Era la notte di Natale del 1873 quando il piccolo Raffaele Arrigo vide la luce, in una casa modesta di Montemaggiore Belsito, paese che sarebbe diventato il centro di tutta la sua vita e il cuore pulsante del suo sogno. Figlio di una famiglia di artigiani, cresciuto tra le mura di una casa semplice, il destino sembrava riservargli una vita diversa da quella che aveva scelto: ma non per lui. Già da bambino, la sua anima era in ascolto della chiamata divina, una chiamata che si fece chiara quando, poco più che adolescente, scelse la strada del sacerdozio. Battezzato nella notte che celebrava la nascita del Salvatore, il giovane Raffaele portava in sé una luce che, da lì a poco, avrebbe illuminato l’intero paese.
Il 13 giugno 1897, il ragazzo divenne sacerdote, il suo cuore ardente di fede, il suo spirito già pronto a servire. Non si lasciò sedurre dalla fama o dal prestigio che avrebbero potuto attenderlo nella Roma del 1901, dopo la laurea in Teologia, ma preferì tornare nella sua terra natale, dove sapeva che la sua missione lo attendeva. Quella scelta, apparentemente semplice, racchiudeva il segreto di un grande uomo: la sua vocazione era quella di servire e di portare la luce in un angolo di mondo che sembrava tanto dimenticato.
Giovane ma già dotato di una saggezza profonda, Monsignor Arrigo divenne ben presto il braccio destro dell’anziano parroco e si dedicò anima e corpo alla sua comunità. I suoi occhi, penetranti e visionari, vedevano oltre il presente. Ecco perché, anziché rimanere nell’ombra del suo superiore, fondò con coraggio l’Associazione Mariana, la congregazione dei Luigini, e quella delle Madri Cristiane, tutte iniziative che avevano un obiettivo preciso: ridare speranza ai giovani, risvegliare in loro il senso della fede, dell’educazione e della comunità. La sua visione si spingeva ben oltre il presente: sognava una casa grande e gioiosa dove i ragazzi potessero crescere lontano dai pericoli della strada, dove avrebbero imparato a diventare uomini e donne di fede, in armonia con il prossimo.
Montemaggiore Belsito, negli anni, divenne il palcoscenico della sua instancabile attività. Non solo nel campo spirituale, ma anche nel miglioramento delle condizioni di vita materiale. Monsignor Arrigo, uomo di fede ma anche di azione concreta, si fece portatore di cambiamenti: restaurò le chiese e la Basilica intitolata a S. Agata, portò l’illuminazione elettrica, lottò per l’acqua potabile, portò a Montemaggiore le prime vetture. Un uomo che non si limitava a parlare di Dio, ma che cercava di realizzare, attraverso ogni gesto, il Regno di Dio sulla Terra.
Ma il cammino di Monsignor Arrigo non fu privo di ostacoli. Le sue idee moderne, il suo desiderio di trasformare la vita di tanti, incontrarono l’opposizione di chi temeva il cambiamento. Le calunnie, che avrebbero perseguitato tutta la sua vita, cominciarono a farsi più dure. Il sogno della grande casa per i ragazzi, che si sarebbe dovuta erigere nel palazzo del Principe, sembrò svanire sotto il peso della maldicenza e della diffamazione. Ma Monsignor Arrigo non si arrese. Perdonò tutti, e in silenzio, con grande sofferenza, abbandonò il suo sogno per proteggere l’unità della sua comunità.
Con il cuore ferito, ma ancora ardente di speranza, il parroco non smise di sognare. Nel 1926, intraprese un lungo viaggio negli Stati Uniti, dove si recò per raccogliere fondi dai suoi compaesani emigrati. Tornato a casa con i soldi necessari, il suo sogno sembrava finalmente realizzabile, ma il destino si accanì contro di lui. La Seconda Guerra Mondiale fece esplodere la tempesta, e ancora una volta, Monsignor Arrigo si trovò a combattere contro l’oscurità che cercava di soffocare la sua visione.
Nonostante tutto, la sua fede rimase incrollabile. Un uomo di immensa saggezza e compassione, si rivolse alle Suore di Santa Lucia Filippini, le Maestre Pie, affinché completassero l’opera che aveva tanto a cuore. Poco prima della sua morte, il 18 novembre 1945, l’Istituto che tanto desiderava vedere fiorire aprì finalmente le porte ai bambini e ai giovani di Montemaggiore Belsito, che avrebbero trovato un rifugio, una casa di fede e di formazione.
Monsignor Arrigo morì circondato dall’affetto della sua comunità, quella stessa comunità che tanto aveva amato, che tanto aveva servito. Le sue ultime parole furono dedicate proprio a quei bambini che avevano dato senso alla sua vita e al suo sogno. Il 5 settembre del 1971, il suo corpo riposò nella cappella dell’Istituto, tra i ragazzi che ancora oggi, dopo tanti anni, lo ricordano come un padre, un profeta, un uomo che ha saputo guardare oltre l’orizzonte.
E così, la sua opera non morì con lui. Il suo sogno, seppur tormentato da mille difficoltà, continuò a vivere. Perché, come un seme che germoglia nel cuore di chi sa guardare oltre, l’eredità di Monsignor Raffaele Arrigo è quella di una fede viva, di un amore che non ha confini, e di una speranza che, come lui, non ha mai smesso di lottare.
A lui è intitolato l’Istituto comprensivo Mons. Raffaele Arrigo che ospita le classi elementari e medie comunali Montemaggiore Belsito. La toponomastica montemaggiorese annovera via Mons. Raffaele Arrigo, una via laterale di Corso Re Galantuomo, collocata tra Largo Giovanni XXIII e Via Giovanni Meli.
Santi Licata
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