Di sicuro è stato il fotografo più originale del mondo, anche se non ha mai avuto l’hobby della fotografia. Non è stato un genio dell’arte come David Hamilton, né uno strepitoso foto-reporter come Robert Capa. Eppure le sue foto sono pezzi più unici che rari, sui quali si sono scervellati critici e «misteriosofili», parapsicologi e fotografi che professionisti lo erano sul serio. Stiamo parlando di Ted Judd Serios, un semplice fattorino americano disoccupato, nato a Chicago, Illinois, nel 1918, un quarantenne alcolizzato che sostenne per anni di poter produrre delle misteriose ‘fotografie paranormali’.
Tutta la storia cominciò con una serie di articoli che alcuni cultori americani di parapsicologia pubblicarono su riviste popolari dedicate a problemi « misteriosi ». In essi si diceva che un signore, per l’appunto Ted Serios, sembrava fosse in grado di impressionare le pellicole fotografiche con la sola forza del pensiero. Il che se era facile a dirsi era molto meno facile a credersi: è mai possibile che esista qualcuno in grado di far apparire in fotografia le immagini da lui semplicemente pensate e tutto questo senza premere un pulsante od inquadrare alcunché con l’obiettivo?
Quando uno di tali amatori si rivolse al professor Jule Eisenbud, psichiatra e studioso di parapsicologia piuttosto noto negli USA, chiedendogli di studiare il fenomeno, ricevette un secco rifiuto. Eisenbud non sembrava molto ben disposto a credere a quanto gli veniva riferito. Comunque, dopo che era stato finalmente fissato un appuntamento per vedere in azione quel fenomenale soggetto, l’incontro subì un rinvio. Eisenbud, evidentemente irritato dal contrattempo, decise di lasciar perdere definitivamente tutto. Fu solo dopo qualche tempo, resosi conto della portata di quel fenomeno, sbandierato dalla stampa popolare che Einsebud cambiò idea ed in maniera radicale. Non solo Eisenbud divenne il principale studioso e mentore di Serios, ma su quegli eventi straordinari pubblicò un libro che ebbe una vastissima risonanza, nel quale descrisse le sue esperienze in merito e le sue opinioni. Serios era capace di fare giochetti di questo genere: pensava ad una qualche immagine (addirittura era in grado di accogliere suggerimenti pensando a cose che gli venivano proposte come « bersagli ») e poi, utilizzando una semplice Polaroid, era in grado di « stampare » sulla carta impressionabile l’immagine che aveva pensato. Non sempre le immagini erano nitide, specie agli inizi; ma, col procedere delle prove, esse acquistavano una sempre maggiore chiarezza.
Le foto prodotte da Serios erano spesso vuote o nere. In qualche caso spuntavano sulla Polaroid immagini sfocate che potevano essere interpretate in modi diversi. Erano rari i casi di una immagine sufficientemente chiara o comunque identificabile. In un caso sulla foto apparve un hangar appartenente dalla Royal Canadian Mounted Police, le famose Giubbe Rosse canadesi, ma non si capisce come né perché. Un’altra volta ‘fotografò’ mentalmente il ranch di Eisenbud, con qualche dettaglio abbastanza impreciso. Non raramente infatti le foto ottenute da Serios sembravano delle versioni alterate di luoghi reali.
Eisenbud fece con Serios numerosi esperimenti (lo studiò per tre anni di fila a Denver) e – secondo lui – quasi tutti furono coronati da successo. Uno di essi fu particolarmente impressionante. Serios aveva pensato ad una ricostruzione dell’uomo di Neanderthal, che aveva visto al museo di Chicago. Tentò di imprimerla sulla carta della Polaroid e, dopo una serie di tentativi, riuscì a produrre una immagine chiarissima e straordinariamente somigliante. Non sempre egli riusciva a coronare con successo i suoi esperimenti, ma talvolta produceva un altro effetto: riusciva a produrre dei « neri », cioè non si produceva l’immagine, ma era come se la carta-pellicola fosse stata comunque esposta alla luce. Invece di uscire bianca, come accade se non impressionata, la cartolina usciva annerita. Chiunque può fare la prova: prenda una Polaroid, scatti una foto senza togliere il coperchio dell’obiettivo e vedrà apparire una superficie bianca, non nera. Questo invece, in certe occasioni, avveniva a Serios. Talora egli faceva puntare l’obiettivo di una macchina contro la sua fronte e al culmine della concentrazione gridava di scattare la foto al fotografo impegnato in quel momento con lui.
