e, quando scoprii i romanzi fantasy, fu amore a prima vista. Ne divorai a decine, tanto che a un certo punto nella mia camera non ci fu più spazio dove sistemarli. Erano letture leggere ma appassionanti, fondamentali per lo sviluppo del linguaggio e della fantasia. Crescendo sono passato a generi più concreti e impegnativi, spaziando dai romanzi storici alle biografie, dalle filosofie orientali ai testi a tema spirituale. Due libri mi hanno segnato in modo particolare, sia come uomo che come scrittore: Siddharta di Hermann Hesse, e Autobiografia di uno Yogi di Paramahansa Yogananda.

Rimanendo sul tema delle emozioni, come definirebbe l’essenza dell’arte narrativa? Qual è, a suo avviso, il compito fondamentale della scrittura, specialmente in un’epoca come la nostra, dove sembra che l’immagine prevalga sulla parola e la comunicazione si faccia sempre più visiva e rapida?

Per me essenza narrativa significa non restare in superficie ma andare in profondità, catturare l’attenzione del lettore e farlo riflettere con partecipazione sui temi che si stanno trattando, concedendogli il tempo necessario a elaborarli. Per quanto forte e suggestiva, un’immagine esaurisce il suo effetto in fretta, perché il bombardamento visivo a cui siamo sottoposti oggi è talmente rapido e copioso, da non concederci la possibilità di ragionarci sopra. È evidente che l’attuale società abbia imboccato una strada pericolosa, una strada che prediligendo il linguaggio visivo a quello parlato, il virtuale al reale, rischia di condurci in un mondo vuoto, ignorante e superficiale.

Parlando del suo libro “Ali d’Angelo”, edito da Spazio Cultura,  il protagonista affronta un profondo conflitto esistenziale e professionale. Che cosa ha voluto trasmettere attraverso il viaggio interiore di Angelo, e come pensa che i lettori possano rispecchiarsi nel suo percorso di ricerca e di rinascita?

Angelo è un personaggio in cui è facile rispecchiarsi. È un uomo che si trova improvvisamente ad affrontare una situazione difficile e spiazzante, un avvenimento estremamente negativo che non solo lo porta a combattere contro rabbia e impulsività, ma lo costringe a rivedere il percorso di vita che aveva già pianificato: è una situazione con cui prima o poi tutti dobbiamo confrontarci. Attraverso il suo travaglio interiore, ho potuto esprimere un concetto a me molto caro: noi non siamo la mente ma l’essere che si cela dietro. La mente è solo un filtro che crea dubbi, ansie e paure: bisogna osservare i meccanismi che la muovono e imparare a gestirla con intelligenza e determinazione.

Nel romanzo, c’è una particolare filosofia o pensiero che ha guidato la costruzione della trama e che riflette il suo approccio alla vita, alla scrittura e alla ricerca della verità interiore?

Il concetto principale espresso in Ali d’Angelo è molto semplice: non siamo soli. Noi siamo molto di più del mucchietto di carne e ossa che vediamo riflesso nello specchio, corpi mortali abbandonati in un anfratto del Creato. Siamo esseri eterni che stanno sperimentando la realtà materiale alla guida di un sofisticato robot, accompagnati da esseri altrettanto speciali che ci sostengono e proteggono durante tutto il cammino… quelli che comunemente chiamiamo Angeli.

Un aspetto che colpisce profondamente nel suo libro è il ruolo che il dolore e la sofferenza ricoprono come forze trasformative. Come vede lei il dolore nella vita umana? È un ostacolo da superare o una possibilità di crescita, che, se affrontato, può portare a una maggiore consapevolezza di sé e del mondo che ci circonda?

Per me le situazioni che creano dolore e sofferenza sono enormi opportunità di crescita, occasioni per spronarci a cercare quelle risposte esistenziali che altrimenti rimanderemmo all’infinito. Un’incidente, un tradimento, una morte… sono episodi predisposti dall’universo per farci spostare l’attenzione dall’esterno all’interno, spingendoci a riflettere su cosa sia veramente importante nella vita terrena. Gli ostacoli emotivi vanno superati per maturare come anime, altrimenti possiamo stare certi che si presenteranno  nuovamente.

“Ali d’Angelo” non è solo un romanzo di personaggi, ma anche di luoghi e atmosfere. Qual è l’importanza del contesto in cui si svolgono le vicende? In che modo il paesaggio e l’ambiente circostante influenzano la psicologia del protagonista, e quale ruolo gioca questo nel suo percorso di evoluzione?

