“Cicero”: alla Galleria di arte contemporanea di palazzo Riso a Palermo l’arazzo di William Kentridge

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È stata inaugurata, presso la Galleria Regionale di arte contemporanea di palazzo Riso a Palermo l’esposizione di “Cicero”, arazzo su tecnica mista di William Kentridge, uno tra gli artisti più importanti della scena internazionale contemporanea, che entra a fare parte della collezione permanente del museo.

Già esposto nel 2024 a palazzo Branciforte in occasione di una mostra monografica, l’arazzo deriva dalla serie di 80 figure monumentali disposte lungo il lungotevere romano che Kentridge ha realizzato nel 2016 : un grande fregio contemporaneo a tema storico destinato a scomparire man mano che la patina di smog e particelle biologiche lo ricoprirà; i disegni, le sculture e gli arazzi che riproducono le figure principali dell’ opera en plein air (tra cui anche “Cicero”) sono ciò che invece rimarrà, sotto forma di singoli ritratti e scene conservati nei musei e nelle collezioni private che li ospitano.

Di recente insignito a Parigi della qualifica di socio straniero dell’Accademie des Beaux Arts di Francia, William Kentridge, nato nel 1955, ha vissuto fra il Sudafrica, dove è nato, Londra e Parigi.

L’esordio di Kentridge avviene nel mondo della grafica, finché, attraverso l’esperienza di una scuola di recitazione, il suo potenziale creativo si evolve verso l’arte come effetto del dinamismo corporeo.

Il corpo in movimento viene percepito come elemento ideale per “risignificare”: il suo tipo di espressività non razionale ci porta a cogliere un sapere non somministrato ma presupposto; lo stesso artista dichiara nella video intervista registrata in occasione della mostra al Branciforte: “il pensiero risiede nel movimento”.

Il Movimento è alla base della dell’opera dal punto di vista concettuale oltre che concreto: Cicero è di fatto il risultato di una serie di gesti e interventi che compongono un ordito su una trama. Ogni punto è una decisione; l’immagine finale non è, dunque, preconcetta. Non vi è fissità nel pensiero come non ve ne è nella attività del creare (ogni creazione presuppone un’azione e non è, pertanto, compatibile con la staticità); in più, la forma artistica dell’ arazzo in particolare racchiude un condensato di pratiche e saperi che implicano il movimento: la lana mohair utilizzata è prodotta unicamente da capre che vivono in Lesotho, poi filata in Swaziland e tessuta in un opificio del Sudafrica. L’arazzo ultimato, infine, è un murale che si può trasportare e far viaggiare.

E ancora il soggetto dell’ opera va interpretato come percorso e viaggio mentale per giungere fino a Roma e al mondo della cultura latina studiata nella scuola superiore a Johannesburg. Ma in viaggio possono essere considerati anche i libri e gli altri elementi cartacei usati come sfondo dell’ arazzo: provenienti dall’Europa e rimasti in Africa per decenni, questi oggetti ritornano in Italia tagliati in frammenti e uniti al tessuto prodotto in Africa.

Altro grande tema dell’arte di Kentridge è la storia. La stessa famiglia dell’artista ne fa parte: Ebrei trasferitisi in Sudafrica dalla Lituania, le loro origini li hanno portati per lo più  verso la professione di giuristi mentre la situazione nella quale si sono inseriti è quella dell’apartheid. In rotta ed in lotta con quella realtà, il padre e la madre di William, Sydney e Felicia Kentridge, sono stati famosi avvocati anti-segregazione e membri del collegio difensivo di Nelson Mandela. Con un simile carico esistenziale la sua  concezione della storia è quella di qualcosa di non circostanziale e non sequenziale: la storia è per Kentridge una eterna costante ed il ritratto del grande oratore, accusatore di malversazioni e tradimenti da parte di uomini delle istituzioni ai danni della Repubblica, si ricollega alla bruttura della aggressione colonialista.

Le carte geografiche utilizzate come sfondo del ritratto di Cicerone, sono il richiamo a quel passato nel quale Roma ha eletto la Sicilia a provincia, così come a quello più recente nel quale l’Italia ha scelto il corno d’Africa come propria colonia.

La concezione storica di Kentridge risente anche della filosofia di Platone, con particolare riferimento al mito della caverna in cui la realtà è rifiutata dalle verità precostituite della propaganda, nonostante sia evidente che questo atteggiamento ha collezionato solo fallimenti.

Il titolo della serie monumentale per il lungotevere come di quella esposta nel 2024 a palazzo Branciforte, Triumphs and Laments, vuole proprio suggerire le buone e le cattive cose della storia.

L’acquisizione è frutto del progetto “Percorsi di memoria#2”, curato da Rosaria Raffaele Addamo con cui il Riso ha vinto il bando pubblico del PAC – Piano per l’Arte Contemporanea 2023-2024 – promosso dal ministero della cultura.  Per la direttrice del museo, Evelina De Castro, l’opera rafforza ulteriormente il percorso del Riso alla costante ricerca di esperienze che collegano la Sicilia con le grandi espressioni artistiche contemporanee.

Barbara De Gaetani

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