Eisenbud fu vivamente impressionato dai fenomeni prodotti da Serios, anche se questi non era stato il primo a produrre una foto «paranormale». Nella storia della ricerca psichica casi di fotografia paranormale ne esistono parecchi ed in massima parte molto suggestivi. Essi, addirittura, risalgono ai primordi della parapsicologia, quando i medium, nel corso delle «sedute spiritiche», tentavano di impressionare lastre fotografiche per mezzo della «energia» che presupponevano di emanare. Serios differiva un po’ da queste esperienze perché il fenomeno si produceva volontariamente e sotto controllo. Egli non era, d’altra parte, un individuo del tutto normale. Eisenbud identificò in lui dei tratti psicopatologici. Serios era alcolizzato e prima d’ogni seduta «psicofotografica» con Eisenbud beveva una quantità incredibile di birra e whisky per porsi nelle condizioni che riteneva fossero adatte. Inoltre aveva il vezzo di utilizzare un piccolo cilindro di cartone (che chiamava «Gismo»), ponendolo tra la sua fronte e l’obiettivo della Polaroid. Gli serviva, a sua detta, per focalizzare le sue energie. Ed è stato questo Gismo a procurargli parecchi guai. Infatti Charles Reynolds, un redattore di una nota rivista americana di fotografia «Popular Photography», asserì di aver sorpreso chiaramente Serios frodare. Come? Secondo lui, nel corso di un esperimento al quale egli aveva partecipato in qualità di osservatore, Serios aveva fatto scivolare qualcosa dentro a questo Gismo, probabilmente un minivisore per diapositive, per mezzo del quale produrre fotografie «paranormali». Tale affermazione fu ovviamente smentita da Serios e Eisenbud.
La polemica fra Reynold e Serios e Eisenbud (che egli pure fu accusato implicitamente di frode), assunse toni un po’ tragicomici. Eisenbud stesso scrisse alla rivista dalla quale erano partite le accuse, la “Popular Photography”: «Se, di fronte ad una giuria competente di investigatori scientifici, fotografi e prestigiatori, chiunque scelto da loro riuscirà, in qualsiasi modo normale o sistema di modi, a ripetere, in condizioni simili, la gamma di fenomeni prodotti da Ted, allora dichiaro che: 1. abiurerò tutti i miei lavori con Ted; 2. comprerò e brucierò pubblicamente tutte le copie reperibili del mio libro The World of Ted Serios; 3. comprerò un’intera pagina di pubblicità su “Popular Photography” per esservi raffigurato con le orecchie d’asino; 4. per il resto della mia vita dedicherò il mio tempo libero a vendere porta a porta abbonamenti a questa straordinaria rivista. Non è fissato alcun limite di tempo».
Inutile aggiungere che la sfida non fu accettata, anche perchè nessuno, allora o in anni successivi, fu in grado di riprodurre con un trucco i fenomeni prodotti da Ted Serios.
Egli rimane un unicum nel suo genere, ma proprio la «unicità» di Serios scatenò un diluvio di critiche e sospetti di frode. Reynolds si impuntò sul fatto di aver visto Serios frodare, inserendo, come abbiamo detto, un visore di diapositive all’interno del ‘gismo’ che utilizzava per le sue esibizioni. Ma alcune semplici considerazioni dimostrano l’eccesso di faciloneria di una simile critica. Per compiere il «trucco» che Reynolds afferma di aver «visto», Serios avrebbe dovuto: inserire un visore per diapositive nel Gismo, fare le foto, togliere la diapositiva dal cilindro, inserirne un’altra, ripetere l’operazione e via dicendo, per tutta la durata dell’esperimento. Nel caso citato della foto dell’uomo di Neanderthal, le immagini si andarono via via facendo più precise, cioè ognuna differiva dalle altre precedenti per l’accrescersi di sempre maggiori particolari. Serios avrebbe quindi dovuto impiegare una nutrita serie di diapositive diverse e compiere la sequenza di azioni che abbiamo elencato, almeno una mezza dozzina di volte nel corso dell’esperimento. Ovviamente avrebbe dovuto disporre di una destrezza e di un’abilità manuale tali da farla in barba alla pur attenta sorveglianza di Eisenbud e degli altri presenti. Inoltre c’è un piccolo dettaglio da considerare: faceva tutto questo in stato di ubriachezza, poichè prima delle sue performances Serios trangugiava mediamente un paio di libri di birra ed una mezza bottiglia di whisky.
D’altra parte Serios non era un personaggio molto raccomandabile. Lo stesso Eisenbud, che pure ne fu il massimo mentore, così lo descriveva dal punto di vista psichiatrico: “Ted Serios mostra una patologia comportamentale con molteplici disturbi del carattere. Non rispetta le leggi e i costumi della società. Ignora gli obblighi sociali ed è stato arrestato molte volte. Ha una personalità psicopatica e sociopatica che si manifesta in molti altri modi. Non mostra autocontrollo; e si lamenta, si lamenta sempre, sino a sbattere la testa sul pavimento quando le cose non vanno come vuole”.
Un tipino non molto simpatico, insomma, che però sembrava riuscire a produrre uno dei fenomeni più mirabolanti mai registrati nella storia del paranormale. Forse proprio per questo, alcuni tra i più noti maghi da palcoscenico, prestigiatori e scettici, continuarono ad oltranza a sostenere la teoria del trucco. E non si trattava di professionisti da poco: l’americano James Randi, per esempio, convintissimo che Serios utilizzava per mettere in atto i suoi trucchi un dispositivo ottico portatile – di cui abbiamo già parlato – ed altri scettici americani come Persi Diaconis e Martin Gardner, che rimasero sempre convinti che Ted Serios produceva i suoi mirabolanti fenomeni utilizzando trucchi noti agli esperti di ‘magia’.
In Italia non abbiamo mai avuto veri «psicofotografi»; ma c’è stato qualcuno che diceva di esserlo. Un simpatico farmacista di Sassuolo (Modena), che, ottuagenario, produceva negli anni ’80 del Novecento delle foto stranissime. Usava però una tecnica molto diversa da quella di Serios ed era decisamente diverso anche il suo stile fotografico. Anzitutto le sue fotografie somigliavano a delle riprese di natura… idraulica. Produceva infatti strane immagini di tubi attorcigliati tra loro, di foggia e di colori insoliti. Il dottor Ermete Fontana (questo era il suo nome) utilizzava delle lastre fotografiche sigillate in busta opaca. Poggiava le mani su di esse e, sviluppandole, comparivano le predette immagini. Fontana asseriva allora di compiere esperienze simili da ben trent’anni, ma nessun esperimento controllato è stato mai compiuto.
Il fenomeno della psicofotografia è sostanzialmente unico nella storia delle ricerche sul paranormale, diremmo un ‘fenomeno di nicchia’. Poco studiato, poco compreso e, tutto sommato, molto meno noto di altri fenomeni, è difficilmente classificabile, posto che sia un fenomeno autentico e non il risultato di abili trucchi. Ha però un suo fascino particolare. Nell’era delle fotocamere digitali e dell’Intelligenza Artificiale pensare ad una vecchia Polaroid utilizzata per produrre foto di oggetti puramente mentali, ha un fascino tutto suo, come di un vecchio dagherrotipo che ritrae le immagini incerte di una realtà sottile e solo apparentemente invisibile.
Giovanni Iannuzzo