Ho scelto il luogo dove si svolge l’intera vicenda con l’intento di far muovere Angelo in un ambiente adatto ad acquietare l’animo, a scacciare la confusione mentale in cui è precipitato in modo da riflettere serenamente. Borgo Celeste è il posto ideale per farlo, un albergo a conduzione familiare immerso nel verde dell’Umbria, dove gli unici suoni udibili sono il soffiare del vento, il mormorio del fogliame e lo scorrere dell’acqua. Quando ci capitano avvenimenti negativi, credo sia importante staccarsi dalla quotidianità e cercare rifugio nel silenzio e nell’energia rivitalizzante della natura. Quando mio padre ha lasciato il corpo, ho passato molto tempo da solo in riva a un lago, e devo dire che mi ha aiutato moltissimo nell’elaborare il lutto.

Ci piacerebbe sapere cosa si augura che i lettori possano portare con sé dopo aver letto “Ali d’Angelo”. Qual è l’ispirazione o la riflessione che vorrebbe restasse con loro, soprattutto in relazione ai temi di identità, sofferenza e speranza che attraversano la narrazione?

Innanzitutto, mi auguro che nel leggere Ali d’Angelo, le persone possano trascorrere un po’ di tempo in tranquillità, divertendosi ed emozionandosi insieme ai miei personaggi. Purtroppo, la società in cui viviamo è diventata molto pesante e concede sempre meno spazio alla leggerezza. Poi spero che i tanti argomenti trattati nel romanzo, possano diventare interessanti spunti di riflessione, soprattutto quelli che riguardano la sfera spirituale. Credo che mai come oggi sia importante trovare equilibrio tra corpo e anima e sarei felicissimo se Ali d’Angelo fosse fonte d’ispirazione per questo.

Parlando di ispirazione, non possiamo non menzionare la sua figura paterna, Franco Franchi, un attore comico indimenticabile e un uomo di straordinaria forza, la cui presenza ha segnato intere generazioni. Lei ha avuto la fortuna di vivere accanto a lui, di goderne delle qualità sia come padre che come esempio ispiratore. C’è un ricordo particolare che conserva di lui, qualcosa che rappresenta per lei non solo l’attore, ma anche l’uomo e il padre che le ha trasmesso valori e forza d’animo? Come ha influito la sua figura nel plasmare la sua visione della vita e del lavoro, e quale impatto continua ad avere sulla sua esistenza?

Mio padre ha avuto un impatto enorme sulla mia esistenza, sia in corpo che nello spirito. Avere come esempio un artista che sapeva recitare, suonare, dipingere, cantare… è stato fondamentale per farmi innamorare dell’arte, per invogliarmi a cimentarmi prima nella musica, poi nella pittura e infine nella scrittura. Se a questo aggiungiamo che papà fosse un uomo di sani principi, dalla notevole profondità di pensiero, dedito al lavoro e alla famiglia, si capisce facilmente quanto possa avere influito nel mio percorso terreno. In più, è riuscito a indirizzarmi anche spiritualmente attraverso dei contatti soprannaturali molto intensi, episodi al limite della credibilità che non solo mi hanno portato a stravolgere la mia concezione di realtà, ma mi hanno altresì confermato quanto fosse speciale. Con lui ho moltissimi ricordi, dalle nottate estive passate a scrutare la volta celeste alle divertenti sfide con i cruciverba, dalle chiacchierate sulle sue vicissitudini di gioventù ai duetti musicali con chitarra e foglie d’edera, momenti d’intimità tra padre e figlio che custodisco gelosamente nel cuore.

Per concludere questa nostra piacevole conversazione siamo curiosi di sapere di più sui suoi attuali impegni culturali. È coinvolto in qualche progetto che le sta particolarmente a cuore in questo momento? E quali sono i suoi programmi futuri, sia come scrittore che come attivista culturale, nei quali intende proseguire il suo cammino?

Ultimamente sono impegnato su diversi fronti. Ho appena fondato la Franco franchi S.r.l., società di edizione, produzione ed eventi. Ho un romanzo Fantasy e un cd musicale con le più belle canzoni di papà che verranno pubblicati entro l’anno. Ho Battibecchi d’amore, una commedia teatrale che sto portando in giro per l’Italia e sto finendo di scrivere il nuovo romanzo. Inoltre, sto progettando il premio Franco franchi, un riconoscimento letterario e artistico da assegnare ogni anno a chi si è distinto nel proprio settore. Incrociamo le dita.

Infine, domanda di rito, c’è qualcosa che non abbiamo ancora detto, un pensiero che le piacerebbe condividere con i lettori, o un messaggio che ritiene importante trasmettere in questo momento?

Viaggiamo amando incondizionatamente, perché l’amore è il più grande potere che esista, perché donarlo genera felicità perenne e ci rende speciali agli occhi di Dio.

Salvina Cimino